Sim lock: il TAR respinge il ricorso per la sospensione della delibera Agcom

di Alessandra Talarico |

L’Authority adotta nuovo provvedimento sui contratti telefonici a distanza

Italia


Telecomunicazioni

Il TAR del Lazio ha respinto la richiesta di sospensione della delibera con la quale l’Agcom aveva disposto – a febbraio – la validità per un periodo di 18 mesi del sim lock, cioè il sistema che impedisce ai cellulari di un determinato operatore di poter funzionare con le Sim card di altri operatori.

 

Il ricorso per la sospensione e quindi l’annullamento del provvedimento era stato presentato a giugno dalla Federconsumatori, ma per la terza sezione ter del tribunale amministrativo, presieduta da Francesco Corsaro, il ricorso non “appare assistito dal requisito del pregiudizio grave e irreparabile, traducendosi la lesione dedotta in una pretesa di modifica contrattuale, che potrebbe avvenire solo all’esito di una nuova disciplina regolamentare, conseguente all’ipotetico accoglimento nel merito del ricorso”.

 

L’udienza per la discussione nel merito del ricorso deve ancora essere fissata.

 

Lo scorso febbraio, l’Agcom aveva stabilito che i terminali bloccati col Sim Lock avrebbero potuto essere liberati su richiesta dell’utente dopo nove mesi dall’acquisto, dietro pagamento di un importo non superiore al 50% dello sconto praticato dall’operatore.

Lo sblocco della Sim, secondo quanto stabilito dall’Agcom, è in ogni caso gratuito al termine di un periodo di 18 mesi, mentre agli operatori veniva richiesto di introdurre avvertenze idonee a dare trasparenza e chiarezza nelle informazioni agli utenti.

 

Il provvedimento è applicato a tutti i terminali mobili, ma riguarda particolarmente l’operatore di terza generazione H3G, che ha puntato proprio sul blocco delle Sim per imporsi sul mercato ed è attualmente l’unico a utilizzare questo contestato sistema.

 

Nel frattempo, l’Agcom ha adottato un nuovo regolamento per porre un freno all’attivazione, da parte degli operatori, dei servizi non richiesti, pratica che spesso accompagna la stipula di contratti a distanza.

L’Authority ha varato il nuovo regolamento a disciplina dei contratti a distanza nelle diverse fasi della loro stipula (proposta, informazione, contatto, perfezionamento mediante acquisizione del consenso informato), dopo una consultazione pubblica rivolta a operatori e associazioni di consumatori e di diverse audizioni con le parti interessate.

 

Al fine di garantire una maggiore chiarezza e trasparenza di questi contratti, l’Authority ha disposto innanzitutto l’obbligo per gli operatori di fornire al potenziale cliente contattato telefonicamente, informazioni dettagliate riguardo il proponente, la società per conto della quale avviene il contatto telefonico, lo scopo del contatto telefonico nonché, “in caso di in equivoca volontà di adesione alla proposta manifestata, il numero assegnato alla relativa pratica”.

 

Gli operatori dovranno altresì fornire al cliente “la certezza giuridica dell’avvenuta conclusione del contratto”, attraverso “l’acquisizione del consenso informato con la registrazione integrale della conversazione telefonica, e l’invio al recapito indicato dall’utente di uno specifico modulo di conferma, non oltre lo stesso giorno in cui il contratto inizia a esplicare i suoi effetti”.

 

Punto essenziale del provvedimento, il divieto per le società telefoniche di “fornire beni o servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli espressamente concordati”.

Se l’operatore dovesse affibbiare servizi non richiesti, sarà poi suo compito quello di provvedere alla loro rimozione, senza nessun addebito per il cliente.

 

Il mancato rispetto di queste disposizioni costerà da un minimo di 58.000 a un massimo di 2.500.000 Euro, mentre le sanzioni saranno pubblicate sul sito web dell’Agcom.

 

Secondo i dati di Adusbef sono oltre 2 milioni i consumatori che ogni anno sono costretti a pagare servizi non richiesti, per un volume d’affari di oltre 300 milioni di euro e un costo pro-capite pari a 150 euro ad utente.

I profitti legati a queste politiche di marketing abusive se non a vere e proprie scelte aziendali – al netto dei reclami e delle restituzioni delle somme a quei cittadini più attenti, che una volta accortisi del bidone non si stancano di reclamare la restituzione delle somme – sono pari a circa 200 milioni di euro.

 

Le nuove disposizioni rientrano nel piano di rafforzamento degli interventi regolamentari a tutela dei consumatori, varato dall’Agcom alla fine di ottobre.

Nell’ambito di questo piano, l’Authority ha dato il via libera a diverse misure, che comprendono l’istituzione di un tavolo permanente di consultazione con le Associazioni, per accelerare e rendere più efficace l’azione di tutela dei consumatori e degli utenti.

 

A febbraio anche il Garante privacy era intervenuto in merito ai servizi non richiesti, con un provvedimento a carattere generale nel quale si imponevano ai gestori telefonici e agli altri operatori di comunicazione elettronica le regole da rispettare per evitare comportamenti illeciti e non andare incontro a sanzioni, anche di tipo penale.

 

Tra i divieti del Garante, quello di intestare schede telefoniche prepagate a clienti ignari o attivare senza precisa richiesta segreterie o altri servizi, come la selezione automatica dell’operatore telefonico o linee Internet veloci.

 

Anche secondo il Garante, i gestori telefonici devono mettere in atto procedure per verificare tempestivamente le anomalie e vigilare sull’operato dei rivenditori e dei call center, senza far gravare il peso dei propri disservizi, voluti o fortuiti, sulla bolletta telefonica.

  

  

  

27 novembre 2002 – 27 novembre 2006

        

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