Cellulari, l’appello di 20 scienziati: mai in mano ai bambini. Le dieci regole per un uso responsabile

di Alessandra Talarico |

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Telefonia mobile

È importante proteggersi dalle onde elettromagnetiche emesse dai telefonini, anche se non vi è ancora alcuna evidenza scientifica della loro effettiva pericolosità per la salute.

È l’appello lanciato da una ventina di esperti internazionali specializzati nella lotta ai tumori – dall’oncologo Henri Pujol a Franco Berrino, Responsabile del Servizio di Epidemiologia dell’Istituto dei Tumori di Milano e David Servan-Schreiber, autore francese del bestseller ‘Guarire’- che hanno pubblicato una sorta di codice di condotta per minimizzare il rischio derivante dall’esposizione alle emissioni dei cellulari.

 

Le regole sono semplici, le stesse che dovrebbero essere dettate dal buonsenso.

Prima di tutto, dicono gli scienziati, non bisognerebbe autorizzare i bambini di età inferiore ai 12 anni a utilizzare il telefonino, se non in casi di reale urgenza, dal momento che gli organi in fase di sviluppo sono più sensibili alla possibile influenza dell’esposizione ai raggi elettromagnetici.

 

Secondo: durante le conversazioni, mantenere l’apparecchio ad almeno 1 metro dal corpo, avvalendosi dell’uso del vivavoce o dell’auricolare: a questa distanza, l’impatto elettromagnetico è dimezzato.

 

Terzo: restare a debita distanza (anche a più di un metro) da una persona impegnata in una conversazione al cellulare ed evitate di utilizzare il telefonino in luoghi pubblici, come il treno o l’autobus, per non esporre i vicini alle radiazioni emesse dall’apparecchio.

 

Quarto: evitare di portarsi il telefonino addosso o di lasciarlo in prossimità del corpo durante la notte (sotto il cuscino o sul comodino), in particolare nel caso di gravidanza.

 

Quinto: se lo si deve per forza portare addosso, assicurarsi che l’antenna sia diretta verso l’esterno e non verso il corpo.

 

Sesto: cercare di essere brevi e sintetici nelle conversazioni, che dovrebbero durare al massimo qualche minuto (gli effetti biologici sono strettamente legati alla durata dell’esposizione). È sempre e comunque preferibile servirsi di un telefono fisso.

 

Settimo: cambiare orecchio di ascolto regolarmente e, prima di mettere il cellulare contro l’orecchio, assicurarsi che l’altra persona abbia risposto.

 

Ottavo: evitare di usare il cellulare se il segnale è debole o ci si trova in auto o in treno: quando il telefonino tenta di ‘agganciare’ un’antenna distante, la potenza delle onde aumenta significativamente.

 

Nono: preferire gli sms alle chiamate vocali, limitando così la durata dell’esposizione e la vicinanza al corpo.

Decimo: scegliere un apparecchio con un basso SAR (acronimo inglese per Specific Absorption Rate – Tasso di Assorbimento Specifico – il valore che misura la quantità di potenza da radio frequenze assorbita dal corpo quando è esposto ad un campo elettromagnetico).

 

Gli studi effettuati finora sull’impatto delle onde elettromagnetiche dei telefonini sulla salute non hanno trovato riscontro del fatto che all’uso dei cellulari possano associarsi patologie specifiche, né hanno evidenziato alcuna prova concreta degli effetti nocivi dei segnali emessi dal telefonino o dai sistemi di usati per i servizi di emergenza (TETRA) sul funzionamento del cervello e delle cellule cerebrali.

 

Questo almeno quando si parla di bassa esposizione e di effetti immediati.

 

Un po’ meno chiaro è il quadro degli effetti a lungo termine dell’esposizione ai campi elettromagnetici, dal momento che gli studi effettuati finora hanno incluso un numero limitato di partecipanti che utilizzano il telefonino da almeno 10 anni. Tempo necessario minimo per stabilire la nocività di un determinato elemento per la salute.

 

Non si può dunque stabilire con certezze se nuove patologie – nuove forme di tumore, nello specifico – emergeranno da qui a qualche anno.

 

Questo tipo di patologia – ha spiegato il professor Lawrie Challis, presidente del MTHR – “compare generalmente dopo 10-15 anni di esposizione”.

 

Nel caso del fumo, ad esempio, non è stato possibile associare alcun tipo di cancro al polmone fino ad un periodo di almeno 10 anni.

 

Dunque, molti scienziati hanno sottolineato che, pur non essendoci prove certe di un rischio immediato, è ragionevole porre delle restrizioni alla posa delle antenne in prossimità delle scuole.

 

C’è infatti bisogno di ulteriori ricerche per valutare i rischi sul lungo periodo e gli effetti delle radiazioni sui bambini.

 

Secondo uno studio condotto nel 2005, i bambini correrebbero infatti più rischi degli adulti dall’esposizione prolungata alle onde radio dal momento che il loro sistema nervoso non è ancora perfettamente sviluppato, i tessuti cerebrali riescono ad assorbire maggiore energia ed essi saranno dunque più esposti degli adulti nel corso della loro intera vita.

 

Certo, sottolinea anche questo studio, niente è ancora provato, ma non per questo bisogna trascurare la ricerca sui possibili effetti dannosi del cellulare, soprattutto nei bambini.

Nel frattempo, è meglio mantenere una certa cautela e fare in modo che i bambini usino il cellulare solo se strettamente necessario e mai per un tempo prolungato.

 

Altri studi – uno in particolare condotto dall’American Society for Reproductive Medicine – hanno invece messo in guardia sul fatto che l’uso smodato del cellulare potrebbe compromettere la fertilità maschile, provocando la riduzione

 

Finora, comunque, si è detto tutto e il contrario di tutto: di ricerche  per definire la questione ne sono state fatte a bizzeffe ma è mancata la possibilità di riprodurre i risultati e far emergere un rapporto di causa-effetto preciso tra l’esposizione a campi elettromagnetici e l’insorgenza di patologie particolari.

 

In attesa di dati definitivi e concreti, sottolineano gli scienziati, è necessario fare opera di prevenzione, proprio come è avvenuto per il fumo o l’amianto.

 

Non si tratta, dunque, di mettere al bando i cellulari, ma di adattare la tecnologia e migliorarla, al fine di non trasformarla in fonte principale di malattie.