La campagna

Estinzione o transizione: il mondo spende 423 miliardi l’anno per sovvenzionare petrolio e carbone

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Verso la COP26 con l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite: troppi soldi sono spesi per i combustibili fossili, rallentando la transizione verso l’energia pulita, e allo stesso tempo troppe persone credono che questo problema non le riguardi, quando invece siamo sempre più vicini al “punto di non ritorno” climatico.

Troppe soldi ancora per petrolio, gas e carbone

Secondo le stime del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), ogni anno sono spesi 430 miliardi di dollari per sovvenzionare con risorse pubbliche l’industria dei combustibili fossili, come petrolio, carbone e gas naturale.

Soldi pubblici che sono sottratti alla transizione energetica per sostenere l’economia fossile, impedendo di fatto la promozione concreta dell’energia pulita, quindi impoverendo la spesa in fonti rinnovabili.

È quanto affermato dall’amministrazione dell’UNDP, Achim Steiner, in occasione del lancio della campagna “Non scegliere l’estinzione.

La campagna di sensibilizzazione “Non scegliete l’estizione”

Una campagna di sensibilizzazione verso i gravi problemi legati ai cambiamenti climatici e alla sostenibilità ambientale, “che va ad interessare i giovani, gli anziani, tutti coloro che credono di non avere niente a che fare con i cambiamenti climatici, ma che assiema gli altri fanno parte dell’economia dei combustibili fossili, che ci sta portando sull’orlo del punto di non ritorno”, ha spiegato Steiner alla CNbc.

L’iniziativa è rivolta anche a promuovere azioni concrete per cambiare la situazione e rilanciare politiche di decarbonizzazione e per aiutare le persone più povere ad avere un accesso equo all’energia, ai carburanti, allontanandosi dagli attuali modelli di produzione legati ai combustibili fossili, che offrono energia a basso costo ma altamente inquinante e quindi non sostenibile.

Molti economisti sostanzialmente concordano sul fatto che se si introducesse un prezzo del carbonio che rifletta il vero costo dell’utilizzo di quel combustibile fossile nelle nostre economie, oggi, la maggioranza delle imprese e dei consumatori abbandonerebbero queste industrie inquinanti”, ha aggiunto il rappresentante dell’UNDP.

Qualcosa sta già iniziando a cambiare, comunque, basta guardare al volume di investimenti in infrastrutture energetiche sostenibili, “solo negli ultimi due anni si è speso più in impianti per fonti rinnovabili che nella in quelli per petrolio, gas e carbone o anche nucleare”, ha precisato Steiner.

Sull’orlo della catastrofe climatica

Il problema è che non c’è più molto tempo per agire, come ha dichiarato senza mezzi termini anche il segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, in occasione della presentazione del Rapporto sul divario delle emissioni 2021 dell’Environment Program, affermando perentoriamente: “Siamo sull’orlo di una catastrofe climatica”.

Preoccupazioni condivise anche da Stainer, secondo cui: “I miei figli, la prossima generazione, non avranno più modo di intervenire, perché si troveranno oltre quel punto di non ritorno. Perché una volta impostato su un percorso di aumento della temperatura media del pianeta superiore a +1,5°C, quindi più vicino ai + 2°C, ci vorranno 100 o 200 anni per poter invertire la tendenza”.

Non resta che attendere l’avvio dei lavori della COP21 e vedere in che modo i leader dei Paesi più avanzati e delle economie emergenti affronteranno il grave problema del climate change e del surriscaldamento globale, a cui sono legate altre criticità come le disuguaglianze sociali ed economiche, le carestie, le epidemie e la mancanza di servizi sanitari adeguati in molti parti del mondo.