La piattaforma spaziale post-ISS e l’avamposto europeo nello spazio con Thales Alenia Space
L’Europa punta con maggiore decisione allo Spazio e in particolare ad avere un ruolo e un posizionamento maggiori in orbita bassa terrestre (LEO). Il nuovo passo in questa direzione è stato fatto con la firma del Memorandum of Understanding (MoU) tra l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), Thales Alenia Space e Blue Origin.
Il documento prevede una cooperazione (non esclusiva) focalizzata sulla futura stazione spaziale Orbital Reef, un habitat modulare e commerciale concepito per succedere alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ormai avviata verso la dismissione entro la fine del decennio.
Orbital Reef nasce come progetto privato a guida statunitense (Blue Origin con Sierra Space), ma mira a diventare una piattaforma multinazionale e multiuso, aprendo le sue porte a esperimenti scientifici, turismo spaziale, attività industriali e presenza istituzionale, anche europea.
Thales Alenia Space un ponte tra Europa e Stati Uniti nella Space industry?
Nella visione dell’ESA, il ruolo chiave è affidato a Thales Alenia Space, joint venture tra il colosso francese Thales (67%) e l’italiana Leonardo (33%), già leader nella costruzione di moduli pressurizzati per la ISS, Cygnus, ATV e Gateway.
Il MoU prevede che l’industria europea sia coinvolta nello sviluppo di moduli, sottosistemi e tecnologie chiave per Orbital Reef. Inoltre, la possibilità di accedere a servizi di trasporto cargo ed equipaggio di origine europea — alternativi a quelli statunitensi — viene esplicitamente presa in considerazione.
Questo elemento è particolarmente strategico: garantire un’autonomia parziale o completa nei lanci e nei rifornimenti significa per l’Europa un passo verso la sovranità spaziale, in un contesto in cui l’accesso alla LEO sarà sempre più commerciale e competitivo.
Blue Origin vs SpaceX: la nuova geografia dello Spazio passa per Orbital Reef
Il MoU deve essere letto anche in chiave geopolitica e industriale. Se SpaceX ha costruito con Starlink una rete globale di telecomunicazioni basata su migliaia di satelliti — di fatto controllando una fetta strategica della connettività globale — Blue Origin, con Orbital Reef, mira a costruire l’equivalente infrastrutturale orbitale: una “stazione hub” per tutte le attività spaziali commerciali e istituzionali post-ISS.
L’Europa ha assistito da spettatrice (e cliente) alla crescita vertiginosa di SpaceX. Questo accordo rappresenta un tentativo concreto di riappropriarsi di un ruolo da protagonista, offrendo un’alternativa al monopolio tecnologico americano nello Spazio, dove soluzioni avanzate come Starlink, Crew Dragon e Falcon 9 hanno ridefinito gli standard.
Orbital Reef — in collaborazione con aziende come Thales Alenia Space — può rappresentare l’alternativa europea alla centralizzazione delle infrastrutture spaziali negli Stati Uniti.
Prospettive per la Space Economy europea
La possibilità di installare esperimenti, inviare astronauti e ospitare payload europei su Orbital Reef si traduce in un potenziale enorme per la ricerca scientifica, la manifattura in microgravità, l’osservazione terrestre e l’addestramento astronautico.
Inoltre, si aprono scenari commerciali per startup e PMI europee della New Space Economy, che potrebbero accedere a infrastrutture orbitanti con costi competitivi e visibilità globale.
L’economia spaziale è quindi un settore da considerarsi strategico a tutti gli effetti per l’Unione europea. Lo ha ribadito anche il Commissario europeo per la Difesa e lo Spazio, Andrius Kubilius, al Paris Air Show 2025: “Guardando al prossimo futuro, avremo sviluppi importanti. La prossima settimana spero che la Commissione approvi e adotti la proposta di Space Act europeo – uno strumento giuridico essenziale che stabilirà regole chiare per lo Spazio, requisiti per la sostenibilità e la sicurezza delle nostre risorse spaziali. Avremo anche una comunicazione sulla Space Economy, segno che consideriamo lo sviluppo spaziale cruciale non solo per la difesa e la ricerca, ma anche per lo sviluppo economico”.
Il MoU, pur non vincolante, rappresenta un ponte strategico e industriale verso il futuro dell’orbita bassa. La collaborazione tra enti pubblici e giganti privati indica la volontà di costruire un ecosistema orbitale sostenibile, aperto e competitivo, dove anche l’Europa possa giocare un ruolo da protagonista, al di là della dipendenza tecnologica, che rimane un gap da colmare il più rapidamente possibile.
Con Orbital Reef, l’Europa guarda al futuro del proprio accesso allo Spazio, che deve necessariamente essere il più autonomo possiile. Non si tratta solo di un nuovo laboratorio scientifico, ma di una piattaforma geopolitica, industriale e commerciale. Se l’ESA saprà consolidare e strutturare il partenariato con Blue Origin e Thales Alenia Space, questo MoU potrebbe diventare il primo passo verso il rilancio spaziale europeo.
