Governance

Tim, Elliott rintuzza Vivendi. Resa dei conti soltanto rimandata

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Dopo il Cda di ieri, fissata in un’unica tornata al 29 marzo l’assemblea sul futuro industriale della società e sulle persone alle quali affidarne la gestione. Resta da capire cosa intende fare Cdp.

La sostanziale vittoria di Elliott al Cda di ieri, con la decisone di convocare l’assemblea il 29 marzo e non il 15 febbraio come richiesto da Vivendi, rimanda soltanto la resa dei conti fra i due azionisti di Tim in rotta di collisione dal 13 novembre, data della defenestrazione in contumacia dell’ex ad Amos Genish (espressione di Vivendi) sostituito da Luigi Gubitosi.

Ma cosa succederà il 29 marzo?

In quella data, in unica convocazione, saranno all’ordine del giorno diversi argomenti: l’approvazione del bilancio 2018, la nomina dei nuovi revisori, la revoca e sostituzione – come invocato da Vivendi – di 5 consiglieri in quota Elliott. Il board, oltre ad anticipare dall’11 aprile al 29 marzo l’assemblea, ha deciso di anticipare dal 26 febbraio al 21 febbraio anche la riunione del cda che dovrà approvare i conti del 2018 e il nuovo piano industriale su cui sta lavorando l’ad Luigi Gubitosi per sostituire quello in vigore triennale (DigiTim) daell’ex Ceo Amos Genish.

Nelle intenzioni del Cda il 29 marzo sarà anche l’occasione di “confronto sostanziale sul futuro industriale della società e sulle persone alle quali affidarne la gestione”.

Il vero nodo da sciogliere, motivo di fondo del contendere fra Elliott e Vivendi, è il futuro della rete. Mantenere o meno il controllo dell’infrastruttura di rete fissa, una volta separata legalmente con la costituzione di Netco?

Da un lato, Vivendi è favorevole ad un’operazione di merger con la rete di Open Fiber, purché Tim mantenga il controllo.

Dall’altro, Elliott è pronto ad andare oltre e a cedere la maggioranza della rete in caso di fusione con Open Fiber in ottica di rete unica, alla luce dei vantaggi regolamentari previsti dal nuovo Codice Ue delle Comunicazioni Elettroniche in dirittura di arrivo, con il voto dell’Europarlamento previsto per domani. Il nuovo codice prevede l’introduzione del modello “wholesale only (vendita esclusivamente all’ingrosso) in Italia operato da Open Fiber. Un aspetto non certo secondario, nel dibattito in corso sullo scorporo della rete Tim. Per Elliott la nascita di Netco potrebbe far lievitare il valore della rete Tim.

Secondo Francois Godard, analista di Enders Analysis, “un modo per consentire alle autorità italiane (favorevoli allo scorporo ndr) di salvare la faccia sarebbe che Vivendi proponesse l’acquisizione di Open Fiber da parte di Tim”.

Ad ogni modo, sul futuro di Tim regna ancora la confusione per non dire il caos, manca un piano industriale definito visto che quello di Amos Genish è superato dai fatti, e il debito a settembre resta di 25,1 miliardi, il titolo è sottostimato e stabile intorno ai 50 centesimi.

Toccherà ora a Luigi Gubitosi migliorare la situazione di un gruppo fragile, con un nuovo piano industriale. Il mercato prevede l’annuncio della vendita di Persidera o di Sparkle.

Vedremo se il top manager con un passato al vertice di Wind e Rai sarà messo in condizione di agire o se non finirà anche lui nella tenaglia di Vivendi ed Elliott. Tanto più che nell’ombra resta sempre la Cdp, azionista di Tim con il 4,9%, che anche questa volta potrebbe essere l’ago della bilancia, come già lo fu il 4 maggio scorso in occasione dell’assemblea che vide la vittoria di Elliott.