La strategia jhiadista 2.0

#IlSocialPolitico. L’Isis fa proseliti e soldi grazie ai Social Media

di Guido Petrangeli |

Nonostante Twitter abbia chiuso molti account in odore di jihiad, le nuove leve del terrorismo digitale  sfruttano l’impatto degli hashtag per veicolare messaggi di terrore.

La guerra santa dei militanti dell’Isis non si combatte a colpi di versetti ma tramite una raffica di tweet. Parole chiave della nuova strategia jhiadista 2.0 sono viralità e coinvolgimento: snodi centrali di una propaganda orientata sui social media.

Nell’autunno del 2007 i militari della Forza multinazionale in Iraq  ritrovarono 23 terabytes di documenti digitali destinati alla propaganda di Al-Qaeda. All’epoca i terroristi di Bin Laden potevano contare su 8 uffici specifici e sull’Al-Furqan Institute for Media Production. Oggi l’Isis ha fondato l’Al Hyat Media Center, che mira ad un pubblico occidentale pubblicando video in inglese, tedesco, russo e francese.

Il livello del conflitto si è allargato nell’arena dei social network dove l’Isis recluta proseliti, raccoglie fondi e radicalizza lo scontro.

La decapitazione dei due reporter di guerra James Foley  e Steven Sotloff non ha soltanto riempito le prime pagine dei principali quotidiani online ma ha anche generato un’escalation virale su piattaforme come Twitter e Youtube. Su quest’ultimo social sono stati pubblicati circa 175.000 video riguardanti la decapitazione di James Foley: tra questi  soltanto i tre più popolari hanno generato circa 7 milioni di visualizzazioni.

I militanti dell’Isis sembrano preferire Twitter come piattaforma di comunicazione. Grazie al coinvolgimento di esperti informatici è stata lanciato  l’app, “The Dawn”, in grado di coinvolgere e tenere aggiornati un elevato numero di utenti. Gli utenti dopo aver scaricato sul proprio telefonino l’applicazione mettono i loro account Twitter a disposizione dei terroristi che possono così coordinare e ampliare l’efficacia dei messaggi. Grazie a questa app si  è registrato il picco di 40.000 tweet inviati nel giorno in cui le milizie dell’Isis sono entrate a Mosul.

Nonostante Twitter abbia chiuso molti account in odore di jihiad, le nuove leve del terrorismo digitale  sfruttano l’impatto degli hashtag per veicolare messaggi di terrore. L’Isis, organizzando dei tweetstorm mirati, è ormai in grado di coordinare delle vere e proprie campagne social.  Tramite l’aggregatore @ActiveHashtags gli argomenti rilanciati dall’Isis toccano una media di 72 retweet per messaggio riuscendo in questo modo ad entrare nelle classifiche dei topic trend.  L’hashtag #ISIS ha superato, per numero di menzioni, quello del principale concorrente del gruppo in Siria, Jabhat al-Nusra, anche se i due gruppi hanno simile numero di sostenitori online. Nei mesi precedenti l’escalation del conflitto il topic #ISIS ha spesso registrato più di 10.000 menzioni al giorno, mentre il numero di al-Nusra variava tra le 2.500 e le 5.000 citazioni.

Ad agosto, durante i raid aerei americani, l’Isis ha lanciato una violenta campagna contro gli Usa sui social media. Utilizzando gli hashtag #CalamityWillBefallUS e #AMessageFromISIStoUS si chiede ai seguaci della jihad di twittare in inglese per rendere i messaggi di terrore comprensibili agli  occidentali.