Key4biz

In ritardo la riforma del Tax Credit Cinema e Audiovisivo, ma anche i decreti per le Industrie Culturali e Creative

Quest’edizione odierna della rubrica “ilprincipenudo” che l’Istituto italiano per l’Industria Culturale IsICult cura per il quotidiano online “Key4biz” focalizza l’attenzione su una notizia che riteniamo meriti maggiore attenzione di quella che hanno finora riscontrato.

Soltanto il quotidiano “Il Sole 24 Ore” ha denunciato ieri il notevole ritardo nella pubblicazione dei decreti relativi ad alcuni articoli della “Legge sul Made in Italy”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale a fine dicembre 2023, che riguardano le imprese culturali e creative (si tratta del Ddl “Made in Italy” convertito nella Legge 27 dicembre 2023 n.206, recante “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy”, pubblicato in Gazzetta il 27 dicembre 2023).

Segnaliamo la notizia perché questa volta non sono gli eterodossi ricercatori di IsICult a “lamentare” un ritardo nella gestazione di atti di regolamentazione (pensiamo alla vicenda dei decreti di rimodulazione del “tax credit” cinematografico, sui quali martelliamo da mesi… per non dire del riparto dei 700 milioni di euro del Fondo Cinema e Audiovisivo per il 2024… di cui ieri abbiamo anticipato qualche dato in anteprima…), bensì anche gli esimi colleghi del quotidiano della Confindustria a… lamentarsi.

È così intitolato l’articolo a firma di Giuseppe Cosenza sulla versione web de “Il Sole” di ieri martedì 9: “Legge Made in Italy. In arrivo i decreti attuativi per le imprese culturali e creative, nessuna bozza in vista”.

Va segnalato (apprezzato) che Cosenza è il quasi unico giornalista italiano che – insieme a chi redige queste noterelle – segue con attenzione questa vicenda (si segnala anche il suo articolo del 7 febbraio 2024, “Il Ministero della Cultura incontra le imprese culturali e creative”).

Viene precisato che i decreti debbono essere adottati entro l’11 aprile (che sarebbe domani!), ma non è ancora stato inviato alcun documento ai rappresentanti di settore, nonostante la promessa del Ministro di un “percorso partecipativo”…

A questa vicenda abbiamo dedicato particolare attenzione sulle colonne di “Key4biz”: si rimanda all’intervento dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale del 1° agosto 2023, “Made in Italy, nel disegno di legge governativo un set di norme anche a favore delle ‘imprese culturali e creative’” ed al più recente articolo del 7 febbraio 2024, “Industrie culturali e creative, fondo di 30 milioni in 10 anni grazie alla ‘Legge sul Made in Italy’”.

Abbiamo apprezzato lo sforzo messo in atto dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni sul fronte delle “imprese culturali e creative” (tante volte su queste colonne abbiamo enfatizzato l’importanza del piano di investimenti con fondi Pnrr da 155 milioni di euro per la transizione digitale e verde della filiera, con i cosiddetti bandi “Tocc” acronimo che sta per “Transizione Organismi Culturali e Creativi”), ma abbiamo al contempo identificato alcune criticità che non ci sembra siano state adeguatamente affrontate… tra silenzi e ritardi.

In attesa dei decreti attuativi per le “Imprese Culturali e Creative” previsti dalla Legge per il Made in Italy n. 206 (del 27 dicembre 2023): per 3 di essi il termine scade domani 11 aprile 2024

Si tratta dei decreti attuativi riguardanti le “Imprese Culturali e Creative” previsti negli articoli 25, 26, 27, 29 e 30 della cosiddetta “legge per il Made in Italy” del 27 dicembre 2023, n. 206, entrata in vigore l’11 gennaio scorso.

I decreti più urgenti sono quelli previsti dall’articolo 25, di definizione e qualifica della nozione di “impresa”, dall’art. 26 di istituzione e iscrizione all’“albo di interesse nazionale” e dall’art. 27 di istituzione di un repertorio delle opere dei creatori digitali nel registro pubblico generale delle opere protette.

Cosenza scrive che potrebbero slittare, per ora, i decreti relativi al “contributo” ed al “Piano nazionale strategico”, rispettivamente previsti dagli articoli 29 e 30.

Il 4 marzo scorso, presso la sede del Ministero Cultura in via del Collegio Romano si è tenuta una riunione tra lo staff del Sottosegretario Lucia Borgonzoni (Lega Salvini), la Direzione Generale Creatività Contemporanea alias Dgcc (guidata da Angelo Piero Cappello) ed alcuni esperti del mondo culturale e creativo e l’Istat.

