Audiovisivo

ilprincipenudo. Anica sposa Cartoon Italia, ma al settore animazione serve una politica industriale

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Accordo strategico fra Anica e Cartoon Italia per il rilancio del settore animazione del nostro paese, su cui pesa la mancanza di dati certi e di una chiara politica industriale

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Questa mattina, presso la sede romana di viale Regina Margherita, la più potente (attualmente) lobby dell’industria culturale italiana, l’Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali), fondata nel 1944 ed aderente a Confindustria, ha celebrato il matrimonio con una delle più deboli associazioni del settore audiovisivo nazionale, qual è Cartoon Italia, fondata ad inizio anni Novanta. Quante sono complessivamente le associate Anica non è dato sapere, ma siamo nell’ordine di un qualche centinaio, mentre le associate Cartoon Italia sono attualmente soltanto 16 imprese.

La kermesse, intitolata pomposamente “Gli Stati Generali dell’Animazione” (ancora una volta impropria utilizzazione di questa formula) ha visto relatori – istituzionali e non – di buon livello, incluso il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli e l’Amministratore Delegato Rai Antonio Campo Dall’Orto.

Come temevamo (prevedevamo), non è stato messo a disposizione dei partecipanti un dossier documentativo, e son stati riproposti dati approssimativi sulle dimensioni di questo specifico segmento del settore audiovisivo italiano: “circa” 100 milioni di euro di fatturato, “circa” 80 imprese, “circa” 3.000 addetti…

Nessuna analisi dello scenario complessivo (nazionale, europeo, globale), nessuna ricerca di settore industriale, nessuno studio di marketing…Un paio di presentazioni erano piuttosto interessanti (in particolare quelle di Evelina Poggi ed Anna Lucia Pisanelli, entrambe esponenti di Cartoon Italia), ma l’ufficio stampa Anica ci ha precisato che non erano “pubblicabili” (no comment).

Naturale sorge la solita domanda: ma come possono pretendere, le stesse associazioni imprenditoriali, che la mano pubblica intervenga in modo accurato, efficace, puntuale, se loro stesse non si fanno promotrici di analisi di… autocoscienza?!

Certo, in un Paese normale (la Francia, per esempio), ci sarebbero istituzioni pubbliche preposte (il Cnc, per esempio, che non a caso si chiama “Centre National du Cinéma”, ma anche “de l’Image Animée”), e si potrebbe ragionare, a ragion veduta, sia di “politica industriale” sia di “politica culturale”, con cognizione di causa.

In Italia, no.

Si parla… nasometricamente.

Eppure, presso il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact) ci sarebbe anche – sulla carta – una struttura ad hoc, qual è giustappunto l’Osservatorio dello Spettacolo, ma ormai ben pochi sanno cosa esso faccia…

Questa volta, l’occasione di incontro e discussione è data sia dall’iter del disegno di legge di riforma del settore cinematografico e (in parte) audiovisivo, promossa dal Ministro Dario Franceschini d’intesa con il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, sia dalle prospettive del nuovo corso della televisione pubblica, anche alla luce della imminente (?!) consultazione pubblica sulla “mission” Rai, per la prossima “convenzione” con lo Stato.

Sullo sfondo (ma nemmeno tanto), la questione del rispetto degli “obblighi di investimento” che sono imposti dalla vigente normativa nazionale (di recepimento di direttive europee), ma che, non essendo sottoposti a controlli attenti, restano una bella dichiarazione d’intenti.

Chi redige queste noterelle può farsi vanto d’aver diretto, insieme a Francesca Medolago Albani (co-fondatrice di IsICult, ma dal 2006 Direttrice dell’Ufficio Studi, Sviluppo e Relazioni Associative dell’Anica) la prima ricerca mai realizzata in Italia sul settore dell’animazione: “Il settore dei cartoni animati in Italia”, dal sintomatico sottotitolo, “Prospettive di rafforzamento strutturale e di internazionalizzazione”, su incarico Rai. Correva l’anno 1998.

La committenza Rai era significativa, perché se, alla metà degli anni Novanta, l’animazione italiana era ai limiti della sparizione (lo scriveva a chiare lettere una ricerca comparativa europea realizzata nel 1995 dall’associazione francese dei produttori d’animazione), è stato senza dubbio il “psb” a determinare la sopravvivenza e, in qualche modo, la rinascita di un settore boccheggiante a causa dell’insensibilità dello Stato e finanche della debolezza degli imprenditori.

Scrivevamo in quella ricerca che “lo Stato italiano troppo cinecentrico ha ignorato la fiction e l’animazione fino alla legge n. 122 dell’aprile 1988”. Quella legge, fortemente voluta da Walter Veltroni e Vincenzo Vita, ha previsto che almeno il 10% degli introiti pubblicitari delle tv private fossero destinati alle opere di fiction – animazione inclusa – a fronte di almeno il 20% degli introiti da canone per la Rai.

La legge n. 122 del 1988 è stata più uno strumento di “stimolo” che un vero e proprio obbligo, per le emittenti televisive italiane, dato che la stessa Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non è mai intervenuta, in modo concreto e puntuale, a “garantire” – giustappunto – il rispetto della legge.

