Quando l’arte incontra l’hi-tech: nel futuro musei sempre più digitali, per una cosciente e articolata strategia di comunicazione culturale

di di Giuliano Gaia (Consulente - Edizioni FAG Digital LifeStyle) |

Italia


Giuliano Gaia

Riportiamo di seguito l’intervento di Giuliano Gaia, al Convegno Digital Life a cura della Fondazione Ugo Bordoni (Fieramilanocity, 20 ottobre 2005)

 

Il computer si è inserito all’interno del mondo museale a partire dagli anni Novanta. Dapprima silenziosamente, come semplice strumento di lavoro, in particolare per la gestione delle collezioni,  poi con una notorietà improvvisa, grazie all’esplosione del web e alla nascita del concetto di “museo virtuale”.

 

A metà degli anni Novanta infatti, alcuni grandi musei tra cui il Louvre hanno lanciato sul proprio sito web delle “visite virtuali“, all’inizio semplici immagini statiche dei quadri esposti, fino a diventare complesse rappresentazioni tridimensionali multiutente. L’idea di visita virtuale ha goduto di una notevole fortuna, al punto da far temere a non pochi direttori di museo la concorrenza del web rispetto alla visita reale. Così non è avvenuto, naturalmente: come il fatto che la Gioconda sia stata riprodotta in migliaia di libri d’arte non ha certo nuociuto alle visite reali al Louvre, così lo sviluppo di siti web sempre più ricchi e articolati ha rappresentato un veicolo di promozione e di incremento anche per le visite reali.

 

In un mondo in cui i musei si stanno gradatamente trasformando da semplici contenitori di oggetti a centri culturali multifunzionali, sede di mostre temporanee, eventi, congressi aziendali, cene di gala e  laboratori scolastici, la comunicazione ha occupato un ruolo sempre più centrale e il web spesso si è rivelato, se ben utilizzato, un  mezzo di comunicazione economico ed efficace.

 

Ma l’interazione del museo con il digitale non si limita al web. Il digitale, infatti, sta gradatamente entrando a far parte dell’esperienza stessa della visita in galleria, sia attraverso strumenti multimediali quali chioschi interattivi e filmati proiettati in sala, sia attraverso strumenti di ausilio alla visita, come i palmari, utilizzati come videoguide interattive. Una delle frontiere che oggi appaiono più interessanti è quella del cosiddetto “podcasting”, la creazione da parte del museo e dei visitatori stessi di file mp3 contenenti commenti audio alle opere d’arte che possono essere scaricati dal sito del museo e ascoltati nelle gallerie, di fronte al quadro, tramite gli ormai onnipresenti lettori mp3.

 

L’arrivo del digitale nel museo non è comunque esente da problemi. Il digitale infatti è costoso e difficile da realizzare, pone complessi problemi di copyright sulle immagini, richiede competenze specifiche che nei musei (specie italiani) sono in genere assenti, è esposto ad una rapida obsolescenza e tende a sottrarre risorse ad altre voci di spesa in un settore storicamente “povero” come quello culturale. Più in generale, il digitale può essere efficace solo se inserito all’interno di una cosciente e articolata strategia di comunicazione culturale, in assenza della quale anche i tentativi più innovativi e brillanti sono inevitabilmente destinati al fallimento.