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Digital Education. Guida Telegram, alla scoperta dei Bot

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I Bot sono meccanismi automatizzati al servizio della nostra vita online e offline, capaci di interagire automaticamente col cliente, col contatto-amico in Rete, in modo tanto veloce e immediato.

Digital Education è una rubrica settimanale promossa da Key4biz dedicata all’educazione civica digitale a cura di @Rachelezinzocchi Formatrice e public speaker, autrice del libro Telegram perché. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Oggi tutti li conoscono: o così credono. Solo fino a tre anni fa, però, erano «questi sconosciuti» anche per la maggior parte del «popolo della Rete»: dei cosiddetti non-nerd, di quanti cioè non hanno particolare familiarità con forum, spesso più simili a «gruppi per adepti» che aree di discussione e confronto per addetti ai lavori, ove già da tempo la conoscenza dei «Bot» – di loro, infatti, parliamo – era diffusa da tempo. Grazie anche all’intensa attività di questi smart agents su svariate piattaforme di messaggistica e non solo: tra cui anche Telegram.

Zuckerberg, infatti, li adottò con relativo ritardo per Messenger & Co: solo dopo che, su altre piattaforme, i Bot avevano dato prova delle loro performance, delle loro potenzialità in termini di business. Così si aprirono le porte per una «democratizzazione» di questi robottini virtuali, per una loro conoscenza e diffusione a livello massiccio: non più patrimonio di adepti, bensì ricchezza possibile per tutti.

Molto, invero, ci sarebbe da dire su tal presunta democrazia. Quando si parla di Facebook, infatti, il «re» è sempre uno solo: Facebook, appunto. Prima però di soffermarci su questo, evidenziando con ciò anche le differenze (fortunatamente) presenti tra Bot & Chatbot in Telegram, rispetto a Messenger o altre App, occorre cercare di capire meglio con che cosa abbiamo a che fare.

Come già detto nella scorsa puntata della nostra Guida, prima con i messaggi – diversi nei loro livelli di segretezza, ma comunque sempre sicuri, riservati, e al contempo veloci ed efficienti – poi con Gruppi, SuperGruppi e Canali, siamo solo al principio della nostra conoscenza dei cittadini di quel «borgo davvero speciale» che è Telegram. Protagonisti decisivi sono, infatti, i Bot. Anch’essi vanno sotto la categoria «Preferiti». Specie se integrati con i Canali.

Facciamo chiarezza

Due gli elementi decisivi da cui occorre rimuovere subito ogni possibile fraintendimento: il DNA del Bot, la sua natura a prescindere da Telegram, decisiva per comprenderne invece poi, a seguire, la sua proficuità unica per Telegram stessa, e, in seconda battuta, una distinzione troppo spesso dimenticata, la differenza fondamentale tra Bot, Chatbot e #AI.

Il DNA del Bot

Domandiamoci dunque anzitutto: che cosa sono, in generale, i Bot? Per rispondere, facciamo riferimento solo per un momento alla risposta, oggettivamente davvero sintetica e semplice, che ci giunge dallo staff di Telegram: «Si tratta di account speciali, designati per scambio automatico di messaggi». Sono, cioè, account Telegram gestiti da un software, con molteplici funzionalità, in grado di offrire risposte immediate e completamente automatizzate. Introdotti il 24 giugno 2015 con la Telegram Bot Revolution, appaiono come quei «nuovi interlocutori» degli utenti che potranno interagire con essi «inviando loro messaggi di comando, privatamente o in gruppo».

Qual è, però, il loro plus per l’User Experience di Employees e Customers in Telegram? Perché dovrebbero far felice cliente interno ed esterno, dipendente e consumatore?

Per rispondere però a questa domanda, occorre prima capire: Bot, chi sono costoro, nelle loro caratteristiche intrinseche, a prescindere da Telegram?

In primo luogo diciamo ciò che non sono: una feature specifica della piattaforma di Durov. Non sono nati con essa, né con essa moriranno. Potremmo immaginarli come «sei (o mille) personaggi» più o meno «in cerca di autore», ma comunque esistenti su svariate altre piattaforme. Quali? Messenger, appunto, ma anche Kik, Slack, Line, Viber, o ancora il più familiare Twitter, giusto per citarne alcune.

Prova a pensarli come attori che, da anni, calcano i palcoscenici dei teatri più diversi. Che poi siano finiti sotto i riflettori dopo il 12 aprile 2016, a seguito cioè de l’FBF82016 di Zuckerberg – l’annuale conferenza degli sviluppatori di Facebook in cui Mark annunciò l’apertura del suo Messenger agli sviluppatori per Bot e Chatbots – è senza dubbio un dato di fatto: che la dice lunga, nel bene e nel male. Se volessimo dunque dare una definizione più globale, in prima battuta li potremmo considerare come meccanismi automatizzati, «robottini» virtuali al servizio della nostra vita online e offline, capaci di interagire automaticamente col cliente, col contatto-amico in Rete, in modo tanto veloce e immediato, da garantirgli una Customer Experience davvero memorabile, qualsiasi sia il nostro scopo.

Già da questa definizione così globale non ti stupirai se ti parlo di un fenomeno noto come «Chatbot Revolution», di cui si discute ormai da anni, in sé, a prescindere da qualsiasi piattaforma. «Bot Gold Rush», «La nuova corsa all’oro», era stata più volte ribattezzata. «Bots Are The New Apps», titolava TechCrunch, che già da mesi andava ammonendo: «Forget Apps, Now The Bots Take Over». «Il panorama attuale dei Bot ricorda molto quello del web nel 1995, o delle App Mobile nel 2008»: «La Rivoluzione più grande dai tempi dell’iPhone». Per non parlare del caso più eccellente, rimasto nella storia: quello di Chris Messina, imprenditore, inventore dell’hashtag, innovatore per definizione. «2016 will be the year of conversational commerce», scriveva all’epoca, ribadendo il punto qui e più volte sul suo blog. Vuoi sapere che tempo fa? Lascia perdere le App. Basta «chiedere al Bot». O anche la profezia di Ted Livingston, fondatore di Kik, già nel 2016 molto avanti col suo Bot Store, la sua Bot directory e una piattaforma aperta agli sviluppatori: «The Future of Chat Isn’t AI. Instant interