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Dopo l’Ucraina, prezzo del nickel alle stelle. Le preoccupazioni dei produttori di auto elettriche

di Veronica Sgro |

I produttori di veicoli elettrici si troveranno, dunque, di fronte ad una scelta: assorbire l’aumento dei prezzi, rinunciando presumibilmente a un margine di profitto, oppure trasferire questo aumento sui propri consumatori, rinunciando in questo caso a potenziali clienti. Vista la portata della crisi, c’è da immaginare che avvengano entrambe le cose.

Nelle ultime settimane il mercato dei metalli pesanti è stato segnato da preoccupazioni generate dalla guerra russo-ucraina. Gli investitori hanno dovuto infatti fare i conti con questa nuova drammatica realtà e molti scambi di materie prime sono stati ridimensionati proprio alla luce del conflitto tra i due Paesi, che sono, va detto, tra i principali estrattori di alcune di esse.

Ci riferiamo innanzitutto al nickel, il cui prezzo – di per sé non modico – sta oscillando ulteriormente verso l’alto a causa delle sanzioni inflitte alla Russia, che è uno dei principali fornitori mondiali. La London Metal Exchange (LME), la Borsa dei metalli non-ferrosi più importante al mondo, ha sospeso il commercio del nickel per eccesso di rialzo, dal momento che il suo prezzo era già stato sottoposto a un forte aumento nei tre mesi precedenti la guerra, creando instabilità di mercato e grande timore tra gli investitori. 

Ma perché l’aumento del prezzo del nickel desta tante preoccupazioni?

Perché viene usato per finalità molteplici e disparate, ma ciò che più conta è il suo impiego nei prodotti innovativi e ad alto tasso tecnologico. Il nickel è infatti una componente essenziale nella realizzazione delle batterie a ioni di litio, indispensabili per alimentare i veicoli elettrici. Secondo Adam Jones, analista della Morgan Stanley, il nickel costa oggi tra il 60 e 70% in più rispetto a prima della guerra, il che comporta un aumento di almeno un migliaio di dollari nel costo di produzione di un veicolo elettrico. Come si può immaginare, sono numeri difficili da digerire sia per i produttori che per i potenziali investitori. 

Perché il nickel è importante nelle batterie dei veicoli elettrici?

Il nickel è importante perché ogni cella della batteria è composta da 3 strati:

  • un catodo contenente litio, mischiato a nickel e altri minerali come cobalto, manganese e alluminio; 
  • un anodo fatto di grafite e silicone;
  • un separatore realizzato con un polimero poroso, che serve a dare capacità filtrante e resistenza strutturale alla cella.

Quando la batteria viene sottoposta a ricarica, gli ioni di litio vengono trasferiti dal catodo all’anodo. In una seconda fase, questi ioni ritornano nell’elettrodo iniziale, liberando energia. E qui veniamo al dunque. Negli ultimi anni, i produttori di automobili hanno scoperto che, aggiungendo più nickel al catodo, si può aumentare la densità di energia rilasciata, che significa più autonomia per la batteria del veicolo. Prima di questa scoperta, le batterie a litio contenevano circa un terzo del nickel impiegato oggi. Ma la scoperta di questi vantaggi del nickel ha fatto crescere la presenza di questo metallo a percentuali che variano dal 60 al 90%, nelle batterie a bassa percentuale di cobalto, come nel caso di Tesla.

Le preoccupazioni degli esperti risalgono a prima dell’invasione dell’Ucraina

Considerati gli indubbi vantaggi che le batterie dense di nickel offrono all’industria dei veicoli elettrici, si può ben capire come la carenza di questo metallo, a causa dei blocchi cui è sottoposta la Russia, rappresenti un serio fattore di preoccupazione per l’intera automotive industry.

Tuttavia è anche vero che – come abbiamo anticipato all’inizio – il nickel non è mai stato particolarmente economico, per cui i danni generati dalla guerra in corso non possono essere considerati come l’unica causa del problema, rappresentandone casomai un’aggravante. Lo scorso autunno, alcuni analisti avevano già espresso preoccupazioni su una possibile carenza di nickel negli anni a venire, vista la crescente domanda da parte dei produttori di veicoli elettrici, a fronte di un’offerta destinata a rimpicciolirsi sempre di più. 

Considerato tutto ciò (preoccupazioni pre-esistenti e persistenti ancor prima della guerra, con in più l’allarme generato dall’invasione e dalla nuova situazione geopolitica), l’utilizzo di batterie ad alta intensità di nickel si può ipotizzare come limitato ad applicazioni premium, ovvero quelle applicazioni nelle quali la densità energetica è indispensabile (come nel caso dei camion più pesanti) o costituisce un fattore chiave di vendita (come nel caso delle berline di lusso).

Conseguenze e dubbi su questa impennata dei prezzi nel mondo dell’EV-driving

Posto che l’aumento del costo del nickel possa essere sostenuto dal mercato, la prima conseguenza lampante sarà un immediato rialzo dei costi di estrazione e produzione. I produttori di veicoli elettrici si troveranno, dunque, di fronte ad una scelta: assorbire l’aumento dei prezzi, rinunciando presumibilmente a un margine di profitto, oppure trasferire questo aumento sui propri consumatori, rinunciando in questo caso a potenziali clienti. Vista la portata della crisi, c’è da immaginare che avvengano entrambe le cose.

Ci sono alternative per fronteggiare il problema?

Per certi versi, sì. Esiste infatti un altro tipo di batteria che, invece di utilizzare metalli costosi e introvabili come nickel e cobalto, fa funzionare i catodi nelle celle a litio attraverso il fosfato di ferro (le cosiddette celle a LFP), una sostanza sicuramente più accessibile e facile da trovare. 

Quindi minori costi, ma anche, va aggiunto, meno efficienza. Infatti le celle a LFP hanno una densità energetica più bassa delle loro controparti a ioni di litio, il che significa anche un peso maggiore nella struttura del veicolo. Una soluzione del tutto penalizzante per i veicoli elettrici più avanzati, perché il maggior peso influisce negativamente sulla performance del veicolo e può in qualche modo alterarne la gestione.

Ad ogni modo, l’aspetto positivo è che questo tipo di batterie è già largamente diffuso sul mercato dei modelli elettrici di massa e rappresenta comunque un’opzione low-cost che incoraggia l’adozione di veicoli non inquinanti ed ecosostenibili. Tra l’altro, anche il gigante dell’elettrificazione automobilistica, la Tesla di Elon Musk, ha riconosciuto pubblicamente che le batterie a LFP costituiscono una valida alternativa, dando ulteriore legittimità industriale a questa soluzione. La Tesla ha infatti deciso di impiegarle nei modelli entry-level, una mossa astuta per ridurre i costi di produzione o, detto con altre parole, per aumentare il profitto proveniente dalle vendite, ma senza aumentare i prezzi al pubblico. 

Ora, con il costo del nickel alle stelle, molti produttori mondiali stanno seguendo la strada indicata da Tesla, che si conferma, anche in questo, come leader del mercato delle auto elettriche.