Data protection

‘I dati sono una valuta parallela che la Ue deve difendere’. Intervista a Giovanni Buttarelli (Garante Privacy Ue)

di Michele Mezza, (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) - mediasenzamediatori.org |

Giovanni Buttarelli, Garante Europeo della Privacy, alla vigilia del summit dei Garanti Ue a Bruxelles dal 22 al 26 ottobre: ‘È finito il tempo in cui interi continenti devono affidarsi alle indulgenze di questo o quel capo di piattaforma o di sistema di ricerca per accedere a dati o avere il supporto di intelligenze per interessi pubblici’.

BreakingDigital, rubrica a cura di Michele Mezza (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) –mediasenzamediatori.org. Autore di ‘Giornalismi nella rete, per non essere sudditi di Facebook e Google’ e ‘Algoritmi di Libertà, La potenza del calcolo tra dominio e conflitto’. Direttore di Pollicina Academy, centro di ricerca sugli effetti del mobile (www.pollicinacademy.it) Analista dei processi digitali e in particolare delle contaminazioni social del mondo delle news. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

Il Garante Europeo della Privacy, fino a qualche anno fa, non era certo una di quelle posizioni apicali per cui gli apparati diplomatici si sarebbero combattuti. Lo è diventata grazie alla gestione di Giovanni Buttarelli, un giurista italiano che ha accumulato 4 lustri di esperienze nei gangli di controllo e di garanzia dell’Unione Europea e che oggi, dopo 4 anni di responsabilità dell’ufficio in qualità di Supervisore, può dire che l’Europa è digitalmente una potenza. Certo, insieme alla sua gestione molto ha pure contato la maturazione a livello mondiale dell’emergenza big data, resa dirompente dallo scandalo Cambridge Analytica. Ma è stata la sensibilità e la velocità, termine questo che non si collega naturalmente all’attività degli apparati di Bruxelles, che l’ufficio di garanzia europea dei dati ha mostrato nell’agganciare il cuore del conflitto politico e istituzionale e nel reggere lo scontro con i giganti della Silicon Valley. (‘A Bruxelles la 40° conferenza mondiale dei regolatori su etica digitale e AI’ scarica il PDF)

Michele Mezza. I dati sono diventati la moneta parallela della Ue?

 

Giovanni Buttarelli. L’Europa non potrebbe oggi esistere senza un presidio professionale e culturale adeguato alla dimensione che l’intero mondo digitale ha ormai assunto per la nostra vita. I dati ormai sono una vera valuta parallela, uno strumento di misurazione e di scambio della ricchezza. Stiamo proprio discutendo di regole e norme che permettano in Europa di pagare direttamente con dati la merce, anticipando quanto alcuni dei grandi gruppi digitali stanno preparando.

 

Michele Mezza. Non essere subalterni agli OTT, il compito non sembra semplice per i tecnici e i funzionari del suo ufficio accerchiato da giganti.

 

Giovanni Buttarelli. L’Europa è cresciuta molto su questi temi ed oggi, lo dico con orgoglio, è diventata una potenza di saperi e competenze digitali. Sia per l’efficacia che per l’efficienza dei controlli e della governance del sistema. Ma il vero dato di svolta, più che l’azione amministrativa, è proprio la consapevolezza politica e culturale di come oggi l’etica dei sistemi tecnologici sia il vero chiavistello per entrare in questi potentati e renderli trasparenti. Proprio grazie all’etica dei dispositivi matematici, un campo squisitamente, se non esclusivamente, europeo, possiamo legittimamente ambire a misurarci alla pari con le potenze tecnologiche, potendo disporre di linguaggi e soluzioni per controllarle e misurarle. In questo modo, quello che noi chiamiamo il dividendo digitale, ossia quella quota rilevante di ricchezza e di capability che i sistemi informatici intelligenti permettono di accumulare, può essere distribuito e condiviso senza segnare un’ulteriore escalation nella sperequazione fra ricchi di saperi e poveri di opportunità.

