Telecom, Berlusconi disponibile, ‘ma senza comandare’. AT&T e Telefonica pronte a rientrare in partita

di Alessandra Talarico |

Italia


Berlusconi e Prodi

AT&T è pronta a riesaminare il dossier Telecom, Telefonica starebbe preparando un’offerta per il 66% di Olimpia, che valuterebbe Telecom Italia attorno ai 3 euro per azione contro i 2,92 proposti dalla cordata americana e Silvio Berlusconi conferma la sua disponibilità a “entrare in una cordata italiana, ma senza comandare”.

 

L’apertura di Berlusconi arriva dal congresso Ds di Firenze, mentre dal Texas è arrivata nella tarda serata di ieri dal direttore operativo Randall Stephenson la conferma che il colosso texano sarebbe pronto a tornare in partita, a patto però che la politica ne resti fuori.

Perché, conferma Stephenson, sono state proprio “le resistenze politiche” e le incertezze regolamentari a mandare all’aria il piano di Marco Tronchetti Provera di cedere il 66% di Olimpia alla cordata tex-mex.

“Telecom Italia – dice ancora Stephenson – è una buona società con ottimi asset e una grande capacità nella telefonia mobile”. Se dunque venissero appianate le divergenze, non è escluso che il gruppo texano ci ripensi.

 

Quanto agli spagnoli di Telefonica, secondo il quotidiano madrileno El Economista, l’uscita di scena di Guido Rossi sembra aver spianato la strada a una nuova offerta che, secondo la stampa italiana potrebbe tradursi anche in un’Opa, un’operazione che seppur più costosa e complicata, potrebbe avere un miglior impatto sul mercato e sugli azionisti di minoranza.

 

In mattinata, invece, Gilberto Benetton, presidente di Edizioni Holding e azionista di Olimpia, smentisce l’ipotesi de Il Messaggero di una cordata del gruppo con Intesa SanPaolo e Fininvest per salvare Telecom da mani stranieri.

“Non è vero niente”, ha detto Benetton, “ci sono banche al lavoro ma da parte nostra non c’è nessun contatto diretto”.

“Sotto sotto – dice ancora – tutti auspichiamo che ci sia qualche gruppo italiano che assicuri che la maggioranza resti in Italia, però, secondo me, bisogna lasciar decidere il mercato”.

Le interferenze politiche? “non c’è dubbio” che ci siano state, ammette sottolineando che probabilmente il management di AT&T ha dovuto scontrarsi “con una realtà italiana diversa da quella che si aspettava”.

 

Sulla polemica innescata ieri dal presidente della Camera Fausto Bertinotti – secondo il quale il capitalismo italiano è “devastato, a un estremo di impresentabilità” – Benetton si dice “pienamente d’accordo col presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo.

 

Il leader degli industriali ha risposto a Bertinotti affermando che “fare impresa in Italia è sempre più difficile, e lo dimostra il fatto che gli investimenti stranieri nel nostro Paese sono ormai al lumicino”.

Mentre dalle pagine de Il Sole 24 Ore – che ‘bacchetta’ il presidente della camera definendo il suo linguaggio adeguato a “quando era leader di ‘Essere sindacato’, non la terza carica dello Stato” – Confindustria replica che “le parole di Bertinotti sono l’ennesima prova del clima anti-impresa che serpeggia nel Paese”.

Il presidente della Camera ha cercato poi di minimizzare, affermando che la risposta di Viale dell’astronomia è stata forse un po’ frettolosa: “nella mia replica di ieri si confonde un giudizio sul sistema capitalistico italiano, la cui malattia mi sembra evidente, con la capacità imprenditoriale di singole aziende e guide d’azienda di ottenere delle performance di successo che sono altrettanto evidenti. Ma tra i due fenomeni c’è una bella differenza”.

 

Dalla Farnesina, intanto, arriva la replica all’ambasciatore americano Ronald Spogli, che in una lettera al Corriere della Sera richiama l’Italia a un approccio più aperto nei confronti degli investimenti stranieri. “Bisognerebbe concentrarsi – scrive Spogli – meno su chi vuole investire e più sul fatto che l’Italia è agli ultimi posti tra i Paesi europei in termini di crescita del Pil e aumento dei salari e della produttività”.

Per il portavoce del ministero degli Esteri, Pasquale Ferrara, “sarebbe ingeneroso considerare le iniziative del Governo italiano come volte ad ostacolare gli investimenti stranieri” dato che è “interesse primario dell’Italia quello di attrarre investimenti”.

 

I toni, insomma, sono molto tesi tra i litiganti a godere di più sembra Fedele Confalonieri, insolito sostenitore di un ceto politico – di “una certa sinistra”, meglio – in “sensibile maturazione”. Per il presidente Mediaset è infatti finita l’epoca della demonizzazione “della tv berlusconiana e commerciale” e si ricomincia a “parlare di un’azienda che funziona e che può per questo dare molto al Paese”.

 

Il commento più tagliente a un eventuale matrimonio Telecom e Mediaset arriva ovviamente da oltreoceano: “In teoria – dice il il Wall Street Journalesiste un conflitto di natura legale perchè Berlusconi controlla Mediaset che si sovrappone a Telecom Italia. Ma in Italia le leggi ci sono per cambiarle o aggirale”.

E’ difficile, si legge ancora, ricordare tutte le battute ironiche che si potrebbero fare su questo “matrimonio di convenienza”: a partire dalla “conversione” di Prodi da presidente della Commissione europea a fautore del “protezionismo all’italiana”. Il governo italiano – dice ancora il quotidiano – “aiuterebbe Berlusconi ad aggirare la legge” e Prodi finirebbe per servirsi della “potenza economica del rivale, sempre definita pericolosa per la nazione”.

 

Insomma, conclude il WSJ, una riconciliazione tra i due ex acerrimi nemici sarebbe “bizzarra” almeno quanto “il patto di non aggressione russo-tedesco, ma otterrebbe sicuramente l’approvazione del grande esponente italiano di ‘realpolitik’, Niccolo Machiavelli”.

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