Osservatorio ICT

PA digitale, spesa IT a tre velocità. Obiettivo 800 milioni di risparmi in tre anni

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Presentato oggi a Roma il 3° Osservatorio ICT nella Pubblica Amministrazione realizzato da Assinform con Net Consulting cube e Netics. La spesa torna a crescere dello 0,5% nel 2015, ma troppo poco per ridare fiato agli investimenti.

C’è una PA digitale a tre velocità in Italia, dove nel 2015 la spesa ICT (informatica e telecomunicazioni) è cresciuta nella PA centrale ma è invece calata nelle Regioni ed è diminuita sensibilmente a livello di Comuni. Questa la fotografia scattata dal “3° Osservatorio ICT nella Pubblica Amministrazione 2016”, realizzato da Assinform con NetConsulting cube e Osservatorio Netics in collaborazione con Agid e con il sostegno di Consip, InfoCamere, Poste Italiane e TIM.

La ripresa c’è, ma è debole, troppo poco per ridare fiato agli investimenti. I grandi progetti come Spid, Anagrafe Unica della Popolazione Residente, Pago PA, CIE devono ancora entrare nel vivo e si attende la formalizzazione del piano triennale dell’Agid, che anticipa però l’obiettivo di 800 milioni di risparmi nel triennio 2016-2018 aggredendo la spesa corrente, troppo alta, pari a 1,7 miliardi all’anno, per dirottare le somme tagliate sugli investimenti.

Osservatorio pa presentazione slideshare

I numeri

 

Nel 2015 la spesa ICT complessiva (informatica e telecomunicazioni) della PA in tutte le sue componenti è pari a 5.571 milioni di euro, in lieve ripresa dello 0,5% rispetto all’anno precedente, dopo anni di calo costante (-3,6% nel 2012, -2,7% nel 2013 e -1,7% nel 2014). Delle due componenti, a trainare la spesa è stata l’informatica (2.456 milioni, +1,6%) mentre le telecomunicazioni hanno segnato il passo con una flessione dell’1,2% a causa del calo tendenziale delle tariffe, al ricorso a tecnologie Voip, alla maggiore incidenza delle nuove procedure di acquisto.

“Nel 2015 c’è stato un primo passo, ma timido in rapporto ai fabbisogni e ai benefici che l’innovazione può apportare nelle città, nei comuni, ne sud – ha detto Agostino Santoni, presidente Assinform – occorre accelerare concentrandosi sulle componenti del Piano per la Crescita Digitale a maggiore impatto: rapida diffusione dello Spid, sviluppo di altre piattaforme digitali a partire da cultura e turismo, razionalizzazione dei Data center (ce ne sono 11 mila nel paese) e cloud”.

“In cinque anni si sono persi 400 milioni di spesa, in particolare negli investimenti – fa notare Giancarlo Capitani, Amministratore delegato NetConsulting cube – a causa soprattutto di politiche di spending review e patti di stabilità a livello locale ma anche per la maggior efficienza derivante da approvigionamenti centralizzati da Consip. La spesa riprende a crescere invece nella PA centrale”.

 

Trainano Sanità e Scuola, PA locale al palo

L’inversione del trend di spesa nel 2015 è dovuto in particolare alla sanità (1.163 milioni, in aumento del 2,8%), la Scuola e l’Università (358 milioni, +2,5%), la PA Centrale (2.625 milioni, +0,2%) ma non le Regioni (730 milioni esclusa la Sanità, in calo dello 0,5%) e maglia nera le amministrazioni locali (Comuni, Province e Comunità montane, 695 milioni in flessione dell’1,9%).

Spending review: 800 milioni di risparmi in tre anni

La Legge di Stabilità dice che bisogna fare tagli di spesa ICT del 50%, che andranno poi reindirizzati verso la voce investimenti – dice Antonio Samaritani, Direttore Generale dell’Agid – per quanto riguarda il Piano triennale, ci stiamo lavorando e abbiamo incontrato Consip, Sogei e abbiamo così terminato gli incontri con la PA centrale. Ora stiamo incontrando le PA locali. E’ un lavoro di comprensione reciproca per comprendere le priorità”.

La spesa corrente da aggredire è pari a 1,7 miliardi di euro, l’obiettivo è arrivare a 800 milioni di risparmi nel triennio 2016-2018 dirottando il resto sulla voce investimenti. Per Samaritani, “L’adesione delle PA locali alle piattaforme centrali (Spid, Pago PA, NoiPA, ComproPA, ANPR) vale almeno 400 milioni. Se una singola amministrazione si aggancia ha già fatto il suo in termini di risparmi”.

Il piano sarà operativo dal 2017 e dovrà essere presentato entro metà agosto, quando Diego Piacentini prenderà posto a Palazzo Chigi come commissario al digitale.

C’è da dire che mentre la fatturazione elettronica ha raggiunto l’85,3% delle fatture ricevute, a fine 2015 PagoPA risultava usato soltanto dal 17,1% dei Comuni con oltre 60 mila abitanti, che dovrebbero raggiungere il 54% per rispettare la tabella di marcia dell’Agid. Fra i Comuni con oltre 60 mila abitanti soltanto il 20,5% ha servizi online conformi all’utilizzo di Spid e il 64% siti predisposti per una qualsiasi forma di pagamenti elettronici. I servizi per i cittadini restano minoritari, eccezion fatta per il download di modulistica e l’avvio di procedure da completare allo sportello.

 

Spesa corrente troppo alta  

 

Soffre la spesa per investimenti, scesa nel 2015 a 662 milioni (-0,7%) nella PA centrale, a 97,5 milioni nella PA locale (-2,9%) e in aumento nella scuola a 158 milioni (+7,2%) e nella Sanità (424 milioni).

“C’è ancora molto da fare nel processo di digitalizzazione della PA, eppure qualcosa si sta muovendo – dice l’onorevole Paolo Coppola Credo che uno dei grandi problemi da colmare sia la mancanza di una rilevazione qualitativa dei servizi della PA, per capire il gradimento dei cittadini verso i servizi”.

Regioni e Sanità

La spesa ICT nelle Regioni (esclusa la Sanità) ha perso il 6% in 10 anni, attestandosi a 730 milioni di euro nel 2015 “anche per la perdita di fondi con l’esaurimento del piano nazionale eGovernment a partire dal 2009 – dice Paolo Colli Franzone, Direttore di Netics – sono poche le regioni con un budget superiore a 50 milioni”.

La spesa IT nella Sanità pubblica è tornata a crescere nel 2015 a 1.162 milioni di euro, in aumento del 2,8%. Ma prendendo come parametro la spesa IT nella Sanità (pubblica e privata) del 2014, pari a 1.534 milioni di euro, emerge che si tratta di 25 euro per abitante, pari alla metà della media dei paesi OCSE. Per quanto riguarda i progetti digitali, ad esempio il Fascicolo sanitario elettronico procede ma in ordine sparso, con 16-18 fascicoli diversi fra loro. Nel 2015 risultava attivo soltanto in tre regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Toscana) e nella Provincia autonoma di Trento e in sperimentazione in altre sei. Oggi è operativo in sette regioni (Puglia, Sardegna, Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Valle d’Aosta, Trentino) e in fase di implementazione in 10 regioni (Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Abruzzo, Basilicata).