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Social media e pubblicità, la differenza tra campagne tattiche e strategiche

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Fra i tanti, due sono gli errori più gravi perché più strutturali che possono essere commessi da chi pianifica campagne pubblicitarie sui social media. Ecco quali.

Vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Fra i tanti, due sono gli errori più gravi perché più strutturali che possono essere commessi da chi pianifica campagne pubblicitarie sui social media (Facebook, Instagram ed anche Linkedin): il primo è scegliere una soluzione pubblicitaria incoerente con l’obiettivo che ci si pone, non in linea con la metrica per la quale si è disposti a sostenere un investimento in advertising.

Social media: quale campagna scegliere?

Le diverse soluzioni pubblicitarie offerte, curiosamente ormai con gli stessi nomi nelle diverse piattaforme, non cambiano in alcun modo quanto alle modalità con cui rendono possibile pianificare il pubblico di destinazione (per località, per età, per genere, per interessi, per comportamenti, …): si differenziano invece in ragione del modello di addebito dei costi, della metrica con la quale il budget impostato verrà erogato.

Ecco perché creare una campagna pubblicitaria sui social media non significa necessariamente “sponsorizzare un post”: se l’obiettivo è generare accessi ad un sito Internet, è più opportuno scegliere la campagna “Traffico” così da poter sostenere un investimento a click e fare in modo che l’algoritmo che regola la pianificazione degli spazi pubblicitari ottimizzi la spesa del budget proprio a questo fine.

Quali errori non fare

Il secondo errore da cui guardarsi è non distinguere fra campagne tattiche, puntuali, estemporanee, volte a conseguire un obiettivo specifico (riempire la sala in vista di un evento, per esempio) e campagne strategiche che agiscano – seppur con budget giornalieri molto contenuti – nel lungo periodo così da rendere possibile alle piattaforme macinare dati sufficienti a consentire un’ottimizzazione dei costi unitari che l’inserzionista sarà chiamato a sostenere.

Tali campagne dunque, costantemente attive e volte a perseguire obiettivi ricorrenti (notorietà in un territorio circoscritto, generazioni di messaggi e contatti commerciali, traffico o conversioni sul sito, …) meritano poi di essere pianificate non tanto ad un pubblico di utenti che, pur in target secondo le caratteristiche soggettive menzionate poc’anzi, non però ha trascorsi “digitali” con l’azienda. E’ più efficiente invece seguire un approccio “a cerchi concentrici”.

Come sostiene Ugo Benini di The Vortex, infatti, per poter generare valore, queste campagne debbono rivolgersi ad un “Pubblico personalizzato” che, nel tempo, si estenda da chi è già presente in un perimetro di relazione con l’organizzazione (è, per esempio, presente in una mailing list, ne usa la app o possiede una carta fedeltà) a chi ha visitato il sito o sue specifiche parti (grazie all’integrazione del pixel) fino agli amici dei follower ed infine, ma solo allora, a utenti “sconosciuti” ed in target (Pubblico Similo o destinatari pianificati secondo i filtri soggettivi disponibili).

Seguendo questo approccio, la continuità delle campagne nel tempo consentirà di accrescere a cascata la dimensione di questi centri concentrici e nel contempo permetterà di massimizzare gli obiettivi conseguiti e di ottimizzare i costi unitari sostenuti.