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USA, l’autonomia nella produzione dei chip è ancora lontana

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Il fondatore e CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha ammesso che agli Stati Uniti occorreranno tra i dieci e i venti anni per ottenere l’indipendenza della catena di fornitura dei chip da Cina e Taiwan. In ballo il già delicato rapporto con la Cina

Nel corso della conferenza DealBook svoltasi a New York e organizzata dal New York Times, il fondatore e CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha affermato gli Stati Uniti sono tra i dieci e i vent’anni di distanza dall’indipendenza del Paese nella produzione di chip da Taiwan e Cina, nonostante la costruzione di nuove fabbriche e gli incentivi. Per poi precisare che il successo della sua compagnia, fondata nel 1993, è legato “a una miriade di componenti che provengono da diverse parti del mondo. Non soltanto da Taiwan”. Un chiaro rimando al colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), di stanza sull’isola di Formosa, che ha un ruolo decisivo nella fabbricazione di circuiti integrati di nuova generazione.

Nvidiai cui chip sono stati al centro delle più fondanti tendenze tecnologiche: dai videogame al cloud, dalle auto a guida autonoma all’intelligenza artificiale – è stata infatti diversificata mediante più fabbriche di TSMC, e lo scorso giugno lo stesso Huang ha confermato la volontà di rifornirsi anche dalla fabbrica di TSMC in Arizona.

Chip: come faranno gli USA ad andare verso un rafforzamento industriale dell’infrastruttura tecnologica?

Negli Stati Uniti l’industria dei semiconduttori e chip sta crescendo a un ritmo vertiginoso. L’obiettivo dichiarato è quello di moderare la dipendenza da fonti esterne e rafforzare l’infrastruttura tecnologica nazionale. E gli States non intendono fermarsi. Ragione per cui di recente la Segretaria al Commercio statunitense, Gina Raimondo, proprio nell’intenzione di impedire alla Cina di recuperare terreno nel comparto dei semiconduttori, ha espresso la necessità di poter disporre di più finanziamenti dal Congresso.

Possiedo un budget di 200 milioni di dollari. È come il costo di alcuni aerei da combattimento. Se vogliamo fare le cose seriamente, dobbiamo finanziare questa operazione con risorse adeguate. Non possiamo lasciare che la Cina si prenda questi chip. Negheremo loro la nostra tecnologia più all’avanguardia”, le sue parole.

Raimondo è stata poi particolarmente pungente nei confronti di quelle società – e Nvidia sembra non essere esente (tutt’altro) dalla sua stoccata – che tenterebbero di eludere i freni alle esportazioni creando prodotti ad hoc per la Cina e attenendosi per pochissimo ai limiti fissati, rammentando ai loro CEO che “proteggere la nostra sicurezza nazionale conta di più delle entrate a breve termine”.

Nvidia, l’intelligenza artificiale e la Cina

Nel frattempo lo scorso ottobre il governo degli Stati Uniti, citando pericoli per la sicurezza nazionale in rimando all’utilizzo dell’IA, ha imposto maggiori limitazioni sull’esportazione dei chip più avanzati per il machine learning/intelligenza artificiale. Da parte sua, Huang ha ammesso che le nuove regole statunitensi sono “assolutamente” indispensabili per la sicurezza nazionale, spiegando che Nvidia sta “lavorando su prodotti per la Cina compatibili con le nuove restrizioni”.

Il CEO di Nvidia non ha infine celato le criticità in essere nel far conciliare affari aziendali – a vantaggio di una competitività costante – e ragion di Stato: “Siamo un’azienda creata per fare affari e quindi cerchiamo di farli con tutti quelli che possiamo. D’altra parte, la nostra sicurezza nazionale conta e anche la nostra competitività nazionale conta”.