Questo incontro – che non ha avuto alcuna pubblicità – ha fatto seguito all’“audizione collettiva” del 6 febbraio, in occasione della quale il Ministero, insieme a partner istituzionali ed a una eletta schiera di operatori del settore (con un qualche dubbio sulla loro rappresentatività: molti soggetti importanti non sono stati né invitati né coinvolti), ha dato il via a quel che doveva essere un “percorso partecipato” di scrittura di decreti.

Il Ministero attendeva delle proposte da parte degli operatori culturali, articolo per articolo, entro il 19 febbraio.

Questi documenti, che pure sono pervenuti al Collegio Romano, non sono stati condivisi pubblicamente: perché non sono stati messi a disposizione dell’intera comunità degli operatori, come si dovrebbe in una procedura trasparente di condivisione?!

Era poi stata prospettata – dalla senatrice leghista Lucia Borgonzoni – una sorta di “milestone” per il 18 marzo 2024, la data entro cui era previsto l’invio delle bozze dei decreti ai soggetti interessati (e meglio sarebbe stato – in verità – prospettare la pubblicazione online di tutti i materiali, se si crede realmente nella “condivisione”).

La Sottosegretaria, in occasione dell’incontro al Collegio Romano, utilizzò espressioni discretamente enfatiche: “l’incontro di oggi rappresenta un momento storico per le imprese culturali e creative”. Retorica a parte, si leggeva nel comunicato diramato dall’Ufficio Stampa della Sottosegretaria a conclusione della riunione del 6 febbraio 2024:

“La parte della Legge sul Made in Italy che riguarda il Ministero della Cultura e per cui sono previsti i decreti attuativi sono:

Bozze non pervenute… Scrive “Il Sole 24 Ore” tra silenzi e ritardi…

Scrive Cosenza: “allo stato attuale e a pochi giorni dalla scadenza del termine fissato dalla legge nessun rappresentante di categoria o esperto ha ricevuto i documenti promessi dal Ministero”.

Va segnalato che, sulla specifica questione, c’erano (e ci sono) ancora diverse questioni da affrontare, tra le quali l’evidente insufficienza del fondo messo a disposizione (che ha quasi quasi un carattere più simbolico che operativo, data la ridicola entità) che è soltanto di 3 milioni di euro all’anno (per 10 anni)… l’estensione dello strumento dell’Art Bonus… l’abbassamento dell’Iva al 5,5 % nelle transazioni di acquisto di opere d’arte per le gallerie, gli artisti e i musei, l’acquisizione della qualifica di “Impresa Culturale e Creativa” (e quindi cosa si intenda per attività svolta “in via prevalente”)…

Continua “Il Sole”, non privo di “vis polemica” (per quanto moderata assai, come è nello stile della testata): “un altro punto fondamentale è quello di prevedere un documento che descriva l’impatto sociale e culturale atteso o prodotto, e che attesti lo svolgimento esclusivo o prevalente delle attività culturali e, dunque, la sussistenza del requisito necessario per il mantenimento della qualifica di Icc per l’iscrizione ai due Albi (Cciaa e Mic). Aggiungiamo noi che la procedura di doppia iscrizione andrebbe semplificata per ridurre al minimo la burocrazia”.

L’espressione… “impatto sociale e culturale” ci ricorda un altro mistero ministeriale, ovvero la “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo, prevista dalla Legge Franceschini del 2016, che la Dgca ha trasmesso al Gabinetto del Ministro Gennaro Sangiuliano, ma che non è ancora pervenuta a Montecitorio ed a Palazzo Madama… E si tratta della “valutazione” – si noti bene – relativa all’anno 2022 (duemilaventidue), perché il bando relativo all’affidamento della ricerca per l’anno 2023 (sic) sembra essere stato congelato (si rimanda a “Key4biz” del 1° marzo 2024, “La misteriosa ‘valutazione di impatto’ sulla Legge Cinema e Audiovisivo”).

L’attesa e il silenzio caratterizzano sia il settore cinema e audiovisivo sia l’insieme delle imprese culturali e creative. E qualcuno si ricorda delle decine di migliaia di “associazioni culturali”?

Si legge ancora sul “Il Sole” di ieri: “dal Ministero della Cultura c’è il massimo riserbo al riguardo e i motivi di questo silenzio non sono chiari, specie dopo che il ministro Gennaro Sangiuliano aveva promosso il percorso partecipativo e assicurato l’invio delle bozze in largo anticipo”.

