la riunione

Il Sottosegretario alla Cultura Mazzi annuncia un aumento del finanziamento pubblico al teatro, alla musica, alla danza, e auspica una ottimizzazione delle sovvenzioni al cinema

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A fronte dei 750 milioni di euro l’anno che lo Stato assegna a cinema e audiovisivo, i 420 milioni di euro per sovvenzionare teatro e musica e danza sono veramente pochi: urge riequilibrare i rapporti.

Questa mattina al Collegio Romano, sede centrale del Ministero della Cultura, nella sala dedicata all’ex Ministro Giovanni Spadolini (una delle storiche figure della Prima Repubblica), si è tenuta una nuova riunione con gli operatori del settore (imprenditori ed autori), nell’economia dei lavori avviati dal Sottosegretario Gianmarco Mazzi (Fratelli d’Italia) per addivenire ad un “Codice dello Spettacolo” (inteso come “spettacolo dal vivo”), attraverso una curiosa modalità di “audizioni”, una per ogni settore: ci sono stati già due incontri sulla musica e sulla danza, ed oggi era calendarizzato quello sul teatro (manca, per concludere il ciclo, soltanto il circo ed il cosiddetto “spettacolo viaggiante”).

L’iniziativa è senza dubbio apprezzabile, anche se va lamentata la decisione di dividere ogni incontro in due parti: una, con “gli operatori”, a porte chiuse (generalmente dalle ore 9:30/10 alle 12), ed una successiva, a porte aperte, con “gli artisti” (dalle 12 fino alle 14 ed anche oltre; oggi si è conclusa alle 15:15).

Già questa partizione coreografica mostra una sua irrazionalità, perché si ha ragione di ritenere che non soltanto “gli artisti” siano interessati alla prima parte della riunione, ma anche i giornalisti e gli operatori dei media, dato che di questioni comunque di pubblico interesse si tratta. E considerando che esiste evidentemente un nesso (anche senza essere marxiani), tra “struttura” e “sovrastruttura”, tra l’economico ed il semiotico. Forse il Sottosegretario ha temuto che “orecchie indiscrete” potessero registrare maggiori criticità nell’ambito degli “operatori”, mentre senza dubbio la pubblica audizione degli “artisti” avrebbe garantito visibilità prevedibilmente acritica (come in effetti è stato questa mattina)?!

La seconda parte delle riunioni si propone infatti – alla fin fine – come una sorta di operazione di immagine, a beneficio del Sottosegretario, che – come dire?! – chiama a corte “gli artisti” e chiede loro pareri sulla situazione del settore e chiede loro consigli.

L’eletta schiera degli artisti invitati è senza dubbio ben qualificata, con nomi (quasi tutti) di primo livello: oggi, erano seduti affianco al Sottosegretario Mazzi (ed al Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo Antonio Parente) nomi illustri delle scene italiane, da Gabriele Lavia a Michele Placido, da Alessandro Preziosi a Giorgio Panariello, e finanche un musicista come Nicola Piovani. Sala affollata intorno a mezzogiorno (duecento persone), sala semideserta alla conclusione dei lavori, un quarto d’ora dopo le 15 (una ventina di persone).

Ognuno degli artisti è intervenuto proponendo un tema, anche se quasi tutti hanno premesso “io non capisco niente di organizzazione, di economia, di danari…”, vanificando così – in sostanza – l’obiettivo della riunione, che vorrebbe essere un’occasione di ascolto e di confronto finalizzata a mettere in cantiere una riforma normativa: quindi, leggi, regolamenti, sovvenzionamenti, regole… Teoria e pratiche del sostegno pubblico alle attività culturali, e – nel caso in ispecie – al teatro.

Non è stato presentato alcun documento di base (una “piattaforma” come si direbbe nel linguaggio sindacale), e quindi ogni interveniente ha parlato in libertà, facendosi interprete della propria esperienza artistica, ma di fatto sganciandola dall’obiettivo della riunione, che si poneva come base per una costruzione normativo-regolamentare.

I fondi pubblici a favore del teatro verranno aumentati: di quanto e come non è ancora dato sapere

Quel che interessa è senza dubbio la posizione del Sottosegretario: ha annunciato che i fondi pubblici a favore del teatro verranno aumentati, acquisendo nuove risorse (si immagina prima della Legge di Bilancio 2025); se così non fosse, verrà definito un nuovo “riparto” dell’ex “Fus” (Fondo Unico per lo Spettacolo) ora denominato Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo (da cui l’acronimo impronunciabile di “Fnsv”), che andrà a maggior beneficio del settore teatro (non ha però specificato però con nocumento di quale altro settore…).

