Umts: revocata la licenza Ipse. La parola passa ora all’Authority tlc

di Alessandra Talarico |

Italia


Ipse

Si è conclusa, dopo 5 anni, la vicenda di Ipse, la società di telefonia mobile di terza generazione che non è mai entrata in attività nonostante il pesante esborso (3,2 miliardi di euro) sostenuto per l’acquisto della licenza.

Il ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi, ha infatti formalizzato l’avvio del procedimento per la revoca delle licenze e delle frequenze in mano all’operatore.

 

“La revoca della licenza – ha poi spiegato il ministro – è stata un atto dovuto, perchè non è stato possibile arrivare ad alcun accordo”.

La parola passa ora all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che gestirà la questione nei tempi e le modalità che riterrà più opportuni.

 

A fine dicembre il ministro aveva chiaramente espresso il suo ultimatum sottolineando che, se non si fosse trovato un accordo sulle frequenze entro 20 giorni, avrebbe revocato le licenze. In un estremo tentativo di risolvere la difficile situazione, la società telefonica aveva quindi fatto pervenire al ministero la bozza di un accordo preliminare del valore di circa 250 milioni di euro.

 

In base a questo piano Ipse, dietro un compenso economico, avrebbe ceduto il suo pacchetto di frequenze a tre operatori (verosimilmente TIM, Vodafone e Wind) mentre al quarto (che avrebbe dovuto dunque essere H3G) sarebbe andato un corrispettivo in denaro girato dalla stessa Ipse.

Il risarcimento sarebbe stato di natura tecnica: l’assegnazione di nuove frequenze, infatti, prevede una sorta di riordino generale delle stesse perché siano successive una all’altra, operazione per la quale le società devono sostenere un costo.

 

Dopo mesi di trattativa e una serie infinita di riunioni interlocutorie, tutte terminate con una fumata nera, le società di telefonia non sono tuttavia riuscite a mettersi d’accordo.

Oltre che sulla sistemazione delle frequenze, gli operatori non hanno infatti trovato un terreno condiviso sulle soluzioni economiche: il problema riguardava sia la somma da versare a Ipse per i 15 Mgh di frequenze, sia il ristoro economico che  la stessa Ipse avrebbe poi dovuto girare al gestore non interessato all’asset.

 

La revoca della licenza di Ipse, oltre a rimettere sul mercato frequenze per 15 Mhz, che si aggiungono ad altri 10 Mhz liberi dopo la dismissione delle frequenze Tacs, implica una forte perdita economica per i soci del gruppo: la spagnola Telefonica, Fiat, Capitalia, Edison e Acea.

 

La perdita, per oltre 3,3 miliardi di euro, peserà principalmente sulle casse del gruppo tlc iberico, che ha rilevato nel tempo le quote dei soci italiani e non è poi più riuscito a cedere la società e l’asset delle frequenze.

 

Per il prossimo futuro, sarà il ministero delle Comunicazioni a stabilire se le frequenze verranno riassegnate in base a una gara al miglior offerente o alla messa all’asta di una nuova licenza.

“Comunicheremo tutto all’Autorità – ha detto il ministro – che deciderà anche su un eventuale asta. I tempi non dipendono dal ministero ma dall’Authority che delibererà in proposito”.

 

Il ministro si è comunque impegnato a favorire un accordo che “tenga conto dei sacrosanti diritti dei lavoratori”.