E si conclude con “possiamo presumere che l’imminente tornata elettorale e gli equilibri interni alla maggioranza abbiano indotto il Mic ad avere un atteggiamento più cauto. Tra gli operatori l’aspettativa sui decreti è alta, in quanto la normativa è destinata a rappresentare il riferimento principale per tutto il comparto e quindi la speranza è che le richieste fatte dai rappresentanti di categoria non vengano disattese”.

Potremmo anche aggiungere che tutte queste iniziative dovrebbero essere impostate con una logica “di sistema”: per esempio, qualcuno si è posto il problema delle “associazioni culturali”, che svolgono spesso anch’esse attività tipiche delle “imprese culturali e creative”, e che sono ancora sospese in un limbo, dato che la riforma del Terzo Settore non ha previsto le chance di loro iscrizione nel mitico Runts Registro Unico Nazionale degli Enti del Terzo Settore (gestito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali)?!

E le “associazioni culturali” non possono nemmeno iscriversi al “normale” Registro delle Imprese gestito dalle Camere di Commercio (Cciaa)…

Ha coscienza il Ministero che le “associazioni culturali” – che sono in Italia decine e decine di migliaia e svolgono un’attività preziosa anche dal punto di vista sociale – sono costrette a “trasformarsi” in “associazioni di promozione sociale” alias “aps” (se non addirittura, in taluni casi, in “organismi di volontariato” alias “odv”) per potersi fregiare dello status di “ente del terzo settore” e potersi quindi iscrivere al “Runts”?!

E, comunque, anche se si iscrivono al Runts, sono “escluse” dal perimetro della legge, in quanto non possono iscriversi al Registro delle Cciaa!

In effetti, il problema delle “Imprese Culturali e Creative” riguarda non soltanto i 2 albi” evocati da “Il Sole 24 Ore” cioè il Registro Imprese delle Camere di Commercio ovvero delle Cciaa (la istituenda specifica sezione, un “Albo” appunto) ed il novello Registro istituendo presso il Ministero della Cultura, bensì 3 “elenchi” tre, ovvero anche giustappunto il Registro Unico Nazionale degli Enti del Terzo Settore (Runts): qualcuno al Collegio Romano si sta ponendo questi quesiti, e la naturale esigenza di un coordinamento “di sistema”, affinché ogni norma e regolamento non vada per la sua via, producendo la classica iperfetazione legislativo-normativa tanto cara alla vecchia Italia?!

Si rischia l’esclusione della quasi totalità di quegli enti del “terzo settore” culturale, ovvero le associazioni culturali che non possono iscriversi al Registro delle Imprese e quindi ai nuovi Albi

Scrivevano giustamente su “Vita” (la più qualificata testata giornalistica del Terzo Settore), a fine novembre 2023, Francesca Coleti e Marco Trulli (Responsabile Cultura e Giovani di Arci), durante la fase finale dell’iter del provvedimento: “si rischia l’esclusione di quelle realtà del Terzo Settore che svolgono attività culturali in maniera non commerciale e che per questa ragione non possono essere iscritte al Registro delle Imprese (…) seppur la norma riconosca la possibilità di accedere ai benefici previsti indipendentemente dalla forma giuridica adottata, in realtà nell’applicazione si richiede l’iscrizione al Registro delle Imprese delle Camera di Commercio – Cciaa (Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura , n.d.r.) che è riservata agli enti che esercitano attività economica in maniera esclusiva o prevalente”.

Giustamente denunciavano che “si tratta, di fatto, di una esclusione della quasi totalità di quegli enti del terzo settore culturale che partecipano alla costruzione di pratiche e politiche culturali e creative dal basso, attraverso processi di innovazione, di radicamento della proposta culturale, con una forte attenzione alla coesione sociale e all’accessibilità” (vedi “Vita” del 23 novembre 2023: “Cultura, così il “Ddl Made in Italy” esclude il terzo settore”).

Non sembra che queste lamentazioni siano state recepite dal Ministero della Cultura, ma attendiamo di verificare la bozza del decreto in questione.