Il Sottosegretario con delega allo spettacolo dal vivo ha lamentato (e non è la prima volta) che il sostegno pubblico a favore del cinema e dell’audiovisivo è ormai squilibrato, a fronte del sostegno a favore del teatro dal vivo, ed ha denunciato a chiare lettere che ci sono aree grigie nello strumento del “tax credit”, che peraltro ha annunciato verrà esteso presto anche al settore dello spettacolo dal vivo. Questa è senza dubbio una eccellente idea, ma si attende di comprendere quando e come, al fine di comprendere le dimensioni della estensione della platea dei beneficiari.

Mazzi ha speso qualche numero: attualmente lo Stato italiano sostiene il teatro con 91 milioni di euro, a fronte dei circa 200 milioni che vanno agli enti lirici, e 200 a tutto il resto dello spettacolo. Questi i numeri dati dal Sottosegretario, che pure sono un po’ approssimati anzi imprecisi, perché – così calcolando – il totale sarebbe di circa 490 milioni di euro, mentre nel 2024 il Fondo Nazionale Spettacolo dal Vivo ha una dotazione totale di 420 milioni di euro. A fronte dei 750 milioni di euro del cinema e dell’audiovisivo: e, anche in questo, il Sottosegretario è stato un po’ approssimativo, perché ha detto “si tratta di circa 800 milioni ora ridotti a 750 milioni”, allorquando il fondo 2023 era di 746 milioni ed il fondo 2024 è di 700 milioni.

Il Sottosegretario ha denunciato che il “tax credit” a favore del cinema e dell’audiovisivo ha due patologie essenziali: finanziamento a pioggia, finanziamento soprattutto a beneficio delle piattaforme (da notare che Mazzi non ha mai citato la collega Lucia Borgonzoni, la senatrice leghista che esercita la delega sul cinema e l’audiovisivo assegnatale dal Ministro Gennaro Sangiuliano).

Non è dato sapere cosa sia emerso dalla prima parte della riunione, quella ad inviti ed a porte chiuse, anche se qualcosa è emerso negli interventi del Sottosegretario: esigenza di semplificazione delle procedure e di accelerazione dei processi burocratici. Su questa seconda questione, il Direttore Generale Antonio Parente ha ribadito in più occasioni che il Ministero liquida i contributi, dopo aver ricevuto i consuntivi, nell’arco di 3 o 4 mesi, allorquando fino a poco tempo fa i tempi di attesa erano di anche 2 anni. Questa accelerazione della macchina burocratica – ha sostenuto con orgoglio – è riconosciuta anche dalla Corte dei Conti.

Ha un senso proporre qui un florilegio degli interventi degli artisti, che sono stati colti ed alti – soprattutto nel caso di Gabriele Lavia, quasi una piccola “lectio magistralis” sulla preziosità spirituale e sociale del teatro – ma lontani dalla vera verità del settore, dalle sue criticità e miserie? Non tanto, perché si è trattato di interventi “estetologici” per lo più generici, riassumibili in “lo Stato deve sostenere di più e meglio il teatro, servono più sovvenzioni”.

Molte le criticità emerse: dagli attori che patiscono la fame alla disattenzione verso il teatro sociale o l’educazione teatrale nelle scuole

Alcune criticità pesanti sono emerse soltanto nella parte finale della sessione aperta, con interventi di artisti minori, che hanno denunciato come spesso ci sono attori che veramente patiscono la fame, considerando che la diaria arriva a poco più di 100 euro al giorno, ed include anche le spese di trasferta… Sono emersi problemi come l’assenza di un “registro degli attori” o la poca attenzione del Ministero nei confronti del “teatro sociale” così come degli “artisti di strada”, la perdurante assenza di una politica di educazione teatrale nelle scuole… Molta carne al fuoco, ma anche molta genericità, e spesso confusione ed imprecisione, in diversi interventi. Torneremo presto su questi temi, su queste colonne.

