Internet governance

Carta dei Diritti del web, uno sforzo di scarsa utilità

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Le due mozioni approvate in Parlamento impegnando il Governo a promuovere l’accesso alla Rete sembrano un esercizio avulso dal contesto internazionale

Ma c’è davvero bisogno in Italia di una Carta dei diritti di Internet? Era davvero necessario investire il Parlamento di un tema, il diritto di accesso delle persone alla Rete senza discriminazioni, che in tutti i paesi del mondo – a parte il Brasile di Dilma Rousseff – è dato per scontato e non ha certo bisogno di una Carta ad hoc?

In tutto il mondo, a parte l’Italia, è dato per scontato che ogni nuova attività economica e sociale verrà attivata o rimodellata in chiave internettiana, perché l’accesso alla Rete e la digitalizzazione di tutti gli aspetti della società non va ribadito per legge.

E’ per questo motivo che le due mozioni sui diritti di Internet approvate ieri alla Camera, che impegnano il Governo a promuovere anche a livello internazionale la libera diffusione di Internet, la prima a firma dell’onorevole Stefano Quintarelli di Scelta Civica – che recepisce in larga misura “La Carta dei Diritti di Internet” e la seconda dell’onorevole Davide Caparini (Lega Nord) – meno pubblicizzata dai media – sembrano un esercizio avulso dal contesto internazionale. Due mozioni diverse che peraltro, con ogni probabilità, serviranno a dividere la comunità digitale italiana in due tifoserie contrapposte, ma che non produrranno probabilmente nulla di concreto.

Due mozioni per una Carta nazionale dei diritti del web, mentre gli stessi temi – in primo luogo la Net Neutrality e la necessità di una governance multi stakeholder della Rete – vengono dibattuti in sedi, in primo luogo la Commissione Europea, che pesano certo di più di un singolo Parlamento nazionale.

Basti pensare al dibattito, a volte feroce, che su questi temi si tiene a Bruxelles nell’ambito della creazione del Digital Single Market e negli Usa, dove lo scontro aspro fra fautori e detrattori della Net neutrality non mette certo in dubbio il diritto di accesso al web per tutti i cittadini né l’obbligo per lo Stato di promuovere la protezione dei dati personali di ognuno.

La Carta dei Diritti del web all’italiana sembra, come ha già scritto il professor Stefano Mannoni su Key4biz un anno fa, un insieme di banali luoghi comuni sulla rete: l’accesso ad internet a tutti e alle condizioni della migliore qualità; la neutralità della rete come assioma assoluto; la tutela dei dati personali concepita all’insegna di un incondizionato diritto all’autodeterminazione informativa, il principio di sussidiarietà nel governo di internet etc. etc. etc.

Ma su questi temi ha già deliberato il Parlamento Europeo, delineando il framework complessivo della Rete e delle sue attività nell’ambito del nuovo pacchetto telecomunicazioni per il Digital Single Market.

Per questo sarebbe più utile che il Governo italiano si occupasse di più del ritardo nel processo di digitalizzazione del Paese.