Digital divide, l’ITU richiama la Silicon Valley: ‘maggiore attenzione alle esigenze dei Paesi più poveri’

di Alessandra Talarico |

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I rappresentanti dell’ITU – agenzia ONU per le tlc – e quelli dell’industria hi-tech della Silicon Valley, si sono incontrati mercoledì per la prima volta, per discutere di digital divide, di quanto è stato fatto e – soprattutto – di quanto ancora si debba fare per permettere agli abitanti dei Paesi più poveri di avvantaggiarsi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

 

L’evento, organizzato da Intel, ha riunito oltre 250 persone, tra rappresentati dell’ITU, dell’industria e rappresentanti governativi di oltre 30 Paesi in via di sviluppo ed è stato occasione per discutere di come far arrivare l’accesso a banda larga in Africa come nei Paesi più poveri dell’Asia e incoraggiare l’imprenditorialità e la crescita economica attraverso lo sviluppo dell’ICT.

 

Hamadoun Touré, da novembre direttore generale dell’ITU, ha focalizzato il suo intervento sui tre maggiori trend che influenzano l’industria ICT: innovazione e cybersicurezza, cambiamento dei modelli di business e sviluppo di nuovi mercati.

“L’innovazione è una fonte fondamentale di nuovi prodotti, valore aggiunto e crescita dei profitti – ha dichiarato Touré, entrando un po’ in polemica con l’industria della Silicon Valley, finora ‘sorda’ alle esigenze delle popolazioni più povere del pianeta.

 

Voglio sfidarvi a pensare oltre i confini della Silicon Valley, oltre anche ai confini degli Stati Uniti, ai mercati emergenti del resto del mondo”, ha quindi aggiunto Touré, toccando poi quello che sta più a cuore all’industria, ossia il fattore economico della chiusura del digital divide.

“Colmare la frattura digitale tra Paesi ricchi e poveri non deve essere vista come un’opera di carità, ma come un nuovo business model per l’industria”.

 

L’ITU è un’organizzazione intergovernativa che conta oltre 650 membri del settore privato oltre ai 191 Paesi membri.

“L’Unione ha una missione nobile: fornire accesso ai benefici dell’ICT a tutti gli abitanti del mondo e per raggiungere questo obiettivo dobbiamo lavorare di concordo con governi, aziende e società civile, nonché sfruttare il dinamismo di aree come la Silicon Valley “.

 

Una road map per connettere gli ‘sconnessi’ entro il 2015 è stata elaborata nel 2003: ora è giunto il momento che anche la Silicon Valley faccia la sua parte, mettendo a disposizione le proprie risorse e la propria cultura dell’innovazione per connettere il mondo.

 

Internet conta già oltre un miliardo di utenti. “E’ chiaro che l’industria sia interessata a capire da dove arriverà il prossimo miliardo”, ha spiegato Craig Barret, presidente di Intel che sta già collaborando con oltre 60 governi per permettere – attraverso finanziamenti low-cost – anche alle persone meno abbienti di acquistare un Pc e ha dato vita a un programma di formazione dei docenti in 40 Paesi.

 

Per colmare il digital divide, tuttavia, non basta adattare i prodotti sviluppati per le economie più ricche: sarebbe “come costruire una Mercedes e poi tentare di semplificarla”, ha spiegato Thomas McCoy, chief administrative officer di AMD.

 

Secondo molti dei partecipanti al meeting, l’IT deve trarre spunto dall’industria mobile, che ora conta più di due miliardi di utenti ed ha saputo raggiungere i mercati emergenti con prodotti studiati ad hoc.

 

“L’industria mobile – ha tuttavia spiegato Craig Barrett – soddisfa un bisogno primario, che è quello della comunicazione. Per le compagnie IT, l’adozione della tecnologia richiede un tempo maggiore poiché la sua utilità è basata anche sulla disponibilità di contenuti locali e sull’educazione, volta ad aiutare le persone ad aiutare la rete”.

 

Altro lavoro, ha aggiunto McCoy, è necessario per identificare i bisogni fondamentali dei potenziali nuovi clienti: “Non sappiamo quello di cui hanno bisogno i poveri contadini africani”, ha detto, e senza queste nozioni basilari “ogni progetto rischia di fallire”, ha aggiunto Mary Smaragdis di Sun Microsystems, come se nella Silicon Valley mancassero intelligenze e fondi per approfondire la conoscenza dei bisogni degli abitanti dei Paesi più poveri.

 

Quello che è emerso più chiaramente da questo incontro, in sostanza, è che l’industria della Silicon Valley non abbia una chiara strategia comune per affrontare la questione del digital divide e che ogni azienda preferisca accostarsi al problema col proprio filtro.

E intanto, i poveri contadini africani…

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