Questa inadempienza dell’Agcom è stata determinante, per rendere inefficace la previsione del legislatore. A distanza di anni, il settore dell’animazione italiana mostra le stesse patologie della fase iniziale della sua rinascita.

Ribadiamo: il rispetto di questi obblighi di investimento non è mai stato oggetto di verifiche accurate da parte di chi pure avrebbe dovuto per legge svolgere questo ruolo, ovvero l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. I maligni sostengono che ciò sia stato dovuto al meccanismo perverso per cui l’Agcom è governata da consiglieri che, storicamente, son stati indirettamente espressi (ovvero “in quota”) dal “partito Mediaset” piuttosto che dal “partito Rai” (qui siamo ad un livello più raffinato rispetto alla partitocrazia), ed entrambi i partiti hanno sempre avuto interesse a che il controllore non controllasse più di tanto.

Soltanto recentemente, Agcom s’è destata dal suo lungo sonno, ed ha “sanzionato” Rai Mediaset e Sky, pur in modo assai lieve, per inadempienza rispetto agli obblighi di investimento: segnale simbolico forte, risultato fattuale nullo (nutriamo dubbi che la sanzione abbia stimolato comportamenti più commendevoli).

La via è comunque quella giusta. Il ritardo, enorme.

Sono trascorsi quasi vent’anni da quella ricerca avanguardistica IsICult: i suggerimenti ivi tracciati sono stati seguiti da Rai piuttosto che dal legislatore?!

Rileggiamo: “Proposta 1. La Rai come incubatore dell’animazione italiana. Proposta 2. La Rai promotrice di una “piattaforma nazionale” per l’animazione. Proposta 3. La Rai promotrice di un concorso / gara nazionale per l’animazione. Proposta 4. Un “laboratorio permanente” di specializzazione professionale. Proposta 5. Più animazione italiana nei palinsesti Rai. Proposta 6. Elaborazione di un “piano industriale” Rai per l’animazione”. Quasi nessuna di queste proposte è stata realmente accolta e sviluppata.

Senza dubbio, se Rai non avesse continuato ad investire ogni anno una manciata di euro nell’animazione “made in Italy”, la totalità (o quasi) delle imprese italiane del settore sarebbero fallite, e la totalità degli animatori italiani sarebbe emigrata all’estero.

A distanza di un decennio, Rai ha chiesto ad IsICult un aggiornamento della ricerca realizzata nel 1998, ed è stato avviato finanche un “Osservatorio Rai – IsICult sull’Animazione e i Contenuti Digitali” (condiretto da Zaccone e Giovanni Gangemi; il secondo è da oltre un anno funzionario Agcom), ma non ha ritenuto di rendere di pubblico dominio i risultati dello studio (se non un estratto limitatissimo presentato in occasione dell’edizione 2009 di Cartoons on the Bay), ed una qualche ragione ci sarà…

Questi alcuni dati essenziali sull’economia dell’animazione italiana, riportati nella recentissima “Indagine conoscitiva Agcom sul settore della produzione audiovisiva”  (resa di pubblico dominio il 27 febbraio 2016, e torneremo presto sul delicato argomento): secondo le stime di Cartoon Italia ivi riportate, nel 2013 i costi diretti totali sostenuti in Italia dalle società italiane nella produzione di prodotti in animazione sono stati: i costi dei dipendenti pari a 32,9 milioni di euro; i costi diretti di produzione sostenuti in Italia pari a 19 milioni; i costi operativi aziendali 19,2 milioni, il totale dei costi diretti è stato di 71,1 milioni”.

Secondo Agcom, nel 2013 in Italia sarebbero stati investiti in animazione soltanto 18 milioni di euro, a fronte dei 59 milioni del Regno Unito e dei 50 milioni della Francia, ma temiamo che si tratti di dati indicativi, che andrebbero sottoposti ad ulteriore validazione.

La kermesse Anica è stata affollata, ma non ha brillato per dati innovativi ed analisi coraggiose.

Complessivamente, un clima di simpatico “ottimismo”, come ha sostenuto uno dei moderatori, Alfio Bastiancich, Consigliere di Cartoon Italia (l’altro moderatore è stato il giornalista Roberto Davide Papini).

Or bene, che ci sia un atteggiamento positivo da parte del Governo Renzi è evidente quanto apprezzabile, ma forse andrebbe segnalato che vi sono numerose criticità, che bloccano lo sviluppo delle latenti potenzialità del settore: basti citare la perdurante assenza di una definizione precisa di “produttore indipendente” (correlata evidentemente alle dinamiche di contrattualizzazione tra broadcaster e produttori, in relazione alla cessione dei diritti) e la totale assenza di una politica pubblica nazionale per l’esportazione del “made in Italy” audiovisivo (ricordando che i cartoons sono un prodotto audiovisivo che ha meno di altri il problema della barriera linguistica)…

Ma queste sono solo due delle tante patologie, soltanto graziosamente sfiorate durante i lavori degli “Stati Generali”.

