Infrastrutture

Idrogeno: una dorsale europea lunga 40 mila km entro il 2040. Il documento

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Un piano per realizzare una grande dorsale per l’idrogeno, sostenuto da 23 gestori europei, tra cui l’italiana Snam, che potrebbe costare fino a 80 miliardi di euro. Sfruttare le reti preesistenti per trasportare e stoccare idrogeno verde utile alla decarbonizzazione dell’industria e non solo. Ma non a tutti piace.

Raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica e di riduzione delle emissioni inquinanti entro la metà del secolo non è obiettivo semplice. Per riuscirci serve allargare il mix di risorse energetiche, a partire da quelle che presentano un minor impatto ambientale, tra cui c’è l’idrogeno.

Idrogeno europeo, il piano

In un nuovo rapporto dal titolo “2021 Extending the european hydrogen backbone”, pubblicato da 23 gestori dei sistemi di trasmissione o Tso (Transmission System Operators), tra cui l’italiana Snam, cioè società preposte alla trasmissione dell’energia sotto forma di gas naturale o di energia elettrica, usando opportune infrastrutture nazionali/internazionali, si stima che la rete europea per l’idrogeno dovrebbe raddoppiare entro i prossimi 20 anni.

Si potrebbe passare dai 23.000 km di reti di gasdotti per l’idrogeno, stabiliti in un precedente studio del 2020, ai possibili 40.000 km entro il 2040.

Sarebbero così coinvolti 21 Paesi dell’Europa centrale e orientali, più Regno Unito, Irlanda, Francia, Spagna, Italia, Svizzera, Grecia e Paesi del Nord (Danimarca, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Svezia).

Il punto chiave del piano è sfruttare le preesistenti reti di gasdotti per il trasporto dell’idrogeno, senza realizzarne di nuove, risparmiando così molte risorse finanziarie e rendendo più economica e vantaggiosa la transizione all’idrogeno verde.

Al momento, si stima un investimento complessivo che va da 43 a 81 miliardi di euro entro il 2040.

Una rete delle reti, ma anche di prossimità

Per favorire l’arrivo e l’utilizzo di idrogeno verde per decarbonizzare i trasporti e l’industria serve una rete di gasdotti estesa, capillare e modulare, in grado di scalare in tubazioni via via più piccole e più economiche per gli utilizzi di prossimità.

L’Unione europea ha fissato al 2030 l’obiettivo primario di produrre fino a 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde, cioè ottenuto da fonti energetiche rinnovabili, portando allo stesso tempo la capacità degli elettrolizzatori a 40 GW.

È probabile che l’Europa punti molto sulla preesistente rete di gasdotti per raggiungere questi traguardi sfidanti. Lo stesso Commissario europeo per il Clima, Frans Timmermans, non ha escluso a priori questo percorso di riuso delle infrastrutture esistenti, che però andranno riconvertite e in alcuni casi ammodernate.

I terminali GNL (Gas naturale liquefatto) possono infatti essere riadattati per il passaggio di idrogeno verde dal Nord Africa, dal Medio Oriente, dalla Russia, persino dall’Australia. L’esempio da seguire, in questo caso, è quello dei Paesi scandinavi e baltici, che, grazie all’eolico offshore, possono produrre grandi quantità di idrogeno verde, che poi è trasportato e stoccato sfruttando le reti del gas preesistenti.

Le critiche al progetto

Le critiche a questo piano per l’idrogeno europeo non sono tanto rivolte all’idrogeno di per sé, che se prodotto da fonti pulite è una soluzione (al momento) vantaggiosa per accelerare la decarbonizzazione della nostra società ed economia, ma alle società energetiche proprietarie delle reti.

Il dubbio delle associazioni ambientaliste, ad esempio, è che si chiedano più risorse per ammodernare una rete di grandi dimensioni, che poi potrebbe far lievitare ulteriormente i costi di manutenzione ed implementazione, quando la cosa migliore sarebbe produrre e consumare idrogeno verde in loco, in prossimità, a prezzi più sostenibili e tendenzialmente al ribasso.

Il timore è che dietro a nuovi e vecchi gasdotti ci sia sempre la solita richiesta di sussidi per l’industria dei combustibili fossili, con la scusa di essere utili anche per l’idrogeno (grigio e verde).

A riguardo, secondo lo studio del think tank Global Energy Monitor, in Europa si sta lavorando a nuove reti di gas naturale per 87 miliardi di euro. Praticamente, invece di seguire le indicazioni strategiche della Commissione europea di dimezzare le emissioni di diossido di carbonio (CO2) entro il 2030, si sta andando dalla parte opposta, cioè potenzialmente verso un aumento di tali emissioni.