Scorporo della rete

Separazione rete Tim, assist di Agcom al modello ‘wholesale only’

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Agcom ha bocciato il piano di separazione legale (non proprietaria) della rete Tim, presentato a suo tempo dall’ex amministratore delegato Amos Genish, perché non porterebbe particolari vantaggi sul mercato e sulla concorrenza.

Agcom ha bocciato il piano di separazione legale (non proprietaria) della rete Tim, presentato il 7 marzo 2018 dall’ex amministratore delegato Amos Genish, perché non potrebbe particolari vantaggi sul mercato e sulla concorrenza. Una bocciatura che di fatto rappresenta un assist alla soluzione vagheggiata dal Governo, vale a dire lo scorporo proprietario della rete e la fusione con quella di Open Fiber per la creazione di una società unica della rete. Un assist anche per il nuovo amministratore delegato Luigi Gubitosi, che entro febbraio presenterà il nuovo piano industriale dell’azienda, per la quale la rete rappresenta un asset strategico da valorizzare in ottica di scorporo anche proprietario, con la cessione a terzi in toto o di una quota rilevante del controllo.

Ma sul futuro della rete Tim si giocherà la partita finale il 29 marzo, in occasione dell’assemblea che vedrà Elliott e Vivendi contendersi ancora una volta la maggioranza del board.

La separazione legale non cambierebbe il quadro

La semplice separazione legale della rete in una nuova società della rete Netco che restasse al 100% o a maggioranza in capo a Tim, secondo l’Autorità, rimarrebbe un soggetto con una significativa forza di mercato (Smp) ai fini della definizione di mercato rilevante, sia per quanto riguarda la tipologia merceologica sia in relazione al livello di mercato. Le due società alle quali viene attribuita la rete rimangono comunque controllati e NetCo al 100%.

E’ la conclusione dell’Authority per le comunicazioni che ha messo a punto lo schema di provvedimento con cui notificherà la sua decisione a Tim, provvedimento che ha pubblicato sul proprio sito per avviare la procedura di consultazione pubblica che durerà 45 giorni. L’analisi evidenzia, ai fini concorrenziali, l’eccezione dell’area di Milano “dove nessun operatore detiene una quota di mercato assimilabile ad una posizione di significativo potere di mercato e il principale concorrente all’ingrosso (Open Fiber. Ndr) è in grado di beneficiare di economie di scala comparabili con quelli di Tim”.

Piano Genish superato 

A presentare il piano di separazione legale (non proprietaria) della rete Tim era stato a marzo del 2018 l’ex amministratore delegato Amos Genish, con Vivendi da sempre contraria alla rinuncia del controllo su un asset considerato strategico per i francesi.

Con l’integrazione verticale di Tim resta di fatto la posizione dominante dell’azienda nel mercato dell’accesso all’ingrosso e retail, che secondo Agcom si potrebbe superare con una rete ‘wholesale only’ dal punto di vista dei vantaggi regolatori e di mercato.

Ma grazie al nuovo codice europeo che promuove il modello wholesale only si possono ottenere vantaggi regolamentari rispetto all’operatore verticalmente integrato, che al contrario mantiene il conflitto di interessi anche se separa la rete.

“La decisione di Agcom conferma che il progetto di Vivendi di mantenere l’intero capitale di NetCo in Tim non solo non crea valore per gli azionisti, ma è considerata insufficiente anche per un cambiamento del quadro regolatorio” ed Elliott “ritiene che l’attuale cda debba intraprendere senza ulteriori ritardi i passi necessari per la creazione e la separazione di una rete unica, che possa creare valore per l’azienda e i suoi dipendenti, per gli azionisti e per il sistema Paese”. A dichiararlo un portavoce del fondo americano, sulle valutazioni fatte dall’autorithy sul progetto di separazione volontaria della rete Tim.

“I recenti risultati finanziari e la decisione di Agcom – dichiara un portavoce di Elliott – evidenziano che le decisioni del precedente Cda sotto il controllo di Vivendi, motivate da presunte ragioni industriali, hanno avuto come risultato un anno di distruzione di valore e di tempo perso a spese di Tim, dei suoi azionisti, e dell’intero Paese”.

L’emendamento sulla rete unica

Da allora il quadro è cambiato non poco, con Elliott – favorevole allo spin off e alla cessione di quote della rete – che ha preso le redini in Cda e con l’accelerazione impressa dal Governo per la creazione di un player unico della rete sotto controllo pubblico.

L’analisi di mercato dell’Autorità si intreccia con le ultime novità emerse in Parlamento all’emendamento al Dl fiscale che favorisce la società unica della rete che ha ricevuto il via libera di M5S e Lega, che hanno trovato un accordo condiviso sullo schema da adottare per promuovere dal punto di vista normativo la creazione di una società unica Tim-Open Fiber sotto controllo di terzi (Cdp) e più poteri alla stessa Agcom per imporre la separazione funzionale della rete.

La posizione di Vivendi

Per Vivendi il controllo della rete fissa rappresenta un grosso vantaggio anche in ottica 5G, aggiungendo che la rete da sola non sarebbe in grado di finanziare da sola la quota di debito che le verrebbe assegnata (15 miliardi di euro) e che sarebbe quindi necessario prevedere migliaia di esuberi.

Secondo Les Echos, Vivendi potrebbe accettare la fusione della rete Tim con quella del concorrente Open Fiber soltanto mantenendo il controllo della nuova entità.

Ed è per questo che la posizione “aperturista” di Elliott, che è invece favorevole alla separazione di Netco, ma anche alla vendita della quota del 60% nella società delle torri Inwit e del business in Brasile, è criticata da Vivendi come una visione di breve termine al solo scopo di fare cassa.

La posizione di Elliott

La posizione di Elliott sulla rete è diametralmente opposta a quella di Vivendi. Sono diversi gli esempi internazionali di separazione della rete come già avvenuto in Repubblica Ceca, Australia, Nuova Zelanda e a breve in Danimarca. Elliott imputa ad Amos Genish il fatto di non aver voluto considerare la fusione con Open Fiber, pur sapendo che questa soluzione avrebbe potuto persino triplicare il valore della rete Tim a più di 20 miliardi (vedi l’articolo del 10 aprile 2018 Rete Tim, per Elliott vale 9 miliardi di euro), e che il Governo italiano sta per varare una normativa (basata sul modello RAB) favorevole alla condivisione delle reti in ottica di operatore unico sul modello wholesale only, promosso dal nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche in via di approvazione nella Ue.

Il modello RAB e il player wholesale only

Il modello RAB (Regulatory asset base) è lo stesso applicato a TernaItalgas e Snam sulla base di determinati parametri fissati dall’Autorità di regolazione.

Il nuovo Codice delle Telecomunicazioni ha l’obiettivo di assicurare un ambiente favorevole agli investimenti nelle nuove infrastrutture ad alta velocità, con la fibra fino a casa, in un contesto pro-competitivo. Una delle maggiori novità è sicuramente quella dell’Articolo 77 che prevede l’introduzione del modello “wholesale only” (vendita esclusivamente all’ingrosso) in Italia operato da Open Fiber, società che fa capo ad Enel Cassa Depositi e Prestiti.