Wall Street Journal: l’Italia dell’ICT sempre meno attraente per gli stranieri, allontanati da burocrazia e giustizia lenta

di Alessandra Talarico |

Italia


Giustizia

“L’incertezza e l’opacità non fanno bene alla reputazione internazionale dell’Italia”, che, agli occhi degli investitori stranieri, non riesce a scrollarsi di dosso l’immagine di un “legal casino”.

È quanto afferma, in un articolo sul Wall Street Journal, Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, secondo cui anche i casi di TI Sparkle e Fastweb, minacciate di commissariamento e tenute nel “limbo per 5 settimane” – con conseguenti danni per i titoli delle due società – rendono alla perfezione l’idea del perché, in Italia, gli investimenti stranieri diretti si attestino appena all’1,44% del PIL, contro il 4,03% nel resto della zona euro.

 

“L’Italia – scrive Mingardi – è al 25esimo posto tra i 30 paesi Ocse per la qualità della legislazione e al 28esimo per lo Stato di diritto”. Peccato che proprio la qualità delle leggi e l’efficacia della loro applicazione, aggiunge Mingardi, siano argomenti molto sensibili per invogliare gli stranieri a investire.

 

Mingardi ricostruisce quindi le vicende giudiziarie che hanno coinvolto i due gruppi telecom attivi in Italia: Telecom Italia, attraverso TI Sparkle, e Fastweb, che della prima è principale concorrente nel mercato della banda larga, ed è controllata dagli “austeri” svizzeri di Swisscom.

 

A febbraio, le due società – indagate per associazione a delinquere, riciclaggio e frode fiscale per 365 milioni euro su un giro d’affari di 2 miliardi di euro – sono state minacciate di commissariamento, ma solo poco prima di Pasqua e dopo una “quaresima di passione” la minaccia è decaduta, non senza effetto sulla quotazione in Borsa.

E tutto ciò prima che ogni responsabilità fosse provata da una Corte, dal momento che la legge italiana, a differenza di quanto avviene in Francia o in Germania, sottolinea Mingardi, “…consente di commissariare un’azienda privata ancora prima che la frode sia provata, e considera un’azienda responsabile per i reati che potrebbero essere stati commessi solo da alcuni manager”.

L’ad di Fastweb, Stefano Parisi, intanto si è autosospeso ed è stato sostituito dall’ad di Swisscom, Carsten Schloter, in attesa di un chiarimento dei fatti. Peccato che in Italia, nota ancora Mingardi, sia molto difficile prevedere quanto ci vorrà per fare piena luce sulle responsabilità, dal momento che un processo penale inizia mediamente 2,7 anni dall’avvio dell’inchiesta e dura 300-560 giorni in base al tipo di procedura adottato.

 

“Consegnare i criminali alla giustizia è un dovere primario della magistratura, ma anche valutare le responsabilità in maniera rapida e affidabile. L’incertezza e l’opacità non fanno bene alla reputazione internazionale dell’Italia, e neanche l’impressione che gli azionisti di una società abbiano bisogno dell’approvazione del giudice per nominare i dirigenti. In uno Stato di diritto – conclude Mingardi – ogni persona è considerata innocente prima che la sua colpevolezza sia provata da una Corte. Fare un’eccezione per i manager non renderà l’Italia più attraente per gli investitori stranieri di cui l’Italia ha bisogno ora più che mai”.

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