NGN: in vista del voto finale del Parlamento Ue sul pacchetto telecom, Genna (Ecta) chiede di ‘evitare nuovi monopoli’

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


Innocenzo Genna

In vista della conclusione delle negoziazioni volte a riformare il quadro normativo sulle telecomunicazioni, le istituzioni europee sono alla ricerca di regole equilibrate volte a incoraggiare gli investimenti nelle reti ad alta velocità di prossima generazione (NGN), settore in cui la Ue viaggia in netto ritardo rispetto ad altre economie, in particolare Stati Uniti e Giappone.

Le connessioni a banda larga in fibra ottica permettono di ottenere velocità di trasmissione di dati di gran lunga superiori a quelle attualmente disponibili con le reti tradizionali in rame e sono necessarie per la trasmissione di contenuti ad alta definizione e per applicazioni interattive. La loro realizzazione è quindi indispensabile per fornire ai consumatori europei nuovi servizi a banda larga e alcuni operatori, sia storici che alternativi, stanno già lavorando alla posa di nuove infrastrutture in alcuni Stati membri. Siamo però ancora distanti dai livelli di sviluppo di altre ragioni, come ad esempio l’Asia.

Sul fronte delle NGN si consuma anche la battaglia tra ex monopolisti e operatori alternativi, con i primi che chiedono misure specifiche destinate a favorire gli investimenti e i secondi che invece chiedono piuttosto misure atte a impedire la creazione di nuovi monopoli.

Dopo una forte campagna di lobby da parte degli operatori storici, che hanno più volte chiesto regole certe in grado di garantire la certezza giuridica a partire dalla quale le NGN potranno svilupparsi, il Parlamento europeo ha infatti deciso di introdurre le reti in fibra nella proposta di riforma del pacchetto telecom, che dovrebbe essere approvato ad aprile, anche se la Commissione riteneva che il settore sarebbe stato meglio sostenuto con una semplice raccomandazione.

A settembre, il Commissario Viviane Reding ha infatti posto a consultazione pubblica una bozza di raccomandazione che dovrebbe tradursi in un documento finale nei prossimi mesi, mentre nelle scorse settimane c’era chi, da Bruxelles, lanciava l’idea di usare i proventi della terminazione per finanziare gli investimenti nelle NGN.

Il Parlamento, dunque, viaggia più vicino alle posizioni degli ex monopolisti e propone la condivisione dei rischi legati alla costruzione delle nuove infrastrutture, mentre la Commissione – e gli operatori alternativi – propendono verso il ‘risk premium’, prevedendo quindi solo un intervento sul prezzo dell’accesso.

Quest’ultima soluzione permetterebbe alle compagnie più piccole di evitare la realizzazione di costose infrastrutture in un momento in cui la domanda è ancora debole. Una volta che il mercato sarà decollato, i piccoli player potranno entrare, ma pagando un prezzo più alto per accedere alla rete.

Questo, secondo gli operatori alternativi, garantirebbe una competizione più sana nel settore ed eviterebbe la nascita di nuovi monopoli.

In un’intervista a Euractiv Innocenzo Genna – presidente dell’Ecta, l’associazione che riunisce i principali operatori alternativi di rete fissa europei, – sostiene infatti che, anche se il Parlamento, giustamente, sta cercando di stimolare gli investimenti nelle NGN, sembra propendere per lo strumento sbagliato, insistendo sul ‘risk sharing’ “senza capire bene come funziona”.

La condivisione dei rischi altro non sarebbe, secondo Genna, che “una vacanza regolatoria mascherata” che rischierebbe di indebolire la concorrenza, riproponendo di fatto “lo stesso modello delle tariffe di terminazione, in cui gli operatori piccoli hanno finanziato quelli grandi”.

“Negare l’accesso a un bene essenziale o venderlo a un prezzo impossibile è la stessa cosa”, ha ribadito Genna, sottolineando come gli operatori storici stiano tentando di far rientrare dalla finestra ciò che la Commissione aveva fatto uscire dalla porta, ossia la famigerata ‘vacanza regolatoria’.

“Bisogna chiarire – ha dichiarato Genna – che il rischio non è uguale per tutti”.

Se insomma gli ex monopolisti corrono rischi “limitati”, così non è per quelli alternativi, che non hanno sufficiente mercato o liquidità per affrontare le spese di un’infrastruttura propria.

Il fatto che molti operatori alternativi – nei Paesi Bassi o in Svezia – possiedano pezzi importanti di reti NGN, dipende, secondo Genna da “circostanze molto particolari”, cioè dall’intervento del pubblico nella realizzazione delle reti o dalla previsione di una rete in fibra invece che in rame nella costrizione dei nuovi edifici, come in Slovenia o in Norvegia.

Questi casi, tuttavia, non possono essere presi a modello, poiché sono limitati a poche aree dell’Europa.

Il compito di costruire le nuove reti spetta, insomma, secondo Genna, agli incumbent che però tardano a farlo per “ragioni tattiche”, dal momento che essi godono ancora di notevoli vantaggi nel mercato della banda larga su rame.

“E’ la stessa cosa che è successa nel passaggio dalle connessioni dial-up a quelle a banda larga: l’analogico era competitivo mentre la banda larga non era regolamentata e nella transizione gli incumbent hanno guadagnato mercato proprio grazie alla mancanza di regole. La stessa cosa potrà ripetersi ora se non saranno stabilite dal principio regole chiare”.

Il modello da seguire, secondo Genna, è quello di KPN in Olanda, BT nel Regno Unito e KDC in Danimarca: questi operatori hanno aperto le reti ai concorrenti, guadagnando così sia all’ingrosso che al dettaglio.

“Pur rinunciando all’idea di continuare a dominare nel mercato al dettaglio, queste società sono rimaste al top, unendo i guadagni all’ingrosso a quelli al dettaglio”.

Il modello spagnolo o tedesco – basato sull’integrazione verticale – non lascia invece spazio agli operatori alternativi, “danneggiando in ultima analisi i consumatori” ha aggiunto.

Riguardo infine il Commissario Reding, Genna ne traccia un giudizio lusinghiero, sottolineando che, a parte alcuni errori tattici e diplomatici, “ha dimostrato di essere un Commissario indipendente, sordo alle pressioni delle lobby più potenti. Ha preso le sue decisioni guardando soprattutto ai consumatori e forse ha creato gelosie, maturando una maggiore visibilità rispetto suo predecessore”.

E così, se gli ex monopolisti considerano il commissario Viviane Reding una ‘cheerleader’ nella partita della fibra ottica, Innocenzo Genna la definisce la ‘salvatrice’ della concorrenza nel settore delle telecomunicazioni.

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