Usa vs Ue

Web tax nell’Ue, l’avvertimento degli Usa a due giorni dal Digital Summit

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L’associazione dei Big Tech Usa operanti in Europa lancia l’avvertimento all’Ue che sta lavorando alla web tax: ‘La tassa sul fatturato ridurrebbe gli investimenti, diminuirebbe l’occupazione e penalizzerebbe le giovani aziende’. Dopodomani al ‘Digital Summit’ in Estonia i 28 Paesi dell’Ue discuteranno della tassazione sull’economia digitale.

Prima di un match importante l’avversario cerca sempre di provocare e incutere timore all’avversario. Così ha fatto l’associazione americana dei giganti del web operanti in Europa a due giorni dal Digital Summit di Tallinn, in Estonia, dove i 28 Paesi dell’Unione europea discuteranno, in modo approfondito, della possibilità di introdurre e con quali modalità la web tax sull’economia digitale. “La tassa sul fatturato per le aziende che operano sul web, come proposta dai quattro grandi Paesi dell’Unione, ridurrebbe gli investimenti, peserebbe sull’occupazione e penalizzerebbe le giovani aziende” ha dichiarato Susan Danger, presidente della Camera di Commercio americana con sede a Bruxelles (AMCham EU).

Quindi gli Stati Uniti hanno lanciato l’avvertimento all’Ue, che da questo mese ha, finalmente, accelerato sulla web tax. A inizio mese, il 9 per la precisione, il nostro ministro dell’Economia con gli omologhi colleghi di Germania, Francia e Spagna ha sottoscritto la dichiarazione politica congiunta a sostegno di una iniziativa per la tassazione delle imprese dell’economia digitale. Concretamente si sta lavorando a  “un’equiparazione fiscale” sul fatturato generato dai Big della Rete e non più sui ricavi in Ue: “Non dovremmo più accettare che le web company facciamo affari in Europa, senza corrispondere un livello di tassazione adeguata, mettendo a repentaglio i principi di equità fiscale e la sostenibilità del modello economico e sociale del continente”, si legge nella dichiarazione congiunta.

Inoltre gli stessi quattro Stati hanno firmato, di recente, una nuova proposta congiunta per equiparare il versamento dell’Iva dell’economia digitale a quello delle aziende tradizionali. Garantendo che l’imposta sul valore aggiunto sia versta nel paese dove si fattura.

Lo scatto di Italia, Francia, Germania e Spagna ha smosso la Commissione europea che la settimana scorsa ha presentato le tre proposte per tassare i giganti del web:

  1. Un’imposta sul fatturato delle società digitali.
  2. Una trattenuta alla fonte sulle transazioni.
  3. Una tassa sui redditi generati dalla fornitura di servizi digitali o sulle attività pubblicitarie.

I tre punti saranno subito sul tavolo del Digital summit che si svolgerà a Tallinn venerdì prossimo: il vertice a cui parteciperanno i Capi di Stato e di Governo dei 28 Paesi dell’Ue è dedicato alla rivoluzione industriale. Una decisione finale sulla web tax, però non è prevista. L’obiettivo della Commissione Ue è avere una posizione comune entro la riunione di dicembre dell’Ecofin, da presentare all’Ocse che dovrebbe a sua volta presentare una proposta all’inizio dell’anno prossimo. Quanto alla proposta legislativa Ue, Valdis Dombrovskis, il vicepresidente della Commissione, ha detto che sarà elaborata possibilmente la prossima primavera.  

Fino ai primi mesi del 2018 l’associazione dei Big Tech Usa operanti in Europa ha tempo di gettare altri guanti di sfida. E i giganti del web di continuare a eludere il Fisco nell’Ue. Ecco un solo dato: l’ammanco per le casse della Ue per le pratiche di elusione di Google e Facebook nel periodo 2013-2015 è stato calcolato in 5,4 miliardi di euro. Tutti questi soldi non possono più non entrare nelle casse dei Paesi Ue: “Non possiamo avere aziende europee che pagano le tasse e le correnti estere che non le pagano”, ha detto Emmanuel Macron, il presidente della Repubblica francese, alla Sorbona. Macron vuole al più presto fare affidamento sulle entrate provenienti dalla tassazione del settore digitale per finanziare il bilancio dell’Ue.

La web tax, quindi, non è più solo un tema fiscale, ma anche politico.