Toccata e fuga di una figura ibrida, come Luca Barbareschi, al contempo attore ed imprenditore (e non soltanto di teatro, ma anche di cinema e televisione; ma si ricordi che è stato anche parlamentare nonché Responsabile Cultura della defunta Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini), che ha lamentato come complessivamente l’Italia sostenga poco la cultura (anche se ha citato dati relativi soprattutto all’audiovisivo, facendo riferimento al Teatro di Stoccarda che beneficerebbe di un budget annuale di 135 milioni di euro) e come si assista ad un complessivo “degrado del teatro italiano”. Barbareschi ha criticato il carattere velleitario della piattaforma web multimediale voluta dall’allora Ministro Dario Franceschini, “ItsArt”, segnalando come Netflix sostenga costi nell’ordine di 100 milioni di euro l’anno soltanto per il software, cui si associano 800 milioni di spese di marketing e 2,2 miliardi di dollari di investimento in contenuto…

Andrea Delogu ha denunciato l’assenza di un “sistema informativo” adeguato, una sorta di “MyMovies del teatro”, ed ha domandato al Ministero di intervenire, consentendo così allo spettatore di acquisire agevolmente una cognizione dell’offerta teatrale, le cui informazioni sono parcellizzate e disperse.

Anche nel settore “teatro”, grande deficit di conoscenza: carenza di dati e analisi

Se ad inizio della sessione degli “artisti” è stata lamentata la non trasparenza dei dati sull’andamento dello spettacolo in Italia, ci piace qui riportare l’ultimo degli interventi che ha rilanciato questa criticità informativa e documentativa sostenendo che vada assolutamente superata e risolta perché altrimenti diviene impraticabile qualsiasi seria iniziativa di marketing della cultura (sponsor e mecenati voglio disporre di una stima del pubblico degli spettacoli che vanno a sostenere, evidentemente).

È stato lamentato che la morte del settimanale dell’AgisIl Giornale dello Spettacolo” ha determinato la scomparsa di un prezioso strumento di conoscenza quale era la “Borsa Teatro”: dell’andamento del cinematografo e della televisione, si dispone infatti di informazioni essenziali (grazie a Cinetel ed Auditel), ma del teatro (o della danza o della musica o del circo) quasi nulla si sa, perché non esistono dati pubblici, e la Siae rende noti (peraltro con grande ritardo) soltanto dei numeri aggregati, che non consentono agli impresari (agli operatori del settore tutti, artisti inclusi, e quindi gli spettatori ed in cittadini) di conoscere la “vera verità” degli andamenti di una compagnia.

In verità, la Società Italiana degli Autori e degli Editori, questi dati li ha – eccome – dettagliati ed aggiornati, e quasi sempre anche in tempo reale: la decisione di non renderli di pubblico dominio è il risultato di una decisione di natura politica (politica culturale), che viene schermata dietro il fragile alibi della privacy della libertà imprenditoriale…

Ci piace qui rilanciare quel che ha sostenuto proprio l’ultimo degli intervenuti, Paolo Valerio, Direttore de “Il Rossetti”, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, di fronte ad una platea decimata ma paziente e resistente: non è possibile “fare marketing culturale” in assenza di dati. Si tratta di una tesi che andiamo riproponendo da anni, anzi da decenni, anche su queste colonne della rubrica IsICult per “Key4biz”.

Ci limitiamo a ricordare che non esiste un censimento accurato ed aggiornato dei luoghi di spettacolo in Italia: nemmeno il Ministro dispone di una mappatura dei teatri aperti ed in funzione, e nemmeno di quelli che sono stati chiusi nel corso degli anni, determinando la continua e strisciante desertificazione culturale del territorio nazionale, particolarmente grave nel Meridione…

Non resta che augurarsi che questa iniziativa di “ascolto” del settore – che dovrebbe essere peraltro strutturata meglio, estendendo la platea degli “invitati” e rendendo pubbliche tutte le riunioni, anche attraverso una trasmissione via web (e pubblicando sul canale YouTube del Ministero la videoregistrazione) – si vada ad accompagnare con le indispensabili iniziative di ricerca e di studio di come funziona effettivamente (realmente) il settore.

Altrimenti, una volta ancora, al di là delle belle intenzioni, si andrà a legiferare senza la strumentazione tecnica adeguata, con i soliti italici criteri nasometrici e secondo gli umori del Ministro o Sottosegretario di turno…

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.