Tv digitale: Italia nel mirino dell’Ue per l’assegnazione delle frequenze. Bruxelles intima l’adeguamento alla normativa 

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Unione Europea


Neelie Kroes - Commissario Ue alla concorrenza

La Commissione europea ha indirizzato all’Italia formale richiesta affinché la normativa italiana in materia di radiotelediffusione sia resa conforme con il quadro normativo comunitario relativo alle comunicazioni elettroniche. La richiesta è stata trasmessa sotto forma di parere motivato, seconda fase della procedura di infrazione prevista dall’articolo 226 del trattato CE.

La Ue ritiene che la normativa italiana che disciplina il passaggio dalla tecnica di trasmissione terrestre analogica a quella digitale introduca restrizioni ingiustificate alla prestazione di servizi di radiotelediffusione e attribuisca vantaggi ingiustificati agli operatori analogici esistenti.

 

La situazione attuale per quanto riguarda le trasmissioni in tecnica analogica, dove solo un numero ristretto di operatori è in grado di competere nel mercato dei servizi di radiotelediffusione, rischia di riprodursi nel settore della televisione digitale terrestre, il che significa continuare a offrire minori possibilità di scelta ai consumatori italiani. La Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora nel luglio del 2006. Qualora le autorità italiane non prendano le disposizioni necessarie per conformarsi al parere motivato entro due mesi dal suo ricevimento, la Commissione può decidere di deferire l’Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

 

A seguito di una denuncia presentata dall’associazione italiana di difesa dei consumatori Altroconsumo, il 19 luglio 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora con una richiesta di informazioni in merito alla normativa italiana che disciplina il passaggio (switch-over) dalla tecnica di trasmissione terrestre analogica a quella digitale. La Commissione ha in particolare avanzato il dubbio che la normativa italiana in questione possa violare le direttive 2002/21/CE (direttiva quadro), 2002/20/CE (direttiva autorizzazioni) e 2002/77/CE (direttiva concorrenza), nella misura in cui potrebbe introdurre degli ostacoli all’ingresso di nuovi operatori nel mercato dei servizi di radiotelediffusione in tecnica digitale, venendo quindi a rafforzare la posizione degli operatori televisivi già presenti sul mercato italiano.

 

La Commissione è giunta alla conclusione che la normativa italiana in vigore potrebbe precludere agli operatori che non svolgono attività di trasmissione analogica la sperimentazione di trasmissioni digitali e la creazione di proprie reti digitali. Inoltre, la normativa italiana consentirebbe alle emittenti esistenti di acquistare un numero di frequenze per la sperimentazione digitale superiore a quello necessario per la trasmissione simultanea dei loro programmi in tecnica analogica e in tecnica digitale, come pure di mantenere il controllo sulle frequenze e sulle reti per le trasmissioni analogiche anche dopo la data prevista per la cessazione della radiodiffusione in tecnica analogica (switch-off). Ciò priverebbe i concorrenti del dividendo digitale risultante dall’accresciuta capacità delle reti digitali. Il passaggio al digitale aumenterebbe le possibilità di liberare un’ampia porzione dello spettro delle radiofrequenze per una serie di servizi di radiotelediffusione interamente nuovi, che vanno da una maggiore offerta di programmi televisivi trasmessi in tecnica tradizionale alla radiodiffusione mobile, alla televisione terrestre ad alta definizione (HDTV) e alla televisione interattiva.

 

Dopo aver ricevuto la lettera di costituzione in mora, le autorità italiane hanno elaborato un disegno di legge inteso, tra l’altro, a modificare la normativa in vigore in materia di radiotelediffusione. Il disegno di legge è attualmente all’esame del Parlamento italiano, che tuttavia non lo ha ancora adottato.

 

A quasi un anno dall’invio della lettera di costituzione in mora, quindi, l’Italia non ha ancora notificato alcun concreto provvedimento inteso a rimediare alle questioni su cui la Commissione ha formulato le sue riserve.

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