Il quadro

Tim ai minimi storici in Borsa. Elliott in pressing su rete unica

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Terza seduta consecutiva in rosso per Tim, che supera i minimi storici del 1993. Pesano le lotte intestine e le incertezze sul futuro della rete dopo il parere negativo di Agcom sulla proposta di separazione volontaria (non proprietaria) della rete.

Nuovi minimi storici per Tim in Borsa. Il titolo perde anche oggi l’1,6% a quota 0,468 centesimi, il terzo rosso di seguito dopo aver già perso il 10% nelle due ultime sedute. Oggi le azioni dell’azienda hanno toccato un nuovo minimo storico a 0,4659 euro, superando il record negativo precedente di 0,4674 centesimi del 1993.

Da venerdì scorso ad oggi le azioni hanno perso più del 12% a Piazza Affari. Equita, Kepler, Exane ed HSBC hanno rivisto negativamente il target price.

Da inizio maggio 2018, quando Elliott in assemblea ha conquistato la maggioranza, ha perso il 50%, per una capitalizzazione fra azioni ordinarie e risparmio intorno a 9,5 miliardi di euro.

Elliott accelera su rete unica

A questo punto, secondo indiscrezioni di Radiocor che cita fonti vicine a Elliott, azionista di Tim con l’8,8% del capitale, c’è l’ipotesi di un tavolo per discutere sul progetto di rete unica tra  Telecom Italia e Open Fiber. Occorre quindi, spiegano le fonti, organizzare un tavolo “con la presenza anche di Cassa depositi e prestiti (che possiede il 50% di Open Fiber ed è anche azionista di Tim col 4,2%), di Enel (altro azionista di Open Fiber con il restante 50%) e degli altri attori rilevanti”. Questo tavolo dovrebbe essere convocato “avendo come riferimento la norma proposta dal governo e approvata dal Parlamento” che prevede l’ipotesi di utilizzo della Rab (regulatory asset base), in caso di creazione di una rete unica tra Tim e Open Fiber.

 

Tim sotto pressione

Telecom Italia (Tim) è sotto pressione su diversi fronti e l’incertezza che pesa su governance e futuro della rete, insieme alle prospettive sfidanti sul mercato Domestic, ha spinto e gli analisti di HSBC Global Research a rivedere il target price (prezzo obiettivo) dell’azienda al ribasso del 7,9%, da 60 centesimi a 45 centesimi. La banca d’affari britannica ha però confermato l’indicazione “hold”. Sul giudizio degli analisti, che hanno appena pubblicato un report che Key4biz ha potuto visionare, pesa il recente profit warning emesso da Tim il 17 gennaio sull’Ebitda del 2018, che chiuderà in calo del 5%, l’esito negativo della consultazione Agcom sul progetto di separazione legale (non proprietaria) della rete, avanzato a marzo dall’ex amministratore delegato Amos Genish e la crescente concorrenza interna sul mobile (Iliad) e sul broadband fisso (Sky Italia e Open Fiber).

Separazione della rete

Il progetto di separazione della rete, secondo Agcom, non scioglierebbe lo status di operatore verticalmente integrato con significativo potere di mercato (SMP) di Tim, “che non porterebbe alcun vantaggio regolatorio concreto” per i consumatori e le imprese concorrenti. A questo punto, sulla rete Tim “potrebbe decidere di rinunciare al progetto di separazione (come già fece nel 2013) oppure potrebbe cercare un compromesso” rinunciando al controllo del network. In ambo i casi, secondo HSBC Global Research, non si uscirebbe dall’incertezza.

Previsioni per il 2019 Domestic

Le previsioni per il 2019, poi, restano sfidanti per Tim “sul mercato Domestic (concorrenza di Iliad nel mobile, l’imminente sbarco di Sky nel broadband e la crescente presenza di Open Fiber nel mercato wholesale) – si legge nel report – inoltre, il titolo è ai minimi dall’agosto 2013. Riteniamo che il titolo possa ottenere qualche supporto in vista della battaglia per il controllo (fra Vivendi, che detiene il 23,9% di Tim, e Elliott, che detiene l’8,8% con la maggioranza in Cda) che si terrà all’assembela generale del 29 marzo”.

Previsioni per il 2019 mobile

Per quanto riguarda il mercato Domestic, gli analisti prevedono forti progressi per Iliad nel mobile per raggiungere il 15% del mercato nel 2022, in primo luogo a scapito di Mvno e WindTre. Tuttavia, anche Tim sarà colpita, con un calo dei ricavi da mobile che secondo le stime di HSBC Global Research del 4% nel 2019, del 3,5% nel 2020, del 2,1% nel 2021 e nel 2022.

Previsioni 2019 broadband fisso

Sul fronte del fisso, Tim sarà condizionata da due fattori principali: “L’incremento della fibra di Open Fiber che impatterà sul business wholesale di Tim, in particolare dal 2020, e il probabile lancio di un’offerta commerciale a banda larga da parte di Sky Italia”, si legge.

Per quanto riguarda il progetto di scorporo della rete, comunque vadano le cose, si andrà per le lunghe e permarrà l’incertezza sul futuro di questo asset, secondo gli analisti, tanto più che l’attuale collegio Agcom è in scadenza all’inizio dell’estate e “con ogni probabilità toccherà” eventualmente “al nuovo board ell’Agcom occuparsene”.

Se Tim rinuncerà alla separazione, ad ogni modo “la minaccia competitiva di Open Fiber persisterà” mentre se perseguirà un futuro merger con Open Fiber con un quadro regolatorio più favorevole, dovrà rinunciare al controllo del suo asset più strategico, che è la rete.

Tensioni fra azionisti

Le tensioni fra gli azionisti, secondo HSBC Global Research, restano e saranno sciolte il 29 marzo in occasione dell’assemblea generale che di fatto dovrà fissare la linea strategica del gruppo. L’amministratore delegato Luigi Gubitosi sta lavorando al nuovo piano industriale, che sarà presentato il 21 febbraio e che secondo indiscrezioni potrebbe contenere il progetto di dismissione delle quote detenute in Sparkle, Inwit e Persidera.

Futuro della rete  

Il nodo principale nella disputa fra Vivendi (24%) ed Elliott (8,9%) riguarda appunto il futuro della rete. “Vivendi è convinta che Vivendi debba mantenre il controllo di NetCo, mentre Elliott è aperta all’idea che Tim possa diventare un azionista di minoranza”, con diverse ipotesi di lavoro a seconda di una quota compresa fra il 25% e il 75%. Per quanto riguarda le altre società del gruppo, Elliott è aperta alla cessione completa o parziale di Sparkle e Inwit, mentre Tim Brasil dovrebbe restare al 67% nel perimetro aziendale così come ServiceCo dovrebbe restare al 100% in capo al gruppo.  Le tensioni fra azionisti e all’interno del board hanno danneggiato la performance operativa del gruppo, secondo gli analisti, secondo cui è auspicabile che su temi centrali come lo spin off della rete la CDP (che detiene una quota del 5%) assuma un ruolo più attivo per risolvere l’impasse in cui si trova Tim”.