Rapporto

SosTech. 45 ore di smartphone al mese, come cambia l’advertising

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Sono 31,1 milioni gli italiani che ogni mese accedono a Internet utilizzando un dispositivo mobile, sia questo uno smartphone oppure un tablet; il 37% di questi ricorre esclusivamente a dispositivi mobili.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

45 ore, in effetti, sono parecchie: più o meno il tempo che ciascuno di noi impiega a mangiare in un mese, sia a pranzo che a cena; oppure una settimana di lavoro, con tanto di straordinario; o ancora tra le 6 e le 7 notti di sonno. 45 è il numero di ore che passiamo incollati di fronte allo schermo – e non a un generico “schermo”, che comprenderebbe anche il monitor del computer al lavoro o la televisione quando arriviamo a casa alla sera (entrambi sono tutt’altra faccenda), ma lo schermo dello smartphone.

Per le aziende oggi la logica è mobile

Già: per due giorni interi al mese, per continuare con i paragoni, non ci dedichiamo ad altro che a swipe, tap e tutti gli altri gesti che affollano un vocabolario per tutti noi completamente sconosciuto fino a pochi anni fa, prima dell’avvento dei touchscreen tascabili. È il risultato della ricerca effettuata insieme a Doxa dall’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, da sempre impegnato nel valutare le innovazioni legate alla diffusione del business e, di conseguenza, anche l’impatto di questi sulla vita e sulle abitudini del consumatore.

Sono 31,1 milioni gli italiani che ogni mese accedono a Internet utilizzando un dispositivo mobile, sia questo uno smartphone oppure un tablet; il 37% di questi ricorre esclusivamente a dispositivi mobili, senza quasi avere memoria del PC o degli altri dispositivi che permettono di navigare in Rete. Per quasi un italiano su tre, insomma, lo smartphone è la finestra privilegiata sul mondo. Se questo dato può farci blandamente stupire, o forse no, per le aziende che vogliono convincerci ad acquistare i loro prodotti significa rivedere – se non lo si è già fatto, come auspicabile – i propri budget.

Il processo di acquisto? Inizia prima

Sempre secondo la ricerca, il 64% del tempo totale speso online viene utilizzato per la navigazione da mobile, appunto 45 ore al mese, di cui l’88% all’interno di una delle tante app che affollano l’home screen dei nostri dispositivi. Numeri che aiutano a capire – se ce ne fosse ancora bisogno – l’immenso potenziale, ancora non del tutto sfruttato, di un mercato che sembra non avere confini né conoscere crisi, tanto che nel 2017 sono stati scaricati in tutto 175 miliardi di applicazioni, metà delle quali soltanto in un Paese, la Cina. Il Mobile Advertising in Italia, oggi, vale più di un miliardo di euro, il 40% dell’intero mercato digitale.

A illustrare la situazione è Raffaello Balocco, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy del Politecnico di Milano. “Il Mobile sta diventando un canale di vendita diretto sempre più rilevante anche nel nostro Paese, con un peso nel 2017 pari a ben un quarto degli acquisti eCommerce complessivi; ma, fatto altrettanto rilevante, è un canale sempre più fondamentale anche nelle decisioni di acquisto che poi si concretizzano da Pc o nel mondo fisico. A fronte di importanti passi avanti già avvenuti da parte delle principali imprese italiane nella valorizzazione del Mobile, le opportunità ancora da cogliere rimangono tante; visione strategica, competenze e continuous improvement sono gli ingredienti essenziali per giocare appieno questa partita”.

In altre parole: il processo di acquisto – e quindi, almeno in senso parziale, di “conquista” di un cliente, possibile compratore – inizia da molto prima che l’utente si rechi (se ancora lo fa) in un negozio fisico. Ci facciamo un’idea di un catalogo navigando online, sfruttando strumenti che ci consentono addirittura di vedere come staremmo con un vestito che forse compreremo; e se ci convince e non siamo sicuri – o più probabilmente non vogliamo correre il rischio di ricorrere alle procedure di reso, ancora un po’ scomode sebbene molto migliorate negli ultimi anni – allora ci rechiamo di persona nel nostro negozio di abbigliamento. Se va bene, per acquistare; se va male (per l’esercente, s’intende), per provare l’impatto di un capo reale, uscire dal punto vendita, tirare fuori lo smartphone dalla tasca e comprare online, questa volta sicuri anche della taglia. E lo stesso accade per dischi, libri, elettrodomestici e qualsiasi altra cosa.

Cosa cambia tra app e siti

Con 11 milioni di persone per le quali Internet è la stessa cosa che dire “telefonia mobile” (anche grazie alle offerte sempre più convenienti per il traffico dati, come quelle che si possono comparare tra loro su SosTariffe.it), è natura che il mercato del Mobile advertising sia in costante fibrillazione, e che ormai anche le aziende più conservatrici debbano farci i conti, in un modo o nell’altro. Un’offerta oggi non può essere completa se non è multipiattaforma, perché un messaggio, anche se pare ovvio, deve avere di fronte una platea in grado di recepirlo; e davanti ai computer ci sono sempre meno persone. Per Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy, “L’incremento degli investimenti può essere ricondotto in particolare alla crescita dell’impatto del Mobile all’interno di campagne digital multipiattaforma, sia a causa del crescente spostamento di audience su questo canale, sia per la maggiore attenzione di diversi editori a declinare su Mobile alcuni formati tipici del Desktop e a migliorare le modalità di misurazione delle visualizzazioni, oltre ad offrire pacchetti di total digital audience. Inoltre, lato investitori indubbiamente la pianificazione cross-canale è più semplice e scalabile”.

Parlando di imprese italiane, oggi, secondo la ricerca dell’Osservatorio, il 68% ha un sito responsive, il 15% un mobile site, il 13% un sito adaptive e solo il 4% un sito non ottimizzato; questo significa che, nelle sue varie declinazioni, il mobile è in cima ai pensieri di chi deve strutturare l’homepage della propria attività, ben conscio che ormai la maggior parte delle persone arriverà lì navigando su uno schermo sì OLED, edge-to-edge e con colori brillanti, ma pur sempre molto ridotto rispetto a un monitor tradizionale. Un’attenzione che si riflette anche nel numero medio di applicazioni pubblicate da ogni azienda sugli store: in media 5 (1/3 delle quali non aggiornate). La stragrande maggioranza prevede un’area clienti con tanto di login e password, e più di un quarto aggiunge funzionalità e servizi specifici, come la geolocalizzazione e la fotocamera, rispetto a quanto offerto sul sito. Infine, c’è un 25% per cento di pionieri: per loro, l’esperienza app è qualcosa di completamente diverso rispetto alla navigazione tradizionale. Non sarà che, oltre a cambiare noi, gli smartphone hanno mutato del tutto anche la Rete?

Fonti: http://www.doxa.it/smartphone-tutti-connessi-45-ore-al-mese-in-media/