Caso Telecom, nessun intervento straordinario del governo, ma emendamento a Ddl già in Parlamento

di Alessandra Talarico |

Italia


Telecom Italia

Il caso Telecom Italia non è stato affrontato dal Consiglio dei ministri di questa mattina perché non sussistono “motivi d’urgenza e impellenza per affrontare in modo straordinario questa tematica”.

Lo ha dichiarato nel corso della conferenza stampa al termine del cdm il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta, sottolineando che “il governo ha pieno rispetto del mercato”.

 

L’esecutivo, tuttavia, interverrà sulla vicenda, e lo farà attraverso un emendamento specifico che verrà inserito in un provvedimento già all’esame delle Camere. Lo ha dichiarato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, ribadendo che si esclude in maniera assoluta “un provvedimento d’urgenza”.

Alla richiesta di chiarimenti sui tempi di intervento, Chiti ha avvertito che bisognerà valutare “anche sulla base dei provvedimenti che sono all’esame del Parlamento e in base alla tempistica dei lavori”.

 

Dalle pagine del Corriere della Sera, intanto, il presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò ha spiegato che una soluzione per la separazione della rete dai servizi dovrà essere trovata entro al massimo la fine di quest’anno. Oltre il 31 dicembre – ha detto Calabrò – “non si può andare, quindi o si fa un accordo o l’Autorità deve essere in grado di imporre la separazione”.

Riferendosi al tanto invocato modello britannico, il presidente dell’Agcom sottolinea che l’incumbent BT Group ha accettato la separazione della rete perché Ofcom disponeva di poteri forti”.

L’Agcom, ha sottolineato, non pretende poteri che travisino il mercato, non intende fare colpi di mano ma, muovendosi sui binari della direttiva europea del 2002, si pone l’obiettivo di arrivare a una situazione analoga a quella di BT in cui la rete fissa “deve essere una  divisione separata di Telecom, con piena autonomia organizzativa e funzionale”.

 

La soluzione sul modello britannico riceve plausi bipartisan, ma per qualcuno è solo una “scopiazzatura” che contraddice molte delle ipotesi rese finora.

Per Sergio Bellucci, responsabile Dipartimento politiche della Comunicazione e Innovazione tecnologica di Rifondazione Comunista, il caso inglese “è ben diverso”, dal momento che in Gran Bretagna  “si era di fronte ad una potenza tecnologica e finanziaria come BT che si voleva limitare mentre da noi si parla di salvare una infrastruttura dalla quale dipendono i destini industriali del paese”. E per questo – conclude Bellucci -“serve una soluzione industriale”.

 

Per il ministro delle infrastrutture Antonio Di Pietro, la questione non è però così semplice: “asset così importanti come le reti – spiega – possono essere comprati e venduti, ma previa autorizzazione da parte dello Stato che deve sapere chi li compra, quanto ci investe e in che tempi. Altrimenti può succedere che oggi li compra lo spagnolo, ma domani li può prendere Al-Qaeda o Totò Riina”.

Sempre folkloristico, il ministro Di Pietro, ma comunque attento a sottolineare, oltre alla centralità degli investimenti – ce ne vorranno per almeno 10 miliardi, dice al Sole 24 Ore – anche che quando si tratta di reti e servizi essenziali per il Paese, le istituzioni devono “poter controllare che chi gestisce le reti lo faccia a favore di tutta la collettività e non soltanto a favore di propri, personali e privati profitti”, si tratti di telecomunicazioni, acqua, strade o ferrovie.

 

In Borsa, intanto, il titolo Telecom è stato al centro di forti scambi, con quasi 550 milioni di azioni passate di mano a metà giornata, pari a circa il 4% delle ordinarie sul mercato, per un controvalore di circa 1,2 miliardi, sulla scia delle speculazioni relative a un possibile ingresso di France Télécom nel capitale di Olimpia con una quota di maggioranza che verrebbe acquisita insieme a una banca d’affari americana.

Da Parigi, ovviamente, solo un secco no comment e mentre l’aspettativa è tutta per la riunione del patto di sindacato Pirelli, le trattative tra Intesa Sanpaolo e AT&T e America Movil – le due società americane pronte a comprare il 66% di Olimpia – subiscono una battuta d’arresto. Non si trova accordo infatti sulla governance e sul prezzo.

 

Sulla vicenda Telecom, scende in campo anche Assoprovider: secondo l’associazione di provider indipendenti, che riunisce i fornitori di servizi internet di piccole e medie dimensioni bisogna attuare “senza più alcun indugio le misure da tempo invocate per eliminare alla radice le anomalie monopolistiche, a partire dalla separazione della Rete dalla divisione Retail di Telecom Italia”.

 

Essenziale dunque attuare la separazione strutturale delle attività di gestione della rete dalle attività commerciali e costituire due società distinte e indipendenti in cui – proprio sul modello inglese – “la società che controlla la rete sia governata da un board indipendente con presenza di membri delle Autorità”.

 

Per favorire la concorrenza e la liberalizzazione, Assoprovider propone ancora l’adozione di un provvedimento in grado di azzerare o almeno ridurre drasticamente “il sovrapprezzo previsto per le ADSL Nude (senza linea Telecom attiva), per favorire la diffusione del VoIP, la riduzione delle tariffe telefoniche e ampi benefici per i consumatori finali”.

 

L’associazione ritiene dunque indispensabile rafforzare i poteri delle Autorità coinvolte nelle problematiche legate alle Telecomunicazioni, “purché le stesse a recitino finalmente il proprio ruolo senza ulteriori incertezze”.

 

Molto critica anche la posizione dell’Aduc, che polemizza con quanti invocano l’intervento delle banche come metodo per salvaguardare l’italianità di Telecom, una società su cui gravano 41,3 miliardi di euro di debito e le cui azioni valgono attualmente poco più di 2 euro – dai 6 iniziali – e hanno perso in Borsa il 20% del loro valore solo negli ultimi 12 mesi.

“Il Governo – ha spiegato il segretario Primo Mastroianni – sollecita un intervento delle banche per salvare l’italianità di Telecom, cioè di quelle banche che hanno cogestito Telecom. Ci viene subito da chiedere quali siano le contropartite che il Governo concederà alle banche stesse. In questa situazione chi ci rimetterà sarà sicuramente il cittadino”.

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