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Aldo Bisio (Vodafone Italia) ‘Rete unica sì, ma soltanto nelle aree bianche’

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L’amministratore delegato di Vodafone Italia Aldo Bisio al Sole 24 Ore: ‘La rete unica in Italia l'abbiamo avuta per 30 anni. Operata da un unico soggetto. E onestamente non è stato un modello di grande successo’.

“La rete unica in Italia l’abbiamo avuta per 30 anni. Operata da un unico soggetto. E onestamente non è stato un modello di grande successo”. Lo ha detto al Sole 24 Ore l’amministratore delegato di Vodafone Italia Aldo Bisio, aggiungendo che dal 2015 con l’ingresso di Open Fiber l’Italia è passata dal 31esimo e ultimo posto al 17esimo in Europa nelle infrastrutture a banda ultralarga. Lo riportano i dati Desi della Commissione Ue. Salto molto spinto dalla concorrenza infrastrutturale”.

No rete unica in aree nere e grigie

Ecco perché Vodafone è contraria alla rete unica, quanto meno nelle aree dove la concorrenza c’è vale a dire nelle aree nere e in quelle grigie. “L’Italia è divisa in tre. Esistono le aree “nere” con 9,5 milioni di abitazioni. Qui nei fatti c’è una concorrenza infrastrutturale e mi sento di dire che non ci debba essere nessuna azione volta a mutare una competizione che ha portato livelli di qualità e servizio migliori e concorrenza sui prezzi. Accanto a queste però c’è il tema, importantissimo e forse sottovalutato, delle aree “grigie”. Parliamo di circa 12 milioni di abitazioni in gran parte coperte con rete ibrida in rame e fibra Fttc. Credo che il Paese – ha messo in evidenza – con urgenza debba porsi l’obiettivo di portare le reti ibride misto rame-fibra a essere reti pienamente in fibra con tecnologia Ftth. L’emergenza ha dimostrato che le tecnologie ibride, asimmetriche, non sono a prova di futuro, nemmeno prossimo. Per farlo noi siamo anche d’accordo sul fatto che la rete non debba essere duplicata. Quindi rete unica sì, ma non con un unico soggetto che governi questa rete”.

Rete unica limitata ad aree bianche

I ragionamenti che si fanno sull’opportunità della rete unica riguardano in particolare le aree “bianche”, la cui realizzazione è stata aggiudicata a Open Fiber. “Credo che sia abbastanza logico andare su una rete unica ma limitatamente alle aree bianche. A patto però che il soggetto che regolerà e gestirà questa rete unica non possa essere un soggetto verticalmente integrato. L’arbitro non può avere la maglietta dell’avversario”, ha messo in evidenza il manager aggiungendo che “se si andasse in quella direzione, credo che il Paese si esporrebbe a dei rischi importanti dal punto di vista Antitrust e procedure di infrazione per potenziali aiuti di Stato, con conseguenti ritardi nella realizzazione della rete, cosa che il Paese non può permettersi”.

Ritardi rollout non imputabili del tutto a Open Fiber

Quanto al fatto che Open Fiber sia bersaglio di critiche per i ritardi nel rollout della rete, Bisio ha affermato che “ci sono alcuni ritardi sulle aree bianche e non voglio fare l’avvocato di Open Fiber. A ogni modo le cause non sono imputabili del tutto a Open Fiber (come peraltro evidenziato dalla segnalazione appena inviata dall’Antitrust al Governo sui ritardi della banda ultralarga ndr) né al modello che si è costruito. Problemi ci sono stati nel rilascio dei permessi e anche in fase di collaudo. In questo momento più che discutere sul modello occorre accelerare sulle azioni di debottlenecking”.

Modello francese

Come risolvere l’impasse? “Si potrebbe seguire l’esempio del modello francese. La Francia – spiega Bisio – nelle aree grigie ha utilizzato un modello competitivo dove gli assegnatari dei lotti avevano l’obbligo di dare mutualità di accesso a tutto l’ecosistema. I lotti vengono messi a gara, con incentivi alla realizzazione, fra diversi consorzi di operatori. I vincitori sono poi tenuti a mettere a disposizione l’infrastruttura a condizioni eque e non discriminatorie, con un accesso regolato. La competizione è la chiave di volta e l’unica in grado di minimizzare i fondi dei contribuenti. E cerchiamo di sfatare un mito. Tutti i Paesi europei hanno più di una rete fissa. In Germania ci sono 40 milioni di abitazioni sulla rete di Deutsche Telekom e 28 su quella di Vodafone. In Spagna ce ne sono 18 su quella di Telefonica, 15 su quella di Orange e 10 su quella di Vodafone”.

Fwa, Inwit e Huawei

Per quanto riguarda la realizzazione di una rete Fwa proprietaria, l’ad di Vodafone ha detto che “Il 5G e l’Fwa sono centrali nella nostra strategia. Su Fwa abbiamo un piano di copertura di 2mila comuni con una strategia selettiva per colmare alcuni gap di copertura a costi inferiori rispetto alla fibra“. Sul fronte Inwit, per Vodafone Italia non è prioritaria la valorizzazione della quota detenuta nella società delle torri, ma che centrale è il piano industriale. Infine, su Huawei, l’ad di Vodafone Italia ha ribadito la posizione dell’azienda, e cioè che “sulle nostre reti core non avremo Huawei. Riteniamo sia un rischio assolutamente gestibile avere operatori extra Ue sulle reti di accesso”.