Produzione audiovisiva: al via i Code of Practice all’italiana

di di Bruno Zambardino (Docente di economia del cinema e della tv alla Sapienza di Roma e Direttore Osservatorio Media di I-Com) |

Italia


Bruno Zambardino

Il 2 luglio scorso è stata pubblicata sul sito dell’Agcom (Autorità garante per le Comunicazioni) l’atteso regolamento che definisce i criteri di attribuzione di quote di diritti residuali ai produttori audiovisivi indipendenti (delibera 60/09/CSP).

La delibera era stata emanata più di un anno fa per recepire quanto espressamente previsto dal Testo Unico del luglio 2005 in materia di limitazione temporale dei diritti di utilizzazione televisiva acquisiti dagli operatori radiotelevisivi (ai sensi dell’articolo 44, comma 4) e a seguito di una consultazione con gli operatori interessati da diversi mesi era all’esame della Commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità,

Al centro del dibattito la questione della titolarità dei diritti sui contenuti audiovisivi e la possibilità di sfruttarli nel nuovo habitat multicanale e multipiattaforma in continua espansione.

 

Un dibattito che contrappone da anni i broadcaster ai produttori assumendo spesso toni molto aspri come accaduto di recente in occasione del seminario promosso dall’Osservatorio sulla Direttiva Ue AMS del Dipartimento delle Comunicazioni, durante il quale abbiamo assistito ad un duello a distanza tra Gina Nieri (Rti-Mediaset) e Mauri Mauri (Apt). Per stigmatizzare le difficoltà di un comparto che fattura 500 milioni di euro e che sarà oggetto di tagli da parte dei network nell’ordine del 20/30% (per effetto della contrazione delle entrate pubblicitarie), Mauri non ha esitato a paragonare ai panda le società di produzione indipendenti, destinate ad un rapida estinzione in assenza di norme efficaci di tutela (sul modello britannico) e minacciate da operazioni di integrazione verticale da parte dei broadcaster, sempre più interessati ad avere un controllo diretto sull’approvvigionamento dei contenuti.

 

Un primo merito del provvedimento è quello di aver conferito sistematicità ad una materia molto complessa delineando un quadro definitorio chiaro e trasparente.

 

Le opere produzione audiovisiva vengono classificate in 4 differenti tipologie utili – come vedremo – a declinare il peso dell’apporto del produttore e i relativi obblighi a carico del broadcaster di cedere i diritti residuali:

 

a) in coproduzione, ovvero “coprodotte dall’operatore radiotelevisivo e da un produttore indipendente alle quali quest’ultimo ha contribuito in misura non inferiore o al 15% del costo complessivo della fase di sviluppo dei progetti o all’8% del costo complessivo della fase di realizzazione”

b) in pre-acquisto ovvero “realizzate da un produttore indipendente, il cui diritto di utilizzazione è acquistato dall’operatore radiotelevisivo prima dell’opera finita, entro limiti concordati”.

c) in licenza, ovvero “realizzate da un produttore indipendente, il cui diritto di utilizzazione è acquistato dall’operatore radiotelevisivo ad opera finita”.

d) prevalentemente finanziata da un operatore radiotelevisivo, ovvero le opere il cui progetto sia stato sviluppato e realizzato da un produttore indipendente svolgendo alcune “attività minime” (vedi in seguito).

 

Passiamo in rassegna i principali elementi di novità contenuti nel regolamento

 

In primo luogo, viene ridotto da 7 a 5 anni il limite temporale (salvo che le parti non stabiliscano un termine inferiore) a partire dalla prima utilizzazione radiotelevisiva per i film, la fiction e l’intrattenimento. Per i documentari scende a 3 anni, mentre resta a 7 per i cartoni animati.

 

Limite temporale

Tipologia di opere

5 anni

ü      opere cinematografiche;

ü      opere di fiction (cortometraggi, film tv, tv movie, serie, miniserie, serial ecc.);

ü      spettacoli e i programmi di contenuto culturale, musicale, sportivo e di

ü      intrattenimento anche derivanti da format

7 anni

ü      cartoni animati

3 anni

ü      documentari

 

Qualora uno o più diritti acquisiti dall’operatore radiotelevisivo non vengano utilizzati entro 2 anni dalla consegna del prodotto, le quote di diritti residuali relative ai diritti non utilizzati vengono trasferite al produttore indipendente, salvo che le parti stabiliscano un termine inferiore.

 

In secondo luogo si introducono principi volti a riequilibrare il rapporto tra reti televisive e produttori indipendenti in sede contrattuale. Il regolamento infatti prevede che le negoziazioni debbano svolgersi in tempi ragionevoli e in maniera equa e non discriminatoria.

La cessione dei singoli diritti dovrà avvenire in maniera autonoma, per ogni singola piattaforma trasmissiva, al fine di consentire la valorizzazione di ciascuno di essi.

 

In terzo luogo l’attribuzione delle quote di diritti residuali ai produttori indipendenti è disciplinata in misura proporzionale alla partecipazione alle fasi di sviluppo e di realizzazione delle produzioni audiovisive, secondo appositi “codici di condotta” adottati da ciascun operatore radiotelevisivo (entro 6 mesi dall’entrata in vigore del regolamento) sul modello di quanto accede già da diversi anni nel Regno Unito.

I codici di condotta dovranno disciplinare i rapporti con i produttori ed essere predisposti nel rispetto di alcuni principi e criteri minimi al fine di garantire negoziazioni eque e trasparenti e distinte per singolo diritto.

