La lettera

Larry Fink (BlackRock): “Le prossime 1.000 imprese unicorno non saranno motori di ricerca o social, ma startup per la decarbonizzazione”

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Nella Lettera annuale agli stakeholders, il CEO di BlackRock ha parlato di capitalismo della sostenibilità e di 4 trilioni di dollari di investimenti green, che possono essere incrementati con più decisione nella decarbonizzazione, ma serve che la politica sia capace di fare da guida. L’affermazione dello “stakeholder capitalism”.

La Lettera agli azionisti su capitale e sostenibilità

La transizione verso un mondo più pulito e più giusto sarà realizzabile a pieno solo ed unicamente se anche le imprese prenderanno parte al grande cambiamento storico in corso.  Non è un processo esclusivamente “top down”, ma necessariamente e nella stessa misura anche “bottom up.

Oggi c’è un gran volume di risorse finanziarie a disposizione di chiunque abbia un’idea da far fruttare. Attualmente, le attività finanziarie globali ammontano in totale a 400 trilioni di dollari.

Questo significa che quasi ogni settore può contare su un elevato numero di startup dirompenti che aumentano di molto il livello di competitività del mercato. Le imprese consolidate dovranno quindi comprendere maggiormente quello che è il contesto di riferimento e il ruolo chiave della diversificazione delle fonti di capitale.

Rischio climatico e rischio di investimento

I mercati dei capitali hanno permesso alle imprese e alle nazioni di prosperare. Ma l’accesso al capitale non è un diritto. È un privilegio. E il dovere di attirare quel capitale in modo responsabile e sostenibile spetta a voi”, ha scritto il CEO e fondatore di BlackRock, Larry Fink, nella “Lettera annuale” agli stakeholders.

È per questo che, secondo l’amministratore delegato della più grande società di investimento nel mondo con sede a New York, con in gestione un patrimonio totale di oltre 10 000 miliardi di dollari, di cui un terzo in Europa, “poche cose avranno un impatto sulle decisioni di allocazione del capitale – e, dunque, sul valore a lungo termine della vostra azienda – più di quanto lo avrà l’efficacia con cui gestirete la transizione energetica globale nei prossimi anni”.

Siamo quindi al capitalismo della sostenibilità, quello che si basa sull’idea sostanziale che “il rischio climatico è un rischio di investimento”.

4 trilioni di dollari di investimenti green nel mondo

Da quanto è iniziato il percorso mondiale di trasformazione digitale e di transizione ecologica, si è assistito un po’ ovunque ad uno spostamento epocale di capitale: “Gli investimenti sostenibili hanno ormai raggiunto i 4 trilioni di dollari”, si legge nella Lettera.

Questo è solo l’inizio, ha sottolineato Fink, perchè “il massiccio spostamento verso gli investimenti sostenibili è ancora in fase di accelerazione”.

Che si tratti di capitale che viene convogliato in nuove imprese incentrate sull’innovazione energetica, o di capitale che si trasferisce dagli indici tradizionali verso portafogli e prodotti più personalizzati, assisteremo a una maggiore mobilità del denaro”, ha spiegato il numero uno della BlackRock.

A causa della decarbonizzazione, ogni impresa e settore ne usciranno profondamente innovati e trasformati. I nuovi posti di lavoro che si creeranno e le nuove professionalità non faranno altro che innovare ulteriormente l’industria e il modo di lavorare nelle aziende.

Nuove imprese, nuove competenze, nuove professioni

Le prossime 1.000 imprese unicorno non saranno motori di ricerca o social media, bensì innovatori sostenibili e scalabili; startup che aiutano il mondo a decarbonizzarsi e rendono la transizione energetica accessibile a tutti i consumatori”, ha affermato Fink.

