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“Plasticosi”, la nuova malattia che uccide pesci e uccelli di tutto il mondo. La ricerca

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La plastica e i suoi microframmenti sono ovunque nel mondo, soprattutto in mari e oceani, con gravissime ripercussioni sugli ecosistemi e i loro abitanti. Scoperta una nuova malattia mortale legata all’effetto delle microplastiche sugli animali. Allarme per gli effetti negativi anche sull’uomo.

Scarica lo studio australiano “Plasticosis: Characterising macro- and microplastic-associated fibrosis in seabird tissues”

La plasticosi

La plastica, nei suoi frammenti più piccoli, le microplastiche, si insinua ovunque e con grande facilità è ingoiata da uccelli, pesci e altri animali terrestri, ma secondo un nuovo studio dell’Adrift Lab, struttura di ricerca internazionale con base in Tasmania (Australia), che studia l’inquinamento da plastica nei mari e gli oceani di tutto il mondo, proprio questo processo di inquinamento alimentare sta causando l’insorgenza di una nuova forma di malattia: la plasticosi.

In tutti gli oceani del mondo galleggiano 170 trilioni di frammenti di plastica. Piccolissimi pezzettini di questo materiale così diffuso sul pianeta che facilmente finiscono nello stomaco di tantissimi animali, che vivono in mare o nelle sue vicinanze e dal mare traggono nutrimento.

Uccelli e pesci in primis, ma anche altre specie che dalla terraferma spesso si avvicinano alle spiagge per fare spesa quotidiana di cibo. E qui si annida il problema.

Nel caso della plasticosi, ciò che si è osservato è piuttosto inquietante. Nel caso degli uccelli marini, quando mangiano plastica i loro tratti digestivi si infiammano fortemente e poi si cicatrizzano, favorendo l’attacco di diversi agenti patogeni, che poi sono la causa ultima della morte di questi animali.

Gli studiosi lanciano l’allarme sugli effetti distruttivi globali ed ecosistemici della plastica

Questo studio rappresenta di fatto un passaggio scientifico cruciale, nello studio degli effetti della plastica sugli esseri viventi, perché ne conferma il potenziale mortifero sugli animali che involontariamente se ne cibano. Di fatto, ora abbiamo una diagnosi più chiara.

Ora si dovrà passare dalla conferma degli effetti nocivi e mortiferi della plastica dal singolo animale alla specie. Cioè si deve cercare di dimostrare l’impatto che la plasticosi ha o può avere su un numero molto più grande di individui appartenenti ad uno stesso gruppo.

Fino ad oggi la scienza ha registrato una miriade di effetti negativi sulla salute degli animali, dai mammiferi agli uccelli, dai pesci agli invertebrati. I più comuni sono le infiammazioni a vari organi, la perdita di peso, cambiamenti nel comportamento, diminuzione della fame, riduzione della fertilità, squilibri chimici a livello fisiologico, fino ai casi di soffocamento o intossicazione mortale per ingestione diretta di pezzi di plastica più o meno grandi.

Gli effetti peggiori sulla salute di questi animali, però, rimane ad oggi sconosciuta. Il gruppo di studio di cui fa parte Matteo Savoca, ricercatore post dottorato alla Stanford University, segue un gruppo di balenottere che ogni giorno mangia enormi quantità di plancton e quindi di microplastiche, ma non si ha ancora un’idea chiara di quelle che saranno le conseguenze su questi splendidi animali.
Come spiegato sopra, di balene ad esempio trovate morte e con lo stomaco pieno di rifiuti di plastica ce ne sono stati tanti di casi, ma sempre classificati come decessi di singoli esemplari. Ora si cerca di capire se la plastica rappresenti un “pericolo mortale” per intere specie.

Paura anche per l’uomo

E lo stesso vale per l’uomo. Sappiamo che ingeriamo troppe microlpastiche ogni giorno, ma non sappiamo quali saranno gli effetti sul nostro organismo e sulla nostra salute. Abbiamo solo indizi e non sono rassicuranti.

La plasticosi è un terribile segnale di allarme. Al momento non si fa cenno agli effetti sull’uomo, ma anche per noi vale l’indicazione di allerta. L’accumulo di tessuto cicatriziale in eccesso porta a una ridotta funzionalità degli organi e può consentire agli agenti patogeni di colpire con più facilità e forza tali organi danneggiati. È quello che ad esempio accade ai fumatori accaniti e a chi fa abuso di alcolici per lungo tempo, con la comparsa di fibrosi rispettivamente nei polmoni e nel fegato.