Michele Mezza. Questo dividendo mi pare però in gran parte oggi confiscato non tanto dai produttori di merci e servizi, e tanto meno dai consumatori, quanto in larga parte dai distributori, i service provider che sono diventati i veri vincitori dell’economia digitale. E’ d’accordo?

Giovanni Buttarelli. Questa è la vera anomalia su cui politica ed istituzioni devono concentrarsi. Non si tratta di un destino ma di una deviazione una distorsione del sistema. Così come nei social, anche nelle piattaforme di delivery il potere dei proprietari delle soluzioni, dei dispositivi di servizio, travalica il ruolo e diventa un dominio assoluto che arriva ad asservire gli altri soggetti. Questa asimmetria va considerata provvisoria e dannosa. Su questo ci concentreremo nella prossima conferenza mondiale delle Authority di Garanzia della Privacy, che abbiamo promosso e sollecitato per mettere in campo un nuovo pensiero e nuove categorie di azione pubblica. Il nostro obiettivo è mettere sotto gli occhi del mondo cosa accadrà fra 15 anni, che in termini digitali è un futuro lungo, secolare, in modo da attivare attenzioni e azioni pubbliche per rendere questo scenario futuro un campo di condivisione e partecipazione e non di passiva osservazione del protagonismo dei monopoli.

Michele Mezza. Viste le ripetute falle del sistema, e volendo credere alla buona fede dei gestori dei centri tecnologici privati, come Facebook, non è il momento di cominciare a ragionare su un diverso modello di gestione e di governo di queste piattaforme, con la partecipazione delle comunità di competenze e di utenti?

Giovanni Buttarelli. Questo oggi è indubbiamente un argomento che deve essere messo in discussione. Proprio l’Italia è il paese che ha già elaborato istituti e categorie di intervento pubblico per quelle che abbiamo definito le infrastrutture critiche. Ed oggi piattaforme e social sono infrastrutture critiche in un paese come il nostro. Ritorna qui il tema dell’etica: proprio una governance improntata ad un’etica del calcolo ci spinge a interrogarci sui semplici istituti proprietari. Da tempo noi stiamo ragionando su una nuova configurazione del sistema di gestione e controllo della potenza digitale, più decentrato e distribuito. Non a caso abbiamo chiesto a Tim Berners-Lee, il padre del web, di pensare insieme a noi ad un aggiornamento di protocolli e pratiche che estenda la ramificazione non solo dell’accesso, ma anche della verifica e della condivisione degli apparati digitali, in modo da integrare direttamente nella responsabilità e nelle decisioni sensibili di orientamento e guida di queste enormi macchine di calcolo anche i soggetti comunitari e territoriali, come stanno sperimentando in Israele o in sud Corea. È finito il tempo in cui interi continenti devono affidarsi alle indulgenze di questo o quel capo di piattaforma o di sistema di ricerca per accedere a dati o avere il supporto di intelligenze per interessi pubblici.

 

Michele Mezza. Lungo quest’itinerario arriviamo al buco nero degli algoritmi, che stanno automatizzando le nostre più intime funzioni discrezionali. State ragionando sulle forme e i codici per rendere questa macchina, al momento deterministica, un luogo di confronto e negoziazione sociale in cui introdurre appunto le ragioni etiche per riprogrammare i sistemi?

Giovanni Buttarelli. Il nostro ultimo regolamento europeo prende direttamente di petto questa delicatissima questione. E sollecita le istituzioni a dare un a risposta al nodo della trasparenza e della integrabilità dei sistemi algoritmici. La base di diritto su cui appaghiamo la nostra riflessione è quella che vede ogni essere umano la cui vita o attività è investita o modificata da un intervento di intelligenze esterne che automaticamente decidono o determinano una decisione di poter avere la piena consapevolezza delle ragioni e dei principi che originariamente hanno dato forma a quel algoritmo e a quel dispositivo digitale. Ma dobbiamo poter andare ancora oltre. Proprio per poter essere all’altezza dell’evoluzione dell’innovazione, e scontando che nei prossimi anni la pervasività dell’intelligenza artificiale nella nostra vita esploderà, allora dobbiamo predisporre concetti e strumenti che rendano questi segmenti intelligenti beni comuni, strumenti di pubblica utilità, quale ad esempio è stata definita l’acqua nelle deliberazioni popolari in Italia.