Ingegneri e scienziati stanno studiando incessantemente come decarbonizzare il cemento, l’acciaio e la plastica; le spedizioni, il trasporto su gomma e l’aviazione; l’agricoltura, l’energia e l’edilizia: “Ritengo che la decarbonizzazione dell’economia globale stia per creare la più grande opportunità di investimento della nostra vita – ha continuato Fink – e le imprese incapaci di adattarsi, indipendentemente dal settore in cui operano, rimarranno indietro”.

Una transizione ecologica meno costosa

Fondamentale è certamente favorire l’accesso anche dei consumatori a questo nuovo mondo a zero emissioni. Ad oggi questo sta già accadendo, ma il prezzo finale di molti beni e servizi “ad alto tasso di decarbonizzazione” è più alto di prima.

Abbattere questo sovrapprezzo sarà essenziale per la riuscita della transizione ecologica. Come saranno essenziali la diversificazione delle fonti energetiche, tendenzialmente tutte più green, la ricerca di nuovi materiali, l’ottimizzazione delle risorse, il controllo dei prezzi, il contrasto ai cambiamenti climatici e la capacità di gestire le crisi economiche, sociali, ambientali, militari e legate alle risorse naturali, tra cui certamente l’acqua e il cibo.

Un’etica per il capitale sostenibile

Ecco perché si attende l’emersione sulla scena mondiale di un vero capitalismo sostenibile e non solo della sostenibilità. Fink non lo dice direttamente nella Lettera, ma è chiaro che ad un certo punto, in una fase come questa di forte integrazione di azione del capitale e di Governo per risolvere i problemi che abbiamo di fronte, c’è bisogno non solo di risorse finanziarie sempre disponibili, ma anche di un’etica, di una visione d’insieme che sia il più possibile condivisa tra tutti gli attori in campo, tra cui noi comuni cittadini.

Ovviamente, qui, per capitalismo sostenibile, parliamo di “stakeholder capitalism”, cioè di un capitalismo attento agli interessi di tutti, non solo agli azionisti o ai profitti, dove la sfida del clima, la scarsità delle risorse, i diritti umani, la parità di genere, la questione delle disuguaglianze, sono diventati temi centrali nelle agende di chi guida le imprese e sempre più spesso oggetto di dibattito nelle business school internazionali.

Disastri ambientali e nuova economia

Tra questi problemi ci sono anche i disastri naturali e climatici, con i loro pesanti risvolti umani e sociali, che richiedono grande mobilitazione di risorse che i capitali possono attivare rapidamente, se esistono le condizioni.

Quando sfruttiamo il potere del settore pubblico e di quello privato, possiamo ottenere cose davvero incredibili. Questo è ciò che dobbiamo fare per arrivare ad un’economia a zero emissioni”, ha scritto Fink.

Come ha ben spiegato Francesco Perrini, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università Bocconi, in un bell’articolo pubblicato su e&mplus: “La creazione di valore condiviso si focalizza sull’identificazione e sull’espansione delle connessioni tra progresso economico e sociale. Si deve lavorare al rilancio della comunità e delle finalità dell’impresa nella prospettiva di sostenibilità, riagganciando la finanza all’economia reale e sviluppando nuove eccellenze manageriali in grado di coniugare in modo olistico la crescita aziendale con le preoccupazioni sociali e ambientali, integrando la sostenibilità nelle logiche di governance e nei processi di innovazione tecnologia e di design dei prodotti, nei business model e nelle filiere, favorendo sia lo sviluppo di imprese eccellenti sostenibili, sia un’economia sempre più circolare, e, in definitiva, auspicando una più ampia affermazione dello stakeholder capitalism“.

Aggiungendo infine che la guerra in corso in Ucraina renderà questo percorso di crescita e cambiamento globali più difficile del previsto. Da una parte ci sarà la corsa alle fonti energetiche rinnovabili e in generale a basso impatto ambientale, anche per diversificare la massimo gli approvvigionamenti energetici, ma allo stesso tempo ci sarà più bisogno di tecnologie efficaci in tal senso, che a loro volta imporranno problemi di dipendenza dalle materie prime forse come mai prima d’ora abbiamo sperimentato.