Inquinamento

Plastica. Ripulire il grande vortice del Pacifico, ma lo stiamo facendo bene? (Video)

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Le tecnologie non mancano per la raccolta dei rifiuti di plastica nei mari e gli oceani, ma l’impatto sugli ecosistemi potrebbe essere estremamente negativo. Il caso di The Ocean Cleanup. Bisogna ridurre i consumi di plastica. Prevenire è sempre meglio che curare, vale anche per l’inquinamento.

La grande isola di plastica nel Pacifico e l’intervento di The Ocean Cleanup

Lo scorso anno l’organizzazione The Ocean Cleanup ha reso noto di aver raccolto in un’unica operazione più di 11 tonnellate di rifiuti di plastica all’interno del Great Pacific Garbage Patch (grande “isola” di rifiuti di plastica di varia grandezza, anche micro e nanoplastiche, che staziona più o meno al centro dell’Oceano Pacifico settentrionale, tra le Hawaii e la California).

La tecnologia utilizzata è semplice, quanto efficace: barriere galleggianti lunghe centinaia di metri (il modello System 03 raggiunge i 2,5 km) che sono in grado di ripulire dai frammenti di rifiuti più grandi un tratto di mare grande quanto un campo di calcio, in pochi secondi.

Impiegando anche soluzioni di intelligenza artificiale è possibile infine individuare le aree a maggiore densità di rifiuti di plastica (“plastic hotspot modeling”) per intervenire con operazioni di precisione.

Potenziale impatto negativo sugli ecosistemi marini

Secondo quanto riportato da onegreenplanet.org, però, da più parti si sollevano dubbi sulla sostenibilità ambientale di tale tecnologia. Durante la raccolta dei rifiuti, infatti, si rischia di portare via anche molta della vita marina che attorno a questi rifiuti si è sviluppata.

La cattura accidentale di pesci e altre forme di vita in mare è sempre possibile in questo modo, nonostante le imbarcazioni di The Ocean Cleanup si stiano attrezzando con nuove soluzioni in grado di ridurre l’impatto della raccolta dei rifiuti sull’ecosistema marino.

Ridurre sensibilmente la produzione di plastica è il primo vero passo per uscire dalla crisi ambientale cha abbiamo aperto

Forse la vera soluzione al problema dell’inquinamento marino da rifiuti di plastica è sempre una sola: più che riciclare, bisogna ridurre il consumo di questo materiale, fino al completo abbandono, almeno per l’uso che se ne fa a livello di consumi di massa.

Sappiamo intanto che gran parte di questi rifiuti arriva nei mari e gli oceani tramite i fiumi. La prevenzione in tal senso si presenta come un’ottima pratica, a cui deve seguire la bonifica dei corsi d’acqua di terra e delle coste.

Meglio pensarci per tempo, visto che, secondo le ultime stime del Global Plastics Outoook dell’OECD, entro il 2060 il consumo di plastica potrebbe triplicare rispetto ad oggi, passando dalle 460 milioni di tonnellate a 1,3 miliardi di tonnellate (nel 1950 si producevano a livello globale non più di 1,5 milioni di tonnellate di plastica).

Se vogliamo proteggere il nostro clima, la nostra biodiversità e la nostra salute, dobbiamo ridurre la produzione di plastica almeno del 75% entro il 2040. Questo almeno l’obiettivo delle Nazioni Unite, che lo scorso autunno si sono riunite a Nairobi, in Kenya, per affrontare il grave problema dei rifiuti di plastica. Ne sapremo di più in occasione del prossimo round in Canada.