L'indagine

Pasticcio all’italiana sui diritti TV del calcio, ora la parola è all’Antitrust

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La Lega Calcio ha dato formale assenso alla offerta della spagnola MediaPro, controllata da una cordata cinese, in un quadro che ha scontentato tutti, a partire dai broadcaster. L'Antitrust deciderà entro il 22 marzo dopo le verifiche del caso.

Nubi Antitrust sul calcio italiano, una vicenda che impone di andare oltre le apparenze.

La circostanza è nota, ma ha radici lontane, al di là del risultato e degli atti di indagine conseguenti. La partita dei diritti televisivi del calcio per le stagioni 2018-2021 è ferma allo scorso 5 febbraio, giorno in cui la Lega Calcio ha considerato congrua la proposta della società spagnola MediaPro (per un miliardo e cinquanta milioni di euro), un atto che anziché chiudere la partita ha fatto esplodere un caso non solo sotto il profilo delle verifiche Antitrust, ma anche delle relazioni tra CONI e Lega Calcio, dei rapporti di forza tra fazioni di squadre all’interno della Lega, infine dell’offerta di un servizio svolto o meno anche nell’interesse del consumatore italiano.

Che ci fosse qualcosa che rischiava di non essere cristallino era già apparso nelle prime battute.

A dicembre 2016, quindi prima del bando di gara, il Garante della concorrenza e del mercato aveva richiesto informazioni alla Lega Calcio sul numero e la tipologia dei pacchetti offerti al mercato, e sulle relative procedure di offerta, per verificare il rispetto delle norme concorrenziali: fu in sostanza richiesto un chiarimento sui criteri utilizzati per adottare pacchetti equilibrati tra loro. Successivamente, a gennaio 2017 l’Antitrust aveva segnalato alla Lega Calcio, presieduta con piglio da Tavecchio, la mancanza di dettagli importanti nella definizione dei pacchetti e delle regole di assegnazione, a partire dall’assenza delle indicazioni sui soggetti che potevano partecipare alla gara.

In quel caso la Lega specificò che l’invito alle offerte sarebbe stato presentato a marzo, senza però render note le modalità di commercializzazione dei pacchetti perché, spiegò la Lega Calcio, ciò avrebbe potuto compromettere il valore stesso dei diritti. I dettagli richiesti sarebbero stati forniti solo al momento dell’invio degli inviti. Ma per il Garante della concorrenza e del mercato risultavano carenti le indicazioni circa i soggetti che potevano partecipare alle procedure di assegnazione, il che rischiava di consentire ingiustificate discriminazioni, così come risultavano carenti le regole che consentivano una assegnazione dei diritti rispettosa fedelmente delle offerte presentate.

Oggi quelle circostanze appaiono come un monito inascoltato.

I diritti TV del calcio potrebbero andare definitivamente, salvo diverso parere dell’Antitrust, a MediaPro (1,54 Mld. di fatturato e 5.100 dipendenti, controllata dai cinesi attraverso il fondo Orient Hontai Capital e una cordata di imprenditori), in un quadro che ha però scontentato tutti. I broadcaster per primi, scalzati dalla società spagnola e considerati invece come destinatari naturali delle assegnazioni. Tuttavia, sin qui ancora nulla di anomalo, se la società spagnola svolgesse il ruolo di intermediario unico impegnato in una redistribuzione dei pacchetti, come previsto dalla legge Melandri-Gentiloni del 2008 che ha riformato il sistema di cessione dei diritti TV del calcio.

Ma così potrebbe non essere.

Sin dalle prime ore, lo scenario che ha preso forma (e al quale sembrerebbe aspirare MediaPro) potrebbe essere quello di un canale tematico ad hoc.

E con chi, eventualmente? Con la Lega medesima?

E chi si prenderà la briga di mettere in piedi ex-abrupto una infrastruttura distributiva?

Chi sarà disposto ad assumersi un rischio di impresa (così alto) che è tipico, in questo caso, dei broadcaster?

E poi, se tutto dovesse rimanere come ora, perché mai la Lega Calcio ha considerato più congrua l’offerta di MediaPro, società con un miliardo e mezzo di fatturato, preferendola ai broadcaster, due dei quali (Sky e Mediaset) da soli hanno un fatturato combinato di oltre il quadruplo rispetto a quello di MediaPro? Un dato non irrilevante, dal momento che l’assegnazione definitiva dei diritti dovrà attendere i fatidici 45 giorni necessari all’Antitrust e dopo 20 giorni da quella scadenza, se tutto fosse confermato, MediaPro dovrà produrre una fidejussione pari a oltre due volte il suo fatturato annuale.

Insomma, ci sono elementi a sufficienza per porsi più di una domanda.

Per queste ragioni l’Autorità presieduta da Giovanni Pitruzzella ha posto alla Lega Calcio 11 domande secche per verificare il rispetto delle regole della concorrenza nell’assegnazione dei diritti TV del calcio italiano.

11 domande che appureranno la struttura societaria di MediaPro, i rapporti con gli operatori di comunicazione, le modalità con cui MediaPro intende svolgere il proprio ruolo di intermediario, l’intenzione o meno di voler assumere ruoli propriamente editoriali, l’iscrizione o meno agli operatori di comunicazione e poco altro.

Come si vede, la preoccupazione dell’Antitrust è verificare da un lato in quale veste, ovvero se da intermediario o broadcaster, MediaPro (che in Spagna opera come broadcaster) si sia presentato alla gara e in quale veste intenda gestire i pacchetti acquisiti e, dall’altro, appurare se qualcuno stia progettando impropriamente di dar luogo ad attività editoriali con i contenuti dei pacchetti assegnati, aggirando di fatto quanto previsto dalle norme vigenti.

Ciò che serve ora è chiarire il quadro, appurare i ruoli, verificare se vi sia stata una violazione della legge Melandri-Gentiloni.

Ciò che potrebbe accadere, se i riscontri dell’Antitrust fossero positivi, è il blocco dell’assegnazione dei diritti TV del calcio e forse la pubblicazione di un nuovo bando, a meno che la Lega stessa non decida di attivare un proprio canale, nel qual caso sarebbero da verificare in dettaglio le modalità attraverso cui un inedito ruolo del genere venisse esercitato.

L’Autorità guidata da Giovanni Pitruzzella ha in mano una decisione importante che riguarda molti aspetti, dalla correttezza di esecuzione di un bando di gara così importante alla stessa sostenibilità del sistema di riferimento, una decisione che richiede tutta la sapienza regolatoria che contraddistingue da sempre l’operato dell’Autorità.