Ddl Concorrenza

La pubblicità occulta sui social entra nel Ddl Concorrenza. (Una battaglia di Key4biz)

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La nostra inchiesta sulla pubblicità occulta sui social trova riscontro nel disegno di legge Concorrenza, che ha ottenuto l’ok della Camera e ora passa al Senato. Nello specifico con l’ordine del giorno presentato da Sergio Boccadutri (PD) si impegna il Governo a dire basta ai selfie con pubblicità occulta.

È giunta fino in Parlamento la nostra inchiesta che ha messo a nudo la pubblicità occulta sui social network (Sembrano selfie, ma è pubblicità camuffata: 7 casi scovati sui social). In particolare la Camera dei Deputati, dando l’ok al disegno di legge Concorrenza, ha anche votato l’ordine del giorno presentato da Sergio Boccadutri (PD) che impegna il Governo a intervenire a livello legislativo “affinché l’attività dei web influencer sia regolata, permettendo ai consumatori di identificare in modo univoco i contenuti online i sponsorizzati”. In sostanza finalmente si vuole porre un freno al dilagante fenomeno del product placement non dichiarato da Vip, YouTuber, fashion blogger e influencer quando si scattano un selfie “in compagnia” di un prodotto brandizzato.

L’Unione Nazionale dei Consumatori ha espresso apprezzamento per lo stop ai selfie con pubblicità occulta votato dalla Camera perché nei mesi scorsi ha presentato un esposto all’Antitrust e ha chiesto l’intervento anche dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. “Il nostro obiettivo è avere regole chiare che, accanto ad ogni foto sponsorizzata, compaia sempre una didascalia che informi correttamente del carattere promozionale del messaggio”, ha dichiarato Massimiliano Dona, presidente dell’associazione.

Selfie spot non dichiarato. Cosa cambierà

 

Quando il disegno di legge Concorrenza sarà approvato dal Parlamento allora il Governo avrà il compito di normare la pubblicità sui social network così come è regolamentata sugli altri mezzi di comunicazione e informazione. Nell’Ordine del giorno presentato dall’onorevole Boccadutri si impegna l’esecutivo ad applicare le stesse regole indicate negli Stati Uniti dalla Federal Trade Commission quando ha richiamato la Warners Bros proprio sul fenomeno dei contenuti sponsorizzati non in modo chiaro ed evidente. Le 7 regole USA sono state replicate da Boccadutri. Ecco quali sono:

  1. La dicitura “sponsorizzato” deve essere chiara, facilmente visibile e comprensibile dai consumatori.
  2. L’indicazione del contenuto sponsorizzato deve avvenire in due modi: jingle o etichetta.
  3. L’etichetta “sponsorizzato” deve essere ben distinguibile e non inserita vicino a loghi o altri elementi visivi in modo da creare confusione.
  4. L’etichetta deve essere inserita anche in streaming video e deve essere facilmente visibile e udibile.
  5. L’etichetta deve essere presente in qualsiasi comunicazione pubblicitaria su Internet e non può essere cancellata.
  6. La dicitura deve essere scritta nella lingua dei consumatori-target e in tutte le altre lingue dei Paesi in cui la campagna social è veicolata.
  7. La comunicazione deve essere conforme ai requisiti in ogni mezzo di fruizione.

I selfie spot salgono sul treno del Ddl Concorrenza ancora non approvato

Dunque lo stop definitivo alla pubblicità camuffata avverrà solo con l’approvazione definitiva del Ddl Concorrenza, il cui iter parlamentare è simile a una soap opera. Infatti il disegno di legge, dopo 2 anni e mezzo, è ancora al vaglio del Parlamento, perché di recente sono state aggiunte delle modifiche su energia, assicurazioni, odontoiatri e telemarketing. Su quest’ultimo tema il Garante della Privacy, Antonello Soro, era saltato sulla sedia lanciando l’allarme telemarketing selvaggio. Era il 4 maggio e Soro aveva dichiarato con sconcerto che la norma “elimina il requisito del consenso preventivo per le chiamate promozionali, ‘liberalizzando’ il fenomeno del telemarketing selvaggio”. Fortunatamente, il comma ora è stato soppresso perché stabiliva che l’operatore potesse chiamare chiunque e chiedere il consenso alla chiamata commerciale solo in diretta, ossia durante la conversazione, senza tener conto del consenso preventivo dell’abbonato e quindi della conferma implicita del diritto di prima chiamata.

Per approfondire la nostra inchiesta: