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Web tax nell’Ue, Boccia (PD) ‘Meglio tardi che mai. Ma la Commissione Junker l’approverà?’

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‘Una tassa del 2-5% sul fatturato generato dagli OTT in Europa’: si legge sul Financial Times. Nel frattempo firmato accordo tra i ministri delle finanze di Francia, Germania, Italia e Spagna che vorrebbero introdurre la web tax nell’Ue. Francesco Boccia (PD), che porta avanti questa battaglia dal 2013: ‘Meglio tardi che mai’.

Fa un po’ sorridere leggere sul Financial Times che la Francia, con il sostegno della Germania, guida l’offensiva per tassare i giganti del web con una norma unica a livello europeo. E la notizia è stata commentata con spontaneità da Francesco Boccia (PD), che porta avanti questa battaglia dal 2013 (leggi la sua intervista a key4biz) ed è il primo firmatario dell’emendamento con cui è stata introdotta in Italia la cosiddetta ‘web tax transitoria’: la misura è già in vigore dal 24 giugno scorso.

“Meglio tardi che mai. Ma voglio vedere il documento dei ministri alla prova della Commissione Europea che non ha mai avuto il coraggio di superare l’intollerabile libertà delle multinazionali di decidere dove risiedere fiscalmente”, ha dichiarato Boccia.

Pensate tutti gli OTT, che fatturano nel nostro Paese, nel 2016 hanno versato, in totale all’erario, solo 11,7 milioni, meno, molto meno, delle tasse pagate da un’azienda media italiana. “Solo in Italia nel 2015 Google e Facebook avrebbero pagato fino a 190 milioni al Fisco rispetto a 2,4 milioni realmente versati”, si legge nello studio dell’ufficio parlamentare di bilancio (UPB), presentato a marzo scorso da Alberto Zanardi, componente del Consiglio dell’UPB), in audizione al Senato.

‘Una tassa del 2-5% sul fatturato’

“Una tassa del 2-5% sul fatturato prodotto nell’Ue e non più sui ricavi”: questo ha rivelato una fonte al quotidiano Ft, che ha avuto modo così di visionare la dichiarazione politica congiunta sottoscritta, il 9 settembre scorso, dal nostro ministro dell’Economia con gli omologhi colleghi di Germania, Francia e Spagna a sostegno di una iniziativa per la tassazione delle imprese dell’economia digitale. La dichiarazione è stata inviata a Toomas Töniste, Ministro delle Finanze dell’Estonia, Stato che ricopre la presidenza di turno dell’Unione europea, e per conoscenza al Commissario europeo Pierre Moscovici. Il paper sarà sul tavolo del Digital Summit in programma a Tallinn, in Estonia, il 29 settembre, dove i capi di Stato e di Governo dell’Unione europea discuteranno anche della tassazione dei big del web. Sempre nella stessa città il 15 e 16 di questo mese si svolgerà anche l’Ecofin e lo stesso accordo tra i 4 Paesi sulla la web tax sarà un punto chiave dell’agenda dei ministri dell’economia. L’accordo, firmato da Bruno Le Maire, Wolfgang Schauble, Pier Carlo Padoan e Lusi De Guindos, i ministri delle finanze dei Paesi più grandi dell’Eurozona, prevede, quindi, d’introdurre “un’equiparazione fiscale” sul fatturato generato dai Big della Rete e non più sui ricavi in Ue: “Non dovremmo più accettare che le web company facciamo affari in Europa, senza corrispondere un livello di tassazione adeguata, mettendo a repentaglio i principi di equità fiscale e la sostenibilità del modello economico e sociale del continente”, si legge nella dichiarazione congiunta.

Infatti oggi, Google, Apple, Facebook e Amazon (in Francia indicate con l’acronimo GAFA) possono pagare le tasse minime grazie ad alcune leggi che consentono di trasferire gli utili, generati in Paesi con tassazioni più alte (come lo sono i 4 Paesi primi firmatari del documento) ad altri con tassazioni più leggere, come l’Irlanda, (dove hanno la sede europea) che agevola loro con solo il 12% di aliquota fiscale, a fronte di altri Stati europei che tassano gli utili anche al 30%.

Web tax nell’Ue, il vento è cambiato

Dunque sembra che il vento sulla web tax sia cambiato nell’Ue, soprattutto con l’elezione a presidente della Repubblica francese di Emmanuel Macron.  Infatti è proprio il suo ministro delle Finanze a guidare l’offensiva contro gli OTT.

Un contributo adeguato per i colossi del web da pagare in ogni Stato in cui fanno profitti”, ha dichiarato, il 28 agosto scorso, Bruno Le Maire, che ha aggiunto: “i dettagli saranno svelati al prossimo consiglio dei ministri dell’Economia (Ecofin), in programma a Tallinn a metà settembre”. 

Dunque l’Italia fa scuola in Europa perché nel nostro Paese, con l’approvazione del Parlamento, il 15 giugno scorso, della ‘manovrina’ correttiva dei conti pubblici chiesta da Bruxelles, la ‘web tax transitoria’, per accordi tra Fisco e colossi del web, è già realtà.

“Oggi si riparte con l’iniziativa del Governo Francese e trovo opportuno e utile che quattro grandi Paesi abbiano la stessa posizione. Va sottolineato che l’Italia da questo punto di vista ha ottenuto alcuni risultati grazie al lavoro fatto in questi anni dal Parlamento, dall’autorità giudiziaria e dalla stessa agenzia delle entrate. Google in Italia a differenza di quello che accade in Francia è italiana e ha fissato la propria stabile organizzazione”, ha affermato, nella stessa nota, Francesco Boccia, che poi ha aggiunto: “Molte altre multinazionali invece eludono sistematicamente il fisco sia in Italia che in Francia e nel resto d’Europa. L’Italia nel 2013 questa legge l’aveva fatta, cancellata però troppo frettolosamente, oggi siamo ad uno snodo decisivo perché la Francia ha iniziato ad alzare la voce. Spero che i ministri che hanno sottoscritto il documento possano avere la forza per spingere la Commissione Juncker ad essere immediatamente conseguente”, ha concluso il presidente della Commissione Bilancio della Camera.

Commissione europea guidata appunto da Jean-Claude Juncker, che ha ricoperto, dal 1995 al 2013, la carica di primo ministro del Lussemburgo, uno degli Stati, insieme all’Irlanda, ‘isola felice’ nell’Ue per gli Ott perché adotta aliquote fiscali low-cost. Infatti per l’approvazione definitiva della web tax occorre il voto favorevole di tutti i 28 Paesi dell’Unione Europea, Lussemburgo e Irlanda compresa…a questi ultimi la web tax converrà?

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