Trimestrale

Tim, conti ancora in rosso nel primo trimestre. Incognita Serie A sul futuro

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Tim chiude il primo trimestre con ricavi in diminuzione del 5,3% e perdite per 216 milioni di euro, su cui pesano 1.300 prepensionamenti e 750 assunzioni.

Tim ha chiuso il primo trimestre del 2021 con perdite per 216 milioni di euro, a fronte di un utile netto di 560 milioni nel medesimo periodo del 2020, a fronte di ricavi in flessione del 5,3% a 3,75 miliardi di euro (leggermente al di sotto del consensus degli analisti). Pesa il calo dell’11% della telefonia mobile domestica, colpita da un generalizzato calo dell’Arpu e dall’azzeramento del roaming per assenza di turisti. In aumento del 3% invece i ricavi da linea fissa.

Incertezze del quadro economico a causa della pandemia permangono anche per il 2021.

L’operatore, il cui primo azionista è Vivendi, ha confermato gli obiettivo del piano strategico 2021-2023 denominato “Beyond Connectivity”, sempre alla luce delle “prospettive economiche deteriorate” dalla pandemia. Tra gli obiettivi quello di una stabilizzazione dei margini sia a livello di gruppo che a livello domestico dopo anni di discesa.

La scommessa sul calcio

Le perdite sono imputate a spese non ricorrenti per 300 milioni di euro, per finanziarie il prepensionamento di 1.300 dipendenti a fronte di 750 assunzioni, di cui un centinaio per il nuovo call center legato all’accordo per il triennio della Serie A con DAZN per la trasmissione delle 10 partite di serie A su Timvision. “A partire da luglio sarà attivo l’accordo con DAZN per portare tutte le partite di Serie A su TIMVISION. Oltre a generare ricavi addizionali, contribuirà ad accelerare l’adozione di connessioni UBB e rafforzerà la strategia convergente, consolidando il posizionamento di TIMVISION come principale aggregatore di contenuti televisivi del Paese”, si legge nella nota aziendale. Una scommessa, quella sul calcio, su cui l’ad Luigi Gubitosi punta molto forte (340 milioni di euro all’anno per tre anni), ma che di fatto potrebbe rivelarsi un azzardo, visto che va in controtendenza rispetto ai trend internazionali di mercato (vedi BT in Uk e AT&T negli Usa). Una scommessa che quindi è tutta da verificare. Tanto più che in passato non si sono mai notati dei travasi massicci di clienti né quando Sky ha perso la Champions (in uscita) né quando ha chiuso Mediaset Premium (in entrata).

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EBITDA e indebitamento

L’EBITDA è pari a 1.177 milioni di euro, in flessione dell’1,3% rispetto allo stesso periodo del 2020. “L’EBITDA del primo trimestre 2021 sconta oneri non ricorrenti per complessivi 401 milioni di euro (34 milioni di euro nel primo trimestre 2020, già al netto della variazione di perimetro di 5 milioni di euro) principalmente relativi a costi del personale connessi anche all’applicazione dell’art. 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92, come definita nell’Accordo sindacale siglato tra la Capogruppo TIM S.p.A. e le Organizzazioni Sindacali – si legge nella nota aziendale – Gli oneri non ricorrenti includono altresì accantonamenti per contenziosi, transazioni, sanzioni di carattere regolatorio e potenziali passività ad essi correlate, oneri connessi ad accordi e allo sviluppo di progetti non ricorrenti nonché accantonamenti relativi alla gestione dei crediti a seguito del deterioramento del quadro macroeconomico per effetto dell’emergenza sanitaria Covid-19”.

A fine marzo 2021 l’indebitamento finanziario netto rettificato era sceso a 21,16 miliardi di euro, in forte calo rispetto ai 23,33 miliardi di inizio anno e inferiore ai 21,31 miliardi del consensus degli analisti. Telecom Italia TIM ha segnalato che alla riduzione dell’indebitamento ha contribuito anche l’acquisizione da parte di KKR del 37,5% di FiberCop per 1,76 miliardi di euro.

Intanto, i sindacati hanno indetto una mobilitazione per il 27 maggio al Mise per la creazione di una rete unica tra Tim e Open Fiber. Un argomento sul quale il Governo Draghi non sembra volersi sbilanciare, anzi. Un tema sul quale nemmeno Tim sembra più così convinta.

In questi giorni è attesa la firma della vendita del 50% di Open Fiber in mano a Enel a Macquarie (40%) e a Cdp (10%).

Per quanto riguarda la rete unica, l’ad Luigi Gubitosi in conference call si è detto ottimista dopo l’uscita di scena di Enel. “La realtà è che io rimarrei ai fatti e dall’ultima volta che ci siamo parlati c’è un punto che si è materializzato. I fatti sono che Cdp sarà azionista di maggioranza e che Enel scomparirà e avremo Macquarie al suo posto. Enel ha rallentato le nostre trattative, è stato un fattore di rallentamento e quindi saranno più facili le cose e l’interazione con gli altri attori sarà più veloce”. “Capiremo più rapidamete se sarà possibile raggiungere un accordo e ora Macquarie entra in gioco e ha l’obiettivo di guadagnare da questa transazione e stiamo sulla stessa linea d’onda anche noi vogliamo aggiungere valore e Macquarie vuole avere un mercato della fibra migliore per l’Italia e noi vediamo qui delle opportunità”, ha aggiunto Gubitosi. “Il quadro è migliore. E questo è un dato, ma penso che l’obiettivo del Paese sia completare una rete in fibra e andare oltre la connettività e comunicare a lavorare su cloud, edge computing e intelligenza artificiale. Penso che ci saranno sviluppi positivi in questo senso e questo emerge dall’importanza che il governo da’ a questa attività”, con le risorse del Pnrr. “Non appena si completeranno i negoziati con Macquarie, a breve suppongo, parleremo con i nuovi azionisti di Open Fiber sperando di trovare un accordo per il meglio. Sono ottimista”, ha concluso.