Michele Mezza. Insieme agli algoritmi l’altro spettro che si aggira per l’Europa è il Big Data, o meglio l’uso strumentale riservato ed esclusivo da parte di singoli soggetti di utilizzare le potenzialità di decifrazione dei big data per modificare le relazioni sociali, a partire dalle competizioni elettorali. Come ha spiegato Cristopher Wylie, il giovane talento che elaborò l’algoritmo di Cambridge Analytica. Possiamo lasciare solo ad alcuni soggetti la possibilità di deformare la democrazia? I data base non devono essere tracciabili e trasparenti, tanto più in circostanze critiche quali le elezioni?

Giovanni Buttarelli. Penso proprio di sì. I data base sono oggi sistemi che possono alterare il libero gioco politico e alterare il libero gioco commerciale. Su questo abbiamo lavorato nel mio ufficio, licenziando un corpo di regole per rendere in questo campo la pari condizione fra tutti i contendenti una realtà.  Cambridge Analytica è stata una vera patologia, dirò di più: una truffa. Ora dobbiamo impedire che chiunque possa manomettere i processi di formazione dell’opinione pubblica già dalle prossime elezioni europee della primavera 2019. Per fare questo, dobbiamo rendere esplicito e pubblico ogni passaggio di mano di data base che coincidano con un singolo territorio, o argomento o famiglia sociologica, stroncando ogni tentativo clandestino e segreto di intervenire nella discussione politica isolando e deformando i percorsi psico-culturali degli elettori.

 

Michele Mezza. Questo significa che non sarà possibile replicare il gioco di Cambridge Analytica o intervenire dall’esterno in un paese per orientare il senso comune?

Giovanni Buttarelli. Sicuramente sarà più difficile e pericoloso, perché abbiamo ora strumenti e culture per intercettare le intrusioni e le azioni destabilizzanti. Cambridge Analytica ha giocato di sorpresa, truffaldinamente, creando modelli matematici su dati arraffati illegalmente e concentrandosi sui collegi elettorali incerti. Così negli Stati Uniti si è potuto avere l’epilogo elettorale che abbiamo avuto: il fuoco dei big data era concentrato solo su singoli collegi di 17 stati, per spostare solo i voti che contavano realmente nella contesa. Su questo abbiamo ora sensori e strumenti per scoraggiare queste azioni.

Michele Mezza. Che prospettive ci sono invece sul dark advertising, ossia quel sistema che indirizza a ogni singolo utente di una comunità messaggi personalizzati con fake news o concatenazioni di notizie anche reali, il cui senso viene deformato dalla mancanza di contesto e contradditorio?

Giovanni Buttarelli. Questa è stata la tecnica più velenosa, anche in Europa. Si tratta di individuare soggetti deboli ed incerti per accelerare ed estremizzare tendenze, giudizi e informazioni che questi manifestavano per poi spingerli a considerazioni radicali ed estreme.

Questa forma di lavaggio del cervello deve essere illegale, ma per bonificare realmente l’ecosistema ci vuole una piena presa di coscienza da parte dei decisori politici che vedo ancora distratti o estranei alla discussione. Ci stiamo strappando i capelli su spread e PIL e ignoriamo che la sovranità dei nostri voti sia oggi esposta ad azioni di inquinamento e distorsione. La politica deve dirci quale democrazia pretende e come è disposta ad intervenire manifestando le proprie competenze e i propri interessi, per rendere civile e legittimo il consenso che raccoglie. Su questo, come organo di garanzia, siamo pronti a dare supporto tecnico e competenze dirette. Ma non possiamo rimanere soli a combattere con i giganti.