Mediaset pronta a entrare in Telco a fianco di Telefonica? Nuove voci sulla partnership che non piacerebbe a Murdoch

di Raffaella Natale |

L'azienda smentisce e Bernabè dichiara: 'Non è un tema all'ordine del giorno'.

Italia


Mediaset

A distanza di diversi mesi ormai, si riapre la possibilità che il gruppo televisivo della famiglia Berlusconi, Mediaset, affianchi Telefonica e i soci italiani nella compagine azionaria di Telco.

Lo riferisce il quotidiano spagnolo El Economista nella sua versione online che cita “fonti vicine alla società italiana“.

 

Silvio Berlusconi (azionista di controllo di Mediaset attraverso Fininvest) “riuscirà nel duplice obiettivo di italianizzare la società simbolo delle telecomunicazioni del suo Paese e di farlo inoltre senza inimicarsi la multinazionale spagnola”.

Per El Economista, Mediaset è pronta a condividere con gli spagnoli la presenza in Telco e pensa a un ingresso nell’azionariato, mossa che sarebbe sostenuta anche dagli altri soci italiani di Telco (Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo e Benetton) e comporterebbe “una diluizione delle rispettive partecipazioni in Telco per consentire l’ingresso di Mediaset”.

 

L’azienda italiana ha smentito le voci attraverso un portavoce: “Sono indiscrezioni stampa destituite di ogni fondamento”.

  

Entro il 28 ottobre i soci Telco dovranno esprimersi sul rinnovo del patto in scadenza nel 2010. E stamani l’Ad di Telecom, Franco Bernabè, riguardo a eventuali alleanze con Poste o Mediaset, ha sostenuto che “Non se né è mai parlato: lo leggo solamente sui giornali. Non è certamente un tema all’ordine del giorno”.

   

Angelo Rovati, consulente di Rothschild ed ex-consigliere del Governo Prodi dimessosi proprio a causa di un progetto che andava in questo senso, è tornato recentemente sull’argomento per suggerire che “…una volta realizzato lo scorporo della rete, procederei a una fusione tra Mediaset e Telecom. Ne nascerebbe una delle più grandi media company del mondo”.

Secondo Rovati, “tenere in panchina” Mediaset perché il fondatore è il presidente del Consiglio è strumentale: “…non c’è solo la famiglia Berlusconi , ma una miriade di azionisti e lavoratori”.

Inoltre la fusione attenuerebbe la questione del conflitto di interesse, perché la famiglia Berlusconi sarebbe socio di minoranza.

 

Mediaset sarebbe già in trattative con Telefonica per l’acquisto della piattaforma satellitare Digital+, così come anche la pay Tv inglese, BSkyB, del magnate dei media Rupert Murdoch.

Questa operazione permetterebbe al gruppo italiano di rafforzarsi sul mercato spagnolo dove già controlla Telecinco.

 

Sulle sorti dell’azienda tlc è intervenuto anche il viceministro delle Comunicazioni, Paolo Romani, il quale ha precisato che la quota che Telefonica detiene in Telco “è un problema rilevante che si deve risolvere“, al quale “penserà l’azienda“, ma su cui “il governo è molto attento“.

Romani accende un faro sull’azionariato dell’operatore telefonico e, a poche settimane dal giorno fatidico per rinnovare il patto che lega gli spagnoli agli altri soci della holding, apre lo scenario su un possibile rimescolamento delle carte in nome dell’italianità’ dell’azienda.

 

In un’audizione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, Romani ha risposto a una domanda su Telecom Italia del deputato della Lega Raffaele Volpi, ribadendo per l’ennesima volta che il governo spinge perché “l’infrastruttura di rete rimanga italiana”, ma poi è andato oltre: la quota che Telefonica detiene in Telco, che è pari al 42,3%, “è un problema rilevante che si deve risolvere”, ha detto, aggiungendo che “ci penserà l’azienda“, ma avvertendo che il governo non si chiamerà fuori, anzi, “starà molto attento“.

Certo, ha sottolineato in seguito, “il governo non può prendere posizione: si tratta di un’azienda privata, con tanto di regole”, ma le sue parole non sono passate inosservate, in vista del 28 ottobre, giorno entro il quale devono arrivare le eventuali disdette al patto che lega Telefonica, Generali, Mediobanca, Intesa SanPaolo e Sintonia. Se secondo Romani gli spagnoli sono “un problema da risolvere“, probabilmente anche per gli ostacoli all’attività di Telecom in Argentina (Paese dal quale è imminente l’uscita) e in Brasile, si tratta di capire da chi potrebbero essere sostituiti.

 

Principale indiziato è la Findim della famiglia Fossati, che, forte del suo 5% di Telecom fuori da Telco, non più tardi di tre settimane fa aveva ribadito la necessità di dare al gruppo telefonico “un assetto strategico definitivo per il futuro”, chiarendo i rapporti con gli spagnoli o trovando partnership alternative; recentemente alcune banche d’affari avrebbero anche studiato l’ipotesi di un’alleanza con le Poste; mentre in passato, e in diverse occasioni, il mercato aveva guardato a un matrimonio con Mediaset, sempre smentito dai vertici della società televisiva.

 

Il pressing del Governo, in ogni caso, è per un’italianità dell’infrastruttura, e quindi in qualche misura anche del gruppo, per il quale, secondo alcune fonti, si potrebbe poi lavorare ad accordi internazionali su specifici temi. Il viaggio di Romani in Cina, di cui ha parlato La Repubblica, tuttavia, non ha attinenza con questa vicenda: “Non c’entra nulla con l’azienda Telecom”, ha assicurato Romani, spiegando di essere andato in estremo oriente “per parlare di infrastrutture e per vedere come lavorano”.

 

Dalla sua, il presidente di Telecom Italia, Gabriele Galateri, ha dichiarato che i soci di Telco sono “collaborativi e costruttivi“, aggiungendo che le sinergie con Telefonica vanno sfruttate “fino in fondo“. Parole, queste, che hanno fatto pensare al rinvio di un possibile rimpasto.

 

 

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