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Guerra Russia-Ucraina. Introvabile il neon, un’altra mazzata per la produzione di microchip

di Veronica Sgro |

Si è aperto un vero scenario da incubo per i produttori dell’industria dell’automotive e manifatturiera. Ancor prima di arrivare ad un punto di non ritorno, ovvero a una malaugurata e irreparabile scarsità, si assisterà a un rialzo sensibile dei prezzi di gas nobili come il neon, e, progressivamente, di tutti gli altri prodotti finali che si producono con queste sostanze.

Come è noto, l’ultimo biennio ha registrato al livello globale una rilevante messa in crisi della produzione di microchip, un fenomeno inatteso che ha avuto pesanti ripercussioni su molti settori collegati alla tecnologia e all’hi-tech, tra cui quello dell’automotive. L’innovazione ha bisogno sempre più di metalli o sostanze particolari e terre rare ed alla carenza di microchip, che ha già creato grandi problemi. si aggiunge ora, con il conflitto russo-ucraino, la carenza di altre materie prime. Ci riferiamo al neon, gas per il quale Russia e Ucraina figurano tra i principali produttori al mondo e che viene usato anche per la produzione dei microchip (è necessario ai laser con cui si costruiscono i microchip). Un effetto collaterale, questo, che sta destando la preoccupazione di interi settori industriali, non limitati a quello dell’automotive.

Nei giorni scorsi Oliver Zipse, CEO della BMW, ha sollevato il problema in seno alla European Automobile Manufacturers’ Association sulla gravità della situazione esortando i Paesi europei ad elaborare una risposta univoca e coordinata all’insufficienza di risorse. Una risposta, quella invocata da Oliver Zipse, difficile da gestire, se si considera il quadro geopolitico attuale, e il fatto che i paesi interessati nel conflitto siano i principali responsabili dell’erogazione di gas che sono parte integrande della supply chain di costruzione e funzionamento delle vetture in tutto il mondo.

Di fatto, con oltre il 70% di neon globale proveniente dall’Ucraina, si rischia di assistere a un taglio drastico nell’approvvigionamento di una risorsa che è di capitale importanza nell’industria automobilistica e non solo.

E se la carenza di microchip è un problerma enorme ormai all’ordine del giorno da mesi, la carenza di neon si configura come una avversità non prevista che i produttori rischiano di dover subire passivamente, indipendentemente da tutte le considerazioni relative al conflitto sotto il profilo umanitario ed energetico.

In aggiunta va anche considerato che la Russia è detentrice del 33% di palladio nel mondo e anche il palladio è un altro elemento essenziale alla costruzione di microchip e catalizzatori. Intanto si preannuncia anche una condizione di scarsità per altre sostanze come il nickel e l’alluminio.

Insomma si è aperto un vero scenario da incubo per i produttori dell’industria dell’automotive e manifatturiera, che infatti stanno già pensando alle contromisure, sia pure in termini per il momento sanzionatori, ridimensionando (quantomeno per alcuni stabilimenti) i rapporti con la Federazione Russa. La BMW, per esempio, ha deciso di smettere di produrre in Russia e ha anche bloccato l’esportazione di macchine nel Paese.

E ora che succederà?

Ancor prima di arrivare ad un punto di non ritorno, ovvero a una situazione di irreparabile scarsità, sicuramente si assisterà a un rialzo sensibile dei prezzi di gas nobili come il neon, e, progressivamente, di tutti gli altri elementi sopracitati, sino ai prodotti finali.

Sulla carenza di microchip, già nell’agosto 2021 Marco Stella, presidente di ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica),aveva puntualizzato la necessità “che l’Europa diventi più autonoma e meno dipendente da altri, perché su queste componenti elettroniche l’intera industria del Vecchio Continente si gioca la sua competitività futura”.

Ora, più che mai, L’Europa dovrà dimostrare unità e cooperazione nel sostenere e affrontare le conseguenze della crisi russo-ucraina sul fronte industriale ed energetico, non più solo per una questione di competizione sul mercato, ma, ci pare di poter aggiungere, per una questione di “sopravvivenza”, se vogliamo mantenere i livelli di qualità di vita e di crescita dell’innovazione che abbiamo delineato negli ultimi decenni.