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Gli aspetti tattici della digital trasformation, tra customer journey e fonti di crescita

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Come può una grande organizzazione complessa promuovere l'ambidestrezza per individuare nuove fonti di crescita? Tre modalità possono essere seguite per bilanciare esplorazione e sfruttamento.

La digitalizzazione deve essere intrapresa al fine di soddisfare le finalità di  business di un’azienda e non perché sia di moda. L’attuale contesto economico in molte parti del mondo sottopone le aziende a pressioni crescenti affinché diventino lean e la digitalizzazione può aiutare in questo. Tuttavia ciò deve andare di pari passo con il miglioramento dell’esperienza del cliente.

Infatti, uno studio del MIT Sloan School of Management indica che le aziende che aumentano l’eccellenza operativa e l’esperienza del cliente hanno conseguito risultati migliori della media del settore, fino a 16 punti percentuali in termine di margine. Lo studio mostra anche che il miglioramento dell’esperienza del cliente da sola non è sufficiente al conseguimento della redditività media del settore, allo stesso modo concentrandosi solo su eccellenza operativa non si ottengono delle over performance.

Questo è il motivo per cui è fondamentale avere un approccio end-to-end alla digitalizzazione. Un approccio che non si limita all’automazione dei processi esistenti, ma che preveda un ripensamento completo del valore erogato all’utente finale con la prospettiva di ciò che il cliente si aspetta

Per raggiungere tale obiettivo, è necessario un cambio di mentalità che ponga al centro: customer journey. Qual è il “viaggio del cliente”? È un’esperienza vissuta dal cliente che passo dopo passo lo porta a consumare un servizio o un prodotto. E non si tratta di un unico viaggio. Tipicamente ogni azienda gestisce decine di diversi viaggi con i clienti attraverso diversi canali e per diversi prodotti e servizi. Ad esempio, per una banca, c’è un viaggio per il cliente che apre un conto di deposito, uno per l’applicazione di un prestito e un altro per il trasferimento di denaro. Durante il viaggio, il cliente è al centro dell’universo. E qualunque cambiamento o automazione si vogliano realizzare, devono essere valutati rispetto a questa prospettiva.

Affianco all’esigenza di porre al centro la costumer journey, è necessario saper individuare nuovi fonti di crescita. Il motivo di questa seconda esigenza è da ritrovare nel fatto che la tecnologia ha decostruito le industrie consolidate e abbassato in modo significativo le barriere per l’ingresso, in particolare per i nuovi “attaccanti” digitali. Le nuove startup, infatti, sono diventate molto brave nel catturare valore dai leader del mercato, specialmente quelli che si sentivano a proprio agio nella loro stabile e lenta crescita. Quindi, un’azienda invece di cercare di far fronte alla disruption quando ciò accade, dovrebbe anticiparla cercando in modo proattivo l’autodisruption. Cioè, trovando nuove fonti di crescita digitale, a volte a spese del proprio legacy business. Ciò in realtà non è banale quando si considerano attori storici e consolidati del settore. Tali aziende dovrebbero essere efficienti nella gestione del legacy business, che è ancora la fonte predominante di valore e, allo stesso tempo, creare nuove iniziative che potrebbero rendere obsoleto il legacy business stesso.

In altri termini, sfruttamento (exploitation, efficientamento) di legacy business e allo stesso tempo esplorazione (exploration, innovazioone) di innovazione. Questa capacità è definita ambidestrezza. Di fatto solo una quota minoritaria delle aziende riesce a raggiungere l’ambidestrezza. Ciò che normalmente accade è che, una volta che un’azienda persegue l’innovazione, perde efficienza. Una volta che sfrutta il legacy business, trascura l’esplorazione dell’innovazione. Quindi le aziende cadono in una delle due trappole comuni, la trappola del successo detta anche la trappola di ricerca perpetua ad un estremo o la trappola della pura esplorazione detta anche la trappola della ricerca perpetua. Nokia è stata vittima della prima, sottovalutato la migrazione ai touch screen. Xerox è un buon esempio della seconda. Investito molto nell’innovazione, specialmente alla fine del secolo scorso. I progettisti di Xerox PARC furono i primi a creare un prototipo del PC moderno, con un’interfaccia grafica utente, un mouse, anche prima del Macintosh di Apple nel 1984. Hanno inventato stampanti laser, inventato Ethernet, ma non sono riusciti a monetizzarli.

Quindi, come può un’azienda evitare queste trappole? Come può una grande organizzazione complessa promuovere l’ambidestrezza per individuare nuove fonti di crescita? Tre modalità possono essere seguite per bilanciare esplorazione e sfruttamento.

La prima risposta è incoraggiare il passaggio. Con ciò si intende far passare proattivamente un team dalla fase di sfruttamento alla fase di esplorazione. Tipicamente ciò può avvenire alla fine di un ciclo di adozione di un prodotto o alle prime fasi di una tecnologia di sostituzione.

La seconda modalità è creare unità separate per obiettivi separati. Questo di solito porta alla formazione di un piccolo team di esploratori ai margini dell’organizzazione con profili atipici, più nativi digitali, persone il cui background è diverso dal legacy business. Il loro mandato non è quello di fornire entrate immediate, ma di aiutare a pensare a fonti alternative di crescita nel lungo periodo.

Infine, ma non meno importante, un’azienda può contare sul proprio ecosistema. Internalizzare le idee dall’esterno è un approccio pragmatico per le imprese che non sono in grado di gestire l’ambidestrezza con le risorse interne. In pratica, questo può essere eseguito in una varietà di forme: acquisizioni, partnership, incubazione.

L’acquisizione di Deep Mind effettuato da Google, o l’incubatore di BNP Paribas Open Innovation Fintech, sono ottimi esempi di questo approccio. In tutte queste tre varianti, l’orchestrazione è ciò che definisce il successo dal fallimento.