Eppure, quando c’è la volontà politica, i problemi si risolvono ed i nodi si sciolgono: per esempio, in occasione dell’assegnazione dei 155 milioni di euro del “Pnrr” destinati alle imprese culturali e creative, l’allora Direttore Generale della Dgcc Onofrio Cutaia (attualmente Commissario del “Maggio Musicale Fiorentivo”) e la stessa Sottosegretaria Lucia Borgonzoni decisero che potevano accedere ai fondi dei bandi “Tocc” (Transizione Organismi Culturali e Creativi) anche le associazioni culturali, indipendentemente dall’iscrizione alla Cciaa od al Runts. Scrivevamo allora: “l’innovazione fondamentale di questo avviso è il superamento di “paletti” storici, incancreniti nella politica economica ed anche nella politica culturale italiana: il requisito di essere iscritti alla Camera di Commercio non è essenziale, e non vengono sciorinati i surreali “codici Ateco” (vedi “Key4biz” del 21 ottobre 2022, “Pubblicato il bando da 115 milioni del Mic per la digitalizzazione: aperto a imprese e no profit”).

La rimozione del “2 per mille” sulle imposte sul reddito a favore delle associazioni culturali

A proposito di logica “di sistema” (assente!), in materia di imprese culturali e creative, e specificamente “associazioni culturali”… che dire, ancora, di un’altra questione colpevolmente rimossa dal Ministero della Cultura, ovvero quel “2 per mille” sulle imposte sul reddito a favore delle associazioni culturali (prezioso strumento di sussidiarietà orizzontale) che era stata promesso, in campagna elettorale, sia dal centro-destra sia dal centro-sinistra?! Sul tema, rimandiamo all’intervento IsICult su “Key4biz” del 20 febbraio 2024, “Chimera ‘2 per mille’ per le associazioni culturali: promessa da FdI e Pd, ancora lettera morta”…

Abbiamo ritenuto opportuno attingere a piene mani a questi commenti critici del quotidiano confindustriale, perché “mutatis mutandis” sono le stesse perplessità e preoccupazioni che andiamo manifestando da tempo, anche rispetto alle attività della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo alias Dgca (retta da Nicola Borrelli): poca trasparenza nei processi decisionali e grande lentezza nelle procedure burocratiche.

Si auspica e teorizza (da parte delle istituzioni) “condivisione, ma poi – ahinoi – non vengono messi in atto strumenti per garantirla operativamente.

E, ancora una volta, ri-emerge il deficit di “visione di sistema” ed il deficit di strategia di medio-lungo periodo.

La questione riguarda anche un altro fronte: il “Codice dello Spettacolo” in gestazione, questo curato dall’altro Sottosegretario delegato Gianmarco Mazzi (Fratelli d’Italia)… Si organizza ogni tanto un incontro pubblico (si veda il nostro intervento su “Key4biz” del 26 marzo 2024, “Il Sottosegretario alla Cultura Mazzi annuncia un aumento del finanziamento pubblico al teatro, alla musica, alla danza, e auspica una ottimizzazione delle sovvenzioni al cinema”), ma poi la effettiva gestazione delle bozze di norme e regolamenti resta chiusa nei corridoi del Collegio Romano ovvero delle direzioni generali competenti (nei casi in ispecie, al Dgcc e la Dgca). Anche in questo caso, il Ministero aveva sollecitato l’invio di proposte, ma i documenti pervenuti al Collegio Romano non sono stati condivisivi con gli operatori tutti.

E, nel mentre, l’attesa diviene spesso estenuante, a fronte del silenzio delle istituzioni.

Riteniamo che questi processi di gestazione normativa e regolamentativa debbano essere oggetto di procedure più trasparenti, pubbliche, partecipate, dotate di tecnicalità adeguate alla complessità da affrontare. E la questione va naturalmente oltre i “casi di studio” fin qui proposti.

Rebus sic stantibus, sarebbe auspicabile un intervento diretto (e d’autorità) del Ministro Gennaro Sangiuliano, per innovare queste metodiche, superare confusione, silenzi e ritardi. Il primo “regista” della politica culturale nazionale è senza dubbio il titolare del Collegio Romano.

Torneremo presto su queste tematiche.

Nota: queste sono le “industrie culturali e creative”, così come classificate dal Mic in occasione dei bandi “Tocc” (affidati alla gestione di Invitalia):
appartenenti ad almeno uno dei seguenti macro-ambiti tematici di intervento:
I. Macro-ambito A
− Musica;
− Audiovisivo e radio (inclusi: film/cinema, televisione, videogiochi, software e multimedia);
− Spettacolo dal vivo e Festival.
II. Macro-ambito B
− Moda;
− Architettura e Design;
− Artigianato artistico.
III. Macro-ambito C
− Arti visive (inclusa fotografia);
− Patrimonio culturale materiale e immateriale (inclusi: archivi, biblioteche e musei);
− Editoria, libri e letteratura.

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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