Costi di ricarica, tasse di concessione, termini di durata del traffico. Gli utenti chiedono servizi più trasparenti

di Alessandra Talarico |

Mondo


Telefonia mobile

Dopo la proposta del ministro Bersani di abolire i costi di ricarica dei telefonini, sono in molti a sottolineare che le telecomunicazioni mobili sono intrise di tasse e pratiche astruse che gravano sulle tasche dei consumatori italiani.

 

Tanto per fare qualche esempio, c’è la tassa di concessione governativa che sono costretti a pagare tutti quegli utenti privati che non hanno la carta ricaricabile ma l’abbonamento a un servizio mobile.

La tassa venne istituita nel 1992, quando il telefonino era ancora uno strumento di comunicazione destinato a una elite di consumatori e le carte ricaricabili ancora non esistevano.

 

Grazie a questo ulteriore balzello, ancora una volta esclusivo del mercato italiano, chi possiede un abbonamento spende 5 euro al mese per la concessione governativa, una tassa decisamente anacronistica che però, moltiplicata per i 3 milioni di utenti, frutta allo Stato la ragguardevole cifra di 15 milioni di euro al mese. Con l’iva fanno 180 milioni di euro tondi tondi l’anno.

 

“E’ una tassa – spiega il Presidente dell’Adoc Carlo Pileri – che non esiste in altri Paesi, che è in capo solo agli abbonati privati e che, dopo la sacrosanta presa di posizione del Ministro Bersani contro i costi di ricarica, non ha davvero più motivo di essere”

 

Tra le altre pratiche dei gestori che andrebbero abolite, aggiunge l’Adoc, anche quella dei termini per l’utilizzo del credito.

Molto spesso, infatti, si lascia del credito telefonico in una scheda che si decide per un qualsiasi motivo di non utilizzare più, per poi perderlo a causa della ‘scadenza’ arbitraria imposta dal gestore. Se passa un anno senza che la scheda sia utilizzata o ricaricata, dunque, il credito viene annullato senza una ragione giustificabile.

 

Un trucchetto che costa agli utenti mobili circa 5.600.000 euro: secondo i calcoli delle associazioni dei consumatori, infatti, circa 800.000 utenti all’anno perdono in media 7 euro di traffico a causa di questo limite temporale imposto dai gestori non si sa per quale motivo.

 

Esempi di malagestione che si vorrebbero ora sopprimere tutti insieme, giustamente, nel provvedimento che dovrebbe abolire i costi di ricarica.

 

L’Agcom, da canto suo, ha fatto sapere che il sospirato provvedimento arriverà entro un mese. Al vaglio dell’Autorità ci sono tre opzioni: l’abolizione totale dei costi di ricarica; la rimodulazione del meccanismo, con l’introduzione di criteri di proporzionalità in base al taglio della ricarica e, per ultimo, una coesistenza di almeno un anno delle prime due per consentire ai consumatori di orientarsi meglio e alla stessa Autorità di valutare ulteriori provvedimenti al termine del periodo transitorio, anche in base all’evoluzione delle tariffe.

C’è però chi ha già trovato l’inghippo: nel primo caso, infatti, c’è chi teme che i furbetti della telefonia mobile spalmino i mancati introiti sulle tariffe applicate ai consumatori. Nel secondo caso, invece, resterebbero “criticità” sul fronte della trasparenza tariffaria.

Ma a questo punto, ci si chiede, le Autorità che ci stanno a fare se comunque ci si mette con le mani avanti già presupponendo che il taglio ai costi di ricarica si rifletterà sulle tariffe e, soprattutto, se toccherà infine al governo porre fine a questi abusi?

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