Osservatorio Roma Capitale

Roma Digitale: serve un sindaco manager contro la gestione casareccia della Capitale

di Donato A. Limone, Ordinario di informatica giuridica e Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche, Università degli studi di Roma “Unitelma Sapienza” |

Serve un sindaco manager per la Capitale, in grado con la Giunta di superare il vincolo di una cultura casareccia della gestione spicciola delle pratiche amministrative.

La rubrica PAdigitale, a cura di Donato A. Limone, Ordinario di informatica giuridica e Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza. Analisi e approfondimenti sul processo di attuazione della Riforma della PA. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

La cultura casareccia della gestione di Roma Capitale. E’ lungo e tormentato il passaggio verso una gestione manageriale

 

E già: governare Roma, Capitale d’Italia e centro istituzionale della Città metropolitana, significa superare una cultura fortemente diffusa dentro e fuori l’amministrazione capitolina che non riesce ad andare oltre la gestione casareccia delle pratiche, degli appalti, senza sussulti di innovazione. Le considerazioni che intendiamo porre all’attenzione dei lettori riguardano tutte le forze politiche presenti negli Organi di Roma Capitale. E quindi non riguardano “solo” la sindaca ma tutti i consiglieri e i sindaci dei Municipi di Roma.

Roma è una “grande burocrazia” strutturata in sistemi decisionali frammentati, pesanti, lunghi, costosi, pieni di andirivieni (gioco dell’oca) senza senso. Alla base di tutto la gestione nascosta, soffusa, silenziosa, delle “pratiche” (cioè fascicoli che contengono fogli, documenti, ecc.). Anche il bilancio è una pratica; anche le delibere sono delle pratiche e sono quindi decisioni sulle pratiche.

Ma dove è la strategia, la visione di una città nuova? Certamente non c’è una strategia se da oltre 20 anni Roma è “fuori” da qualsiasi fenomeno di innovazione:

  1. a) istituzionale (basta verificare lo statuto),
  2. b) politica (maggioranza ed opposizione si contrastano non per una strategia, perché manca ad entrambi, ma solo per le “pratiche” edilizie, dei servizi sociali, della minuzzaglia amministrativa, ecc.),
  3. c) organizzativa (modelli organizzativi dei dipartimenti e dei municipi ormai superati da anni, che incidono negativamente su eventuali processi innovativi),
  4. d) sociale (gli anziani, i bambini, i poveri, sono delle “pratiche” di assistenza e di finanziamento),
  5. e) per le infrastrutture di base (reti di comunicazione, di trasporto, di rifiuti, ecc. da programmare, gestire, monitorare),
  6. f) per le attività produttive (chi pensa a Roma per sviluppare una strategia del turismo, del sistema produttivo, dei servizi urbani, ecc.?; chi pensa a Roma come un sistema urbano che deve operare nella e per la società dell’informazione?).

Roma è sempre stata ed è un dossier di tanti “piccoli dossier” ovvero di tante piccole (o grandi) “pratiche” che vanno a comporre non una strategia ma una sommatoria di cose da fare. Cose da fare: come?

In modalità casareccia! Senza una linea di sviluppo, senza una visione, senza un modello di riferimento, con risorse volatilizzate. Roma, città senza coscienza civica e memoria storica. Se si leggono i programmi politici per le amministrative degli ultimi 20 anni possiamo rilevare una linea evolutiva verso programmi “patinati” (a volte scritti bene, ma al di fuori della realtà, ardimentosi, pieni di fantasia, con una lista interminabile di cose da fare, senza copertura finanziaria, senza cronoprogrammi).

Nella realtà (che è quella che conta) cosa è successo?

Delibere disseminate negli anni e nelle diverse sindacature esattamente senza visioni, senza strategia. E debiti per supportare decisioni imprecise, provvisorie, senza analisi dei bisogni e delle relative risorse.

Il tasso di managerialità degli amministratori pubblici di Roma Capitale

 

Quanti componenti del Consiglio (l’Organo istituzionale che comprende tutti gli eletti e che esprime quindi maggioranza ed opposizione) hanno una formazione ed una preparazione solida (sia pure di base) sul management di una organizzazione complessa (privata e/o pubblica)? Sulla programmazione e gestione delle risorse per il governo (umane, finanziarie, strumentali)? In tema di risorse finanziarie? sull’amministrazione semplificata, trasparente, digitale? sui servizi da erogare ai cittadini? in tema di controlli?

Di qui, la domanda di base: il sindaco ed i consiglieri (che sono eletti) devono “essere” manager o basta la investitura di “eletto” per essere manager (e quindi capaci a governare)?

Il management politico per il governo di Roma Capitale

 

In un mio articolo pubblicato su key4biz il 18 dicembre 2015 (Il sindaco di Roma Capitale nell’era digitale: politico e manager?) ponevo il problema: il sindaco deve essere “insieme” un politico ed un manager?

La conclusione del mio articolo è che il sindaco di Roma Capitale (come di qualsiasi grande città, ma anche di Comuni sopra i 10 mila abitanti) non può che operare secondo una “sintesi” tra la capacità politica e la preparazione di base di tipo manageriale moderna. Il sindaco come “e-leader”: un politico manager che opera sulla base di dati digitali accessibili, fruibili, sicuri che permettono chiare ed efficaci azioni di programmazione e di verifica sistematica sul programma e sui risultati, nell’ambito di un’amministrazione semplificata, trasparente, digitale.

Un sindaco solo politico o solo manager ha vita breve e contribuisce a creare danni rilevanti alla città sotto tutti i profili! Il solo fiuto politico o la sola preparazione manageriale certamente non contribuiscono ad un buon governo di Roma Capitale e della Città metropolitana. Come uscire allora da una gestione casareccia?

  1. Realizzando un modello istituzionale moderno di maggioranza/opposizione: entrambe le forze devono contribuire all’attuazione del programma della Giunta (nella dialettica e nella distinzione dei propri ruoli ma in termini “civili”, maturi, costruttivi, collaborativi).
  2. Il Sindaco e la Giunta devono definire un programma credibile, fattibile, certo nei tempi e nelle risorse, verificabile.
  3. Maggioranza ed opposizione devono definire un nuovo “canone” di dialettica con la dirigenza della città.
  4. E tutti (proprio tutti) devono definire ed attuare un nuovo modello di relazioni tra Organi amministrativo-politici e i cittadini e le imprese.

Il Sindaco, in particolare, deve svolgere il ruolo di attuatore del programma politico, di indirizzo ma anche di coordinamento non solo della Giunta ma anche del Consiglio al fine di contribuire allo sviluppo di questi nuovi modelli di relazione istituzionale ed operativa. Come? In modalità di trasparenza assoluta, di comunicazione sistematica e completa, di coinvolgimento critico e fattivo. I modelli istituzionali per definizione sono “modelli aperti”. E’ utopia? Importante provarci, iniziare! Non c’è altra soluzione se si vuole operare nell’interesse della Città.