Le reazioni

Internet Services Act, le nuove regole dividono i GAFA

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Non tutte le Big Tech sono contrarie alla proposta normativa avanzata dalla Commissione Ue per i servizi e mercati digitali. Ma chi sono i gatekeepers oggetto delle nuove norme?

Le nuove regole proposte dalla Commissione Ue per normare i servizi e i mercati online (Digital Services Act e Digital Markets Act) sono ancora lontane dall’entrare in vigore. Ci vorranno ancora mesi di discussioni per trovare il via libera dei 27 Stati membri e poi dell’Europarlamento, ma orami il dado è tratto. Un primo effetto delle nuove regole, che propongono sanzioni fino al 6% del giro d’affari per la mancata rimozione di contenuti illegali in tempi stretti e del 10% per il perdurare di abusi di posizione dominante, è stato quello di rompere il fronte comune delle Big Tech americane. Se da un lato la maggior parte dei GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple), giganti della rete, vede come il fumo negli occhi la stretta europea (Google si dice preoccupata), l’eccezione alla regola è rappresentata da Facebook.

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Facebook contro Apple, favorevole alle nuove regole Ue

Ieri Facebook ha di fatto dato la sua benedizione al nuovo pacchetto normativo della Ue, che va nella giusta direzione “per preservare ciò che è buono su internet” e “ci rallegriamo per l’armonizzazione delle regole europee sui contenuti online illegali”, ha commentato Facebook.

E soprattutto il social network di Mark Zuckerberg spera che il Digital Markets Act possa mettere la museruola alla concorrente Apple. “Speriamo che il Digital Markets Act fissi dei limiti per Apple. “Apple controlla tutto un ecosistema, dal dispositivo alla app store passando per le applicazioni, e sfrutta questo potere per nuocere agli sviluppatori e ai consumatori, così come alle grandi piattaforme come Facebook”, ha detto un portavoce di Facebook.

Facebook si è già associata ai ricorsi avanzati da diversi sviluppatori di app, come Sportify e Fortnite, per protestare contro le restrizioni imposte da Apple per essere ammessi sull’App Store.  

Regole Ue standard de facto come il GDPR?

Una normativa paneuropea potrebbe quindi trasformarsi in uno standard internazionale de facto in materia di regolazione digitale, sulla falsariga di quanto già avvenuto per il GDPR nel campo della data protection. Di certo, si giungerebbe ad un quadro regolatorio più chiaro che darebbe maggiori garanzie anche alle tech company, pur prevedendo in ultima istanza l’ipotesi più estrema di separazione strutturale in caso di violazioni reiterate delle norme antitrust.

Matteo Colombo (Asso DPO): “Dalla Commissione Ue un modello di normativa sull’eCommerce per tutto il mondo, come fatto con il GDPR”

Il Digital Markets Act è una proposta di Regolamento per riformare il commercio elettronico, ormai disciplinato dalla direttiva del 2000/31. L’obiettivo della Commissione europea è normare l’eCommerce ed indicare il modello di legislazione per il commercio elettronico anche al resto del mondo, come è avvenuto con il GDPR per la protezione dei dati”, ha spiegato Matteo Colombo, presidente di Asso DPO (Associazione Data Protection Officer). 

“La Commissione Ue vuole cambiare le regole dell’eCommerce per rendere il mercato più equo e non più un luogo per fare razzia dei dati degli utenti-consumatori. Tra le nuove regole”, continua Colombo, “il divieto di profilare e bersagliare con pubblicità mirate il consumatore online di una piattaforma di eCommerce, senza il consenso esplicito. Sarà introdotto il diritto all’anonimizzazione, in modo tale che sia l’utente a cercare il prodotto e non quest’ultimo continuamente proposto anche su altri siti web, che si navigano dopo essere stati su quelli di eCommerce”. 

“Infine”, ha concluso Matteo Colombo, presidente di Asso DPO, “sarà equiparato il commercio online con quello nei negozi fisici, e le piattaforme online di eCommerce dovranno verificare le credenziali dei fornitori attraverso il principio del ‘KYBC’, il Know Your Business Customer, che consentirebbe di contrastare il commercio illegale sul web e pratiche di anonimato: per cui più vantaggi ai consumatori online”.

Quali sono i gatekeeprs?

Ma quali sono i “gatekeepers” interessati alle nuove norme allo studio? La Commissione non lo dice apertamente, ma tenendo conto delle dimensioni (più di 45 milioni di membri) e degli altri criteri citati si può ragionevolmente ritenere che si stia parlando di Google (920 miliardi di euro il suo valore di Borsa); Apple (1.650 miliardi di euro); Amazon (1.300 miliardi); Facebook (640 miliardi).

Google, per fare un esempio, è attiva in diversi segmenti del mercato digitale. Detiene un sistema operativo (Android), è un attore di primo piano nel mercato pubblicitario (AdSense); detiene una piattaforma video (YouTube) e un motore di ricerca (Google); vende servizi di cloud computing (Google Cloud).

Definizione di gatekeepers

Un gatekeeper opera nel settore dei motori di ricerca, della pubblicità digitale, della condivisione di video, nel cloud computing, oppure è un intermediario di servizi. Il suo giro d’affari annuo nella Ue ha raggiunto nel corso degli ultimi tre anni i 6,5 miliardi di euro. Un altro criterio, è il valore di borsa che deve superare 65 miliardi di euro negli ultimi 12 mesi operando in almeno tre Stati dell’Unione. Il gatekeeper conta almeno 45 milioni di utenti mensili in Europa, pari a più del 10% della popolazione del Vecchio Continente, oppure 10mila aziende clienti basate in Europa.