Decarbonizzazione

Transizione energetica, viva o morta? Starace (Enel): “Più viva che mai, ci garantisce autonomia e sicurezza”

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L’unica via percorribile per uscire dalla crisi energetica in cui siamo caduti, soprattutto noi europei, continua ad essere la transizione energetica. Generare energia elettrica dal sole a dal vento, sviluppare nuove tecnologie per la produzione di idrogeno verde, sono la strada maestra per il rilancio dell’economia.

Transizione energetica, una caratteristica del progresso tecnologico ed economico

Dal XIX al XX secolo abbiamo già assistito alla transizione energetica. Non è un processo esclusivamente contestualizzabile ai nostri giorni, ma una caratteristica storica legata al progresso. Si è passanti in due secoli circa dalla legna al carbone e dal carbone al petrolio. Oggi ci affrettiamo a passare dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili, in primis sole e vento.

L’unica caratteristica che forse è imputabile alla transizione attuale è che il passaggio dal petrolio al solare fotovoltaico, per fare un esempio, non è solamente definito da questioni economiche e finanziarie, ma anche ambientali e climatiche.

Nel 1950 a livello mondiale si emettevano 6 miliardi di tonnellate di CO2, oggi si superano le 34 miliardi di tonnellate, un aumento straordinario del +466% in settant’anni circa.

Abbandonare petrolio e gas a favore delle fonti rinnovabili

La guerra iniziata da Mosca in Ucraina non ha fatto altro che acuire questa incredibile dipendenza della nostra economia e dell’industria dal petrolio, il gas e il carbone. Per questo la transizione energetica potrebbe essere un’arma a nostro vantaggio nella ricerca di una maggiore autonomia dai fornitori esterni (visto che nel 2021 l’Unione europea importava dalla Russia il 45% del gas di cui aveva bisogno), di una maggiore sicurezza negli approvvigionamenti di materie prime energetiche, di una più concreta sostenibilità ambientale delle operazioni di estrazione, trasporto e trasformazione delle risorse.

Alla domanda, la transizione energetica è ancora vita in Italia ed in Europa, l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, durante i Green Talks di Rcs Academy, ha risposto: “La transizione energetica c’è ed è più viva che mai, anzi questa crisi l’ha vestita di un nuovo abito: quello della sicurezza. Prima se ne parlava perché era conveniente e rispettava l’ambiente, oggi ci aiuta anche ad affrancarci da una dipendenza ‘patologica’ dal gas“.

Una transizione trainata ovviamente dalle rinnovabili: “Nei primi 6 mesi di quest’anno le domande di allacciamento a impianti fotovoltaici da imprese e privati sono triplicate rispetto al semestre precedente 2021. Il trend del secondo semestre è in accelerazione – ha precisato il CEO del Gruppo Enel – forse saranno ancora triplicati“.

I 450 megawatt mediamente installati sono 1.200 e vuol dire che potrebbero arrivare a 2.500 nell’anno senza quasi rendercene conto, perché lo hanno fatto gli italiani”, ha aggiunto Starace.

Il gas algerino sostituirà quello russo entro il 2023, previsioni fosche per il 2024?

Ai Green Talks è intervenuto oggi anche Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, che vede invece nel gas ancora una risorsa energetica insostituibile, anzi, da aumentare nelle importazioni, perché se nel 2023 è possibile che ce la caveremo, i problemi potrebbero spostarsi all’anno dopo, al 2024: “Il 2023-2024 potrebbe essere più complesso come biennio, perché per sei mesi nel 2022 abbiamo stoccato il gas russo all’80%, anche se adesso da Mosca ne arriva meno del 10%, ma abbiamo avuto un gas russo che ci ha permesso di riempire le riserve strategiche”.

