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FMI, Covid-19: 13.8 trilioni di dollari di perdite economiche globali fino al 2024. Meno male che c’è il digitale

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La pandemia non è finita e il virus sta lasciando un segno profondo da un punto di vista umano, sanitario e anche economico. Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato il suo World economic outlook 2022 e se non fosse stato per le tecnologie digitali sarebbe andata molto peggio per imprese, lavoratori e mercati.

L’impatto economico del Covid-19…meno male il digitale

All’inizio del terzo anno di pandemia da Covid-19, il bilancio delle vittime globale è salito a 5,5 milioni di morti e secondo stime del Fondo monetario internazionale (FMI) le conseguenti perdite economiche potrebbero essere vicine a 13,8 trilioni di dollari entro la fine del 2024 rispetto alle previsioni pre-pandemia.

Questi numeri sarebbero stati molto peggiori se non fosse stato per il lavoro straordinario degli scienziati, della comunità medica e delle risposte politiche rapide e aggressive in tutto il mondo”, ha dichiarato in una nota sul blog istituzionale Gita Gopinath, vicedirettrice del Fondo.

Ma non solo, aggiungiamo noi, perché se in gran parte del mondo si è evitato il peggio è anche grazie alle tecnologie digitali ed informatiche, come si è visto nell’ultimo rapporto Censis per l’Italia e come è stato spiegato in occasione del meeting dal titolo “Dialogo B20-G20”, dedicato alla trasformazione digitale e tenutosi lo scorso luglio nel nostro Paese.

Oltre il 60% del PIL sarà abilitato dal digitale entro il 2022 e il digitale contribuirà a ridurre del 15% la produzione globale di CO2 entro il 2030”, ha dichiarato Maximo Ibarra, che guida la task force Digital Transformation del B20 (un tra i gruppi di ingaggio ufficiali istituiti dal G20, riservato alle imprese e alle loro organizzazioni di rappresentanza), chiamata a condividere le priorità dell’ecosistema digitale in vista dello snodo della prossima settimana.

Transizione digitale che non è solo un percorso per imprese e grandi gruppi industriali, ma per tutta la società, perché tra gli effetti desiderati c’è anche l’inclusione sociale, la tutela ambientale, il contrato ai cambiamenti climatici e all’inquinamento urbano, ma anche lotta alle disuguaglianze.

Le persone al centro di ogni innovazione

Ovviamente, niente è dato per scontato, perchè va tutto realizzato, non esistono programmi prestabiliti e neanche direttive precise a riguardo. Se c’è la volontà politica si potrà fare molto, altrimenti si avranno solo ulteriori criticità, soprattutto per i più poveri, chi perde il lavoro e i territori più degradati.

In ogni occasione si parla di innovazione e sostenibilità, ma l’unico vero piano d’azione ben calibrato e a cui anche l’Italia ha aderito è l’Agenda 2030, con i suoi 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile – o Sustainable Development Goals, SDGs  – per un totale di 169 ‘target’ o traguardi.

Si potrebbe dire, parafrasando quanto riportato nell’Obiettivo 9, che la qualità della transizione digitale sarà valutata soprattutto in base al raggiungimento di obiettivi sociali, economici e politici.

Si ancora il digitale al sociale e la stessa Unione europea sembra voler consolidare questa combinazione vincente di crescita, diritti e qualità della vita, a quanto pare ben integrata alla disponibilità di tecnologie sempre più dirompenti.

Per questo motivo, la Commissione europea nel marzo 2021 ha presentato la Bussola per il digitale ancorandola ad una dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali da far rientrare nel percorso per il decennio digitale da qui al 2030.

L’obiettivo della dichiarazione è stato fin dall’inizio “definire i diritti dei cittadini nello spazio digitale ed elaborare un quadro di principi”, che l’UE e gli Stati membri dovranno sostenere nel processo di trasformazione digitale.

L’FMI taglia la crescita di Italia, Europa e USA

Tutto bene quindi? Non proprio, o non ancora. Per il 2022 gli effetti della pandemia saranno ancora negativi, a livello economico, e l’FMI ha rivisto le precedenti stime di crescita per l’Eurozona, passate da +4,2% a +3,9%.

Negativo anche l’outlook relativo al nostro Paese, che vede tagliare la crescita del PIL dal 4,2% al 3,8%.

Meglio le indicazioni per il 2023, che al momento passano da un +2% di tre mesi fa all’attuale stima di un +2,5% di crescita del PIL nell’Unione europea.

Nel suo World Economic Outlook per l’anno in corso il Fondo ha calcolato anche un ridimensionamento del PIL degli Stati Uniti che dovrebbe crescere del 4% e non del +5,2% come anticipato tre mesi fa.

Giù anche la Cina, che dovrebbe perdere lo 0,8%.