eJournalism: giornali e app, ecco come usarle al meglio

di Redazione |

Il mondo delle app sta rivoluzionando anche l’editoria. Di seguito una lista degli errori più comuni da evitare.

Qualcuno dice che il web sta morendo e le applicazioni stanno vincendo. Anche se non è proprio così, un titolo così allarmistico nasce comunque dal fatto che sono le app a ‘’tirare’’ nel mondo digitale.

#eJournalism è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e LSDI (Libertà di stampa, diritto all’informazione).

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Di fronte a questa situazione – l’86% del tempo sul cellulare viene trascorso all’interno delle app – testate come Huffington Post, Wall Street Journal e centinaia di altre vedono le applicazioni come una componente essenziale della loro strategia mobile.

Ma – osserva Eric Blattberg su Digiday.com – non c’è un manuale di istruzioni universale che spieghi come progettare e produrre contenuti per una buona applicazione mobile, lasciando agli editori il compito di sperimentare, mettere a punto e regolare le loro strategie via via che imparano e il paesaggio cambia.

“Gli utenti che navigano nelle nostre app consumano 10 volte più articoli di quelle che vengono direttamente dal Web – spiega Jimmy Maymann, CEO dell’Huffington Post -. Ma siamo ancora nelle prime fasi di capitalizzazione del coinvolgimento del pubblico”.

Gli editori – osserva Blattberg – si stanno comunque raffinando, riconoscono le loro convinzioni errate o le sfide non azzeccate e cambiano le loro strategie di conseguenza. Ma ecco quali sono gli errori più comuni che gli editori commettono con le app e, in alcuni casi, come sono stati affrontati.

Esagerare con le notifiche

 

Inviare notifiche sulle ultime notizie può essere un modo efficace per incanalare l’attenzione su un articolo, ma ‘’spararle’’ alla cieca o continuamente è un modo sicuro per convincere gli utenti a chiudere quella app. Nel novembre 2013 una ricerca realizzata dalla piattaforma di marketing Appiterate mostrava che l’invio continuo e fastidioso di notifiche sono la prima ragione per cui la gente elimina le applicazioni, molto più dei processi di registrazione troppo complicati o dei tempi di download troppo lunghi.

Una app New York Times, per esempio, aveva notificato ai lettori lunedì che la sentenza sul caso Michael Brown a Ferguson sarebbe arrivata in giornata, genericamente, senza rendersi conto che sono pochi i lettori a cui piacciono annunci di quel genere.

“La maggior parte degli sviluppatori utilizzano le notifiche come oggetti contundenti, invece che come un patrimonio. E lo stesso vale per le applicazioni giornalistiche”, spiega Matt Galligan, Ceo di Circa News. “Coloro che utilizzano le notifiche con giudizio vincono, ma per coloro che non lo fanno ci possono essere conseguenze pesanti… Francamente, le notifiche ci possono anche rovinare”.

Ma non è solo una questione di frequenza: a prevalere sono le esperienze basate sulla personalizzazione e sul gusto personale degli utenti. Un esempio è Breaking News, una app informativa della NBC News. L’ applicazione di solito invia un alert al giorno, ma gli utenti possono richiedere gli aggiornamenti più frequenti su argomenti specifici.

Pianificare gli articoli come avviene per il pubblico da desktop

La maggior parte degli editori multipiattaforma – segnala Blattberg – registrano il picco di consumo al desktop durante le ore di lavoro, mentre la sera cresce il traffico sul mobile. Questo dovrebbe indurre gli editori che hanno soprattutto traffico da mobile a programmare alcuni dei loro contenuti senza scadenza sul finire del giorno, quando più persone possono vederli, ma non è ancora una pratica comune.

“Il pubblico usa i dispositivi mobili in un modo diverso nei diversi momenti della giornata, ad un ritmo differente rispetto agli utenti da desktop, e quindi tutte queste cose devono essere prese in considerazione nei programmi di pubblicazione”, osserva Maymann di HuffPost.

I picchi di traffico mobile per l’Huffington Post vengono toccati alle 20, ha detto Maymann, e quelli per le sezioni relative al ruolo dei genitori si spostano anche più tardi, quando questi lettori hanno già messo i figli a letto. Tenendo presente questo, i redattori della sezione ‘’parenting’’ stanno programmando la pubblicazione di questi articoli per la sera tardi, quando l’utilizzo mobile è maggiore.

“Abbiamo bisogno di pubblicare questi servizi quando le persone si stanno sintonizzando, in modo che sembri come se stessero ricevendo contenuti e punti di vista ‘freschi’”, aggiunge Maymann. “Non vogliono dei contenuti che se ne stanno lì sin dal mattino.”

L’ossessione dell’infinito

La maggior parte delle applicazioni giornalistiche sono come i casinò: non vorrebbero mai che gli utenti lasciassero. Ma il valore può venire anche dal fornire un’esperienza più limitata, in particolare sulle applicazioni mobili in cui i consumatori tendono a soffermarsi per meno tempo ma in sessioni più frequenti. Sia Yahoo che Circa offrono sul cellulare notizie che i lettori possono realmente finire di leggere.

“Una caratteristica fondamentale della nostra app News Digest è che uno può effettivamente leggere tutte le notizie ogni giorno”, dice Scott Burke, di Yahoo. “Intuire il comportamento dei consumatori è la cosa che stiamo cercando di ricostruire il più da vicino possibile.”

Ottenerla consente di conservare gli utenti di Circa, almeno per cinque visite a settimana, ha detto Galligan.

“C’è la possibilità di raggiungere questo obbiettivo, fornendo ai lettori ciò che hanno bisogno di sapere e che li aiuti ad andare avanti”, aggiunge. “Il mobile ha un’opportunità unica di avere un’alto tasso di conservazione dei lettori, cosa che il web non può fare. E se si rispettano i tempi degli utenti, essi sono più propensi a tornare”.

Sovraccarico di app

Avere cinque applicazioni differenti per un’unica testata diventa una cosa ardua e poco gratificante, una realtà deludente per gli editori che sperano di capitalizzare il proprio pubblico di nicchia – osserva ancora Blattberg -. Anche il New York Times ha ridimensionato la sua offerta di app, staccando la spina alla ‘NYT Opinion’.

L’editore di IGN, testata di gaming e di cultura nerd, ha cercato un approccio multi-app su iOS, costruendo delle comunità intorno a specifiche aree di contenuti. Tale iniziativa non ha funzionato come la società aveva sperato, ha spiegato il co-fondatore, Peer Schneider.

‘’C’era un sacco di interesse da parte degli utenti, ma i processi di approvazione e di supporto erano troppo complicati e ciò ci ha reso difficile le operazioni di scala e ci ha spinto indietro, verso un approccio Web”, ha detto Schneider. “Le cose invece sono diverse per le nostre principali applicazioni di contenuti IGN, dove vediamo una base di utenti più attiva e fedele in ambiente nativo.”