Per far fronte alle criticità che Descalzi già intravede nel prossimo futuro, ci sarebbe il gas algerino: “Che adesso vale il 35% delle nostre forniture estere e l’anno prossimo arriverà al 38%, una quota che equivale al contributo russo nel suo complesso. Possiamo dire che l’Algeria ci fornirà presto il gas che prima prendevamo dalla Russia, nelle stesse quantità. Nel 2019 l’Algeria ci dava 10 miliardi di metri cubi di gas, nel 2022 ce ne sta dando 24 e nel 2023 ce ne assicurerà quasi 27, con la possibilità di salire fino a 34/35 miliardi di metri cubi come capacità del tubo”.

Sul 2024 qualche dubbio l’ha avanzato anche il direttore esecutivo dell’Iea, Fatih Birol, che in una intervista a La Repubblica ha dichiarato: “I Paesi europei affronteranno l’inverno senza importanti interruzioni di rifornimenti e senza blackout, perché gli stoccaggi di gas hanno raggiunto e superato il 90%. Le nostre stime, però, ci dicono che a febbraio 2023 gli stoccaggi passeranno dal 90 al 25-20%. E allora la domanda è: come agirà l’Europa nel 2023 per riempirli nuovamente fino all’80-90% in modo da poter affrontare l’inverno 2023-2024? Quest’ anno agli stoccaggi ha contribuito anche il gas che ancora arrivava dalla Russia. Inoltre la Cina potrebbe tornare ad aumentare la propria domanda di gas tra un paio di anni, determinandone scarsità e rialzo dei prezzi“.

L’impatto delle strategie fossili sull’economia di oggi

Ovviamente non si può fare a meno del gas naturale in poche settimane o mesi e bisogna anzi investire di più in efficienza energetica. Oggi l’Italia ancora genera il 50,4% di energia elettrica dal gas, contro il 39,1% dalle rinnovabili, secondo i dati dall’Agenzia internazionale dell’energia dell’Ocse, l’Iea, riportati in uno studio di Confartigianato.

Sulla base dei dati mensili, a maggio 2022 i prezzi in euro del gas europeo sono 3,8 volte quelli di 12 mesi prima; nei primi cinque mesi del 2022 risultano 10,3 volte la media del 2020.

È inevitabile un impatto pesantissimo di questo trend estremamente negativo sulle famiglie, le imprese e le industrie. Gli effetti sui prezzi dell’elettricità dei differenti mix sono evidenti: ad aprile il prezzo dell’energia elettrica in Italia sale del 68,6%, a fronte di un più limitato dinamismo in Germania, dove i prezzi salgono del 19,3%, e in Francia, dove l’aumento si ferma al 6,9%.

Quali effetti sulle imprese italiane?

Secondo la nota mensile Istat sull’andamento dell’economia nazionale, pubblicata oggi, l’incremento dei prezzi dei beni energetici durante il 2019 avrebbe determinato un margine operativo lordo negativo per oltre 355mila imprese, pari all’8,2% del complesso del sistema produttivo; di queste, oltre 307mila nel comparto dei servizi (9,1%), 47.600 circa nell’industria (5,4%), per un totale di 3,4 milioni di addetti coinvolti (20,1%; oltre 2,5 milioni nei servizi, più di 85mila nell’industria). Non si tratterebbe, peraltro, di imprese di dimensioni trascurabili: nel 2019 tali unità impiegavano in media 17,9 e 8,3 addetti rispettivamente nell’industria e nei servizi, con dimensioni medie superiori di 3 e 2,4 volte alle rispettive medie di comparto.

Con un commento ai dati piuttosto preoccupato: “Il perdurare nei prossimi mesi di livelli dei prezzi energetici così elevati determinerebbe l’accentuazione dei rischi, già oggi osservabili, sulla redditività, costituendo un elemento di forte preoccupazione per la tenuta del sistema produttivo e dell’occupazione“.

Una transizione più veloce grazie all’idrogeno verde?

Non c’è solo l’elettricità a muovere il mondo, però, perché anche l’idrogeno verde (molto meno quello blu) potrebbe dare una grandissima mano alla transizione energetica, soprattutto per soddisfare la domanda dell’industria più energivora (almeno all’inizio, poi si potrebbe immaginare una sostituzione totale del gas con questo vettore energetico assolutamente sostenibile a livello ambientale).