Questa la lunga schiera di intervenienti: Riccardo Tozzi (Presidente Anica), Luigi De Siervo (Amministratore Delegato RaiCom, originariamente non previsto nel programma ufficiale), Anne-Sophie Van Hollebeke (Presidente Cartoon Italia), Maurizio Forestieri (Presidente Asifa Italia, che è l’associazione degli autori, ovvero l’anima artistica del settore), Cristian Jezdic (Produttore, Vice Presidente Cartoon Italia), Emiliano Fasano (Segretario Generale Asifa Italia), Evelina Poggi (Produttrice, Consigliere Cartoon Italia), Anna Lucia Pisanelli (Produttrice, Vice Presidente Cartoon Italia), Chiara Magri (Coordinatrice didattica del Dipartimento Animazione del Csc), Luca Milano (Vice Direttore Rai Fiction, Responsabile Animazione), Francesca Cima (titolare della Indigo Film), Luciano Stella (Producer, Mad Entertainment), Andrea Occhipinti (Amministratore Delegato Lucky Red), Beatrice Fini (Direttrice Editoriale Giunti Editore), Stefania Ippoliti (Presidente Film Commissions Italia), Massimo Lioffredi (Direttore Rai Ragazzi, anche lui non previsto nel programma originario), Martino Martellini (Responsabile Relazioni Esterne Rainbow, in sostituzione di Cristiana Buzzelli, Vp Contents Digital & Publishing Rainbow), Agnese Fontana (Presidente Doc.it), Luca Raffaelli (100 Autori), Antonio Nicita (Agcom), Simona Malpezzi (Componente Commissione Parlamentare Cultura e  Bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza), Nicola Borrelli (Direttore Generale Cinema Ministero Attività Culturali), Silvia Costa (Presidente Commissione Cultura Parlamento Europeo)…

Il quadro emerso è piuttosto generico e confuso, pur nel diffuso convincimento che l’animazione italiana sia tanto bella ed abbia tante potenzialità: ogni interveniente ha apportato un contributo di conoscenza che non è stato in nessun modo ricondotto ad unità. Come “stati generali”…un po’ deboli nella capacità di descrizione del settore, di potenzialità e criticità, nonostante la discreta polifonia messa in scena.

Dopo oltre tre ore di discorsi, nessuno degli astanti ha ritenuto di porre domande, come pure sarebbe stato possibile.

Nessuno ha peraltro fatto riferimento alla recentissima nascita di un’altra associazione di settore: Animation Italia, che si pone come “associazione nazionale che rappresenta le imprese indipendenti della produzione audiovisiva e multimediale in animazione e quelle della relativa filiera”, presentata alla stampa a Milano il 26 febbraio 2016, con il sostegno di Asseprim (Federazione Nazionale Servizi Professionali per le Imprese) e di Confcommercio…Da ricordare che il 13 ottobre 2015, Asseprim aveva organizzato, insieme a Cartoon Lombardia, un’altra occasione di dibattito, “L’animazione italiana cambia marcia” (clicca qui per la videoregistrazione sul sito della web tv della Camera), presso la Camera dei Deputati, su iniziativa dell’onorevole Antonio Palmieri (membro della VIII commissione Cultura, Scienze ed Istruzione). Anche quell’iniziativa non brillava per capacità di analisi (ed anche lì i toni erano positivo-ottimisti), ma almeno veniva distribuito un piccolo dossier, con qualche dato (in libertà).

Ennesima contrapposizione, questa, tra le “macro-lobby” Confindustria e Confartigianato.

Se l’Ad Campo Dall’Orto ha ricordato la propria esperienza in relazione a Nickelodeon (interessante, ma ci domandiamo quanto possa essere concretamente funzionale rispetto al suo ruolo in un “psb” come Rai), il Sottosegretario Giacomelli ha conclusivamente annunciato l’intenzione di promuovere quanto prima uno specifico “tavolo” di lavoro, tra produttori di animazione ed emittenti (e – vogliamo immaginare – autori), al fine di verificare ogni opportuno emendamento al disegno di legge Franceschini-Giacomelli, specificamente adatto alle peculiari esigenze del settore.

Il Sottosegretario ha sostenuto che “comprendere è fondamentale” (condividiamo, ma…) e ci auguriamo passi dall’auspicio teorico alla concretezza, magari facendosi promotore di una prima inedita ricerca sull’economia politica dell’industria audiovisiva italiana, che sviluppi al meglio il lavoro esplorativo condotto da Agcom…e quanto finora elaborato nell’economia dei tavoli Mise-Mibact…

A fronte del sempre latente rischio di fuffologia spinta, ben venga uno Stato che decide, finalmente, di dotarsi della strumentazione cognitiva indispensabile, prodromica al “policy making”…

Clicca qui, per leggere i materiali documentativi messi a disposizione da Anica in occasione degli “Stati Generali dell’Animazione”, Roma, 1° marzo 2016

Clicca qui, per leggere il “Focus sul mercato italiano dell’animazione”, messo a disposizione da Asseprim / Confcommercio / Cartoon Lombardia, in occasione del convegno “L’animazione cambia marcia. Il futuro del cinema e dell’audiovisivo di animazione”, tenutosi a Roma, Camera dei Deputati, il 13 ottobre 2015