Telecom Italia: raggiunto accordo con i sindacati sui 5 mila licenziamenti, ma la triade dice no alla separazione societaria

di Alessandra Talarico |

Italia


Franco Bernabè

È stato infine raggiunto un accordo tra Telecom Italia e i sindacati sui 5 mila licenziamenti avviati dalla società a fine giugno.

Un’intesa non semplice, che prevede il ritiro dei licenziamenti e la possibilità, per 5 mila dipendenti Telecom che avranno i requisiti per maturare la pensione, di accedere alla mobilità volontaria maggiorata al 90% dell’ultima retribuzione, conservando in più l’assistenza sanitaria integrativa.

 

L’intesa tra la società telefonica e i rappresentanti delle segreterie nazionali (Uilcom, Slc-Cgil e Fistel-Cisl) è stato raggiunto nelle prime ore di questa mattina e prevede inoltre l’impegno dell’azienda a non ricorrere a mobilità territoriali che non siano volontarie, ad assumere almeno 600 nuovi lavoratori per il 2009 e 2010 e a stabilizzare tutti i 300 lavoratori giunti alla terza o quarta proroga.

Previsti inoltre nei termini dell’accordo, il diritto per 1600 giovani impiegati nei call center del gruppo a Roma, Napoli, Caltanisetta e Catanzaro di passare da un part-time di 4 ore ad un part-time a 6 ore (per un totale di 400 Full Time Equivalent) e la possibilità di “un’uscita soft e tutelata” per i lavoratori più anziani e una “riduzione totale dei livelli occupazionali di 3700 persone, con garanzie importanti in termini di mobilità professionale e territoriale”.

 

In relazione alle possibili mobilità professionali sarà infatti garantito “il rispetto degli skill professionali oltre che specifici piani formativi con un’erogazione entro fine anno di almeno un milione di ore di nuova formazione”.

 

Sia gli interventi sul piano della formazione che le eventuali mobilità professionali saranno inoltre sottoposti a “specifici e continui confronti tra le organizzazioni sindacali, le RSU interessate e l’azienda a livello territoriale”.

 

“Siamo soddisfatti per l’accordo che prevede il superamento di alcune situazioni di precarietà, in particolare per i lavoratori dei call center”, ha spiegato Bruno di Cola, segretario generale della Uilcom.

 

Pollice verso da parte dei sindacati, invece, sull’ipotesi di scorporo della rete, che verrà vagliata nel corso del prossimo cda dell’azienda, il 25 settembre.

I rappresentanti di categoria delle tre  confederazioni sindacali hanno ribadito il loro no nel corso di un’audizione alla Commmissione Trasporti della Camera, temendo anche in questo caso gravi ripercussioni sul fronte dell’occupazione e degli investimenti.

 

Se si concretizzasse l’ipotesi – attualmente alquanto improbabile – di una separazione societaria, per Alessandro Genovesi della Slc-Cgil, ci sarebbe il rischio che l’intera operazione si traduca in una mera manovra finanziaria volta a  “incidere sul titolo della società”, senza contare, ha aggiunto, che dove c’è “una good company c’è anche una bad company” con posti di lavoro a rischio.

Anche a giudizio di Giorgio Serao della Uilcom la separazione societaria rischierebbe di trasformare una possibilità di crescita “in una semplice opportunità finanziaria che avrebbe delle ricadute anche sull’occupazione”. Ben venga invece la separazione funzionale, che potrebbe essere una soluzione “per ridare forte competitività all’azienda”.

Secondo Armando Giacomassi della Fistel-Cisl, infine, la separazione societaria rischia di rompere “il ciclo dell’impresa”, definendo due imprese distinte e mettendo a rischio quello che si trova nel mezzo, cioè i lavoratori.