 

Regole di condotta e obblighi a carico del broadcaster

Negoziazioni distinte

Condurre negoziazioni distinte per ogni diritto ulteriore rispetto a quello

originario, anche alla luce dell’effettivo valore commerciale della produzione

Visibilità del produttore

Prevedere l’indicazione del nome del produttore e dell’opera di origine nei casi di utilizzo televisivo, da parte dell’emittente, di parti di opere audiovisive di produttori terzi;

Grado di partecipazione al rischio

Prevedere criteri per la valutazione della partecipazione del produttore alle fasi di sviluppo e di realizzazione delle opere, ai fini della definizione delle quote di diritti residuali che spettano al produttore stesso.

Tali criteri devono:

a)       tenere conto anche del rischio di impresa sopportato dal produttore in caso di opere coprodotte o in pre-acquisto

b)       assegnare ai produttori la totalità dei diritti residuali in caso di opere prodotte in licenza

c)       prevedere alcune “attività minime” del produttore indipendente, connotanti il contributo di ingegno, di creazione e di sviluppo dell’opera, al ricorrere delle quali il medesimo produttore ha diritto all’attribuzione di una quota di diritti residuali in caso di opere prevalentemente finanziate dal broadcaster

Ragionevolezza e proporzionalità delle negoziazioni

Non condizionare, direttamente o indirettamente, la negoziazione o l’acquisizione dei diritti all’accettazione, da parte dei produttori indipendenti, di obblighi ingiustificati, non ragionevoli e non proporzionati,

Riservatezza

Osservare i principi di riservatezza e non divulgazione dei contenuti dei progetti che sono proposti all’operatore radiotelevisivo;

 

Informare tempestivamente i produttori indipendenti dell’avvenuta ricezione dei progetti;

Materiali

Restituire tempestivamente il materiale relativo ai progetti rifiutati.

 

In merito al grado di partecipazione al rischio da parte del produttore, l’Agcom non esclude la possibilità che i broadcaster possano trattenere integralmente i diritti residuali. Ciò infatti potrà accadere nel caso di opere prevalentemente finanziate da un operatore radiotelevisivo per le quali il produttore non abbia svolto alcune attività minime espressamente definite ovvero:

 

a) la scelta di un “soggetto” e l’acquisizione dei relativi diritti esclusivi di elaborazione e utilizzazione necessari per la realizzazione e lo sfruttamento dell’opera audiovisiva ;

b) l’affidamento dell’incarico di elaborazione della sceneggiatura;

c) l’effettuazione dei sopralluoghi per l’individuazione dei luoghi di ripresa dell’opera audiovisiva ;

d) l’individuazione degli attori e del regista e, più in generale, dei principali componenti del cast artistico e tecnico, nonché l’acquisizione delle loro prestazioni artistiche e dei relativi diritti;

e) l’elaborazione di un piano di lavorazione e di un preventivo dei costi di produzione dell’opera audiovisiva;

f) la partecipazione in misura non inferiore al 5% del costo complessivo della fase di sviluppo ;

Tali attività minime – con tutta probabilità – hanno reso meno indigesto il provvedimento ai broadcaster disponibili a cedere quote dei diritti solo a patto che vi sia una concreta assunzione di rischio imprenditoriale e finanziario da parte delle case di produzione.

In assenza di tali impegni minimi, in pratica, si rientrerebbe nella logica contrattuale tipica dell’appalto in cui la controparte del broadcaster assume caratteristiche più vicine a quelle di un mero produttore esecutivo.

 

Il regolamento, infine, affida all’Autorità stessa il compito di vigilare sul corretto adempimento delle nuove norme, attraverso l’approvazione dei codici di condotta previa verifica del rispetto delle regole minime sopra menzionate e l’emanazione di sanzioni in caso di violazioni

 

Difficile dire se il regolamento e i successivi Codici di condotta adottati dai singoli broadcaster saranno in grado di innescare nel tempo quel formidabile circolo virtuoso che ad esempio si è verificato nel dinamico e competitivo mercato britannico, dove, giova ricordarlo, vige il principio per cui tutti i diritti non espressamente ceduti al broadcaster rimangono in capo al produttore.

Nel Regno Unito, a partire dal 2003 con l’adozione del Communication Act (cui sono seguiti i Terms of Trade, i Code of Practice), si è assistito ad una crescita vertiginosa degli investimenti nel comparto della produzione indipendente grazie alle crescenti opportunità da parte delle indies di valorizzare e capitalizzare i propri assett intangibili (costituiti dalle library) attraverso le vendite all’estero e i ricavi sulle nuove piattaforme digitali. Non è un caso che numerose “indies” facciano oggi parte di aggregazioni più ampie (“super-indies”), e che le quotazione in borsa di molti gruppi abbiano attirato l’attenzione di primari fondi di investimento e grandi gruppi mediali internazionali.

 

Certo, si tratta di un primo passo concreto verso una negoziazione più equa e trasparente e un rapporto più equilibrato tra produttori (verticalmente non integrati) ed emittenti da sempre abituate a diventare titolari in via esclusiva e senza restrizione temporale non solo dei diritti di diffusione delle opere sulle reti analogiche, ma di tutti i diritti relativi a qualsiasi piattaforma distributiva.

 

 

 

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ALLEGATO A

alla delibera n. 60/09/CSP del 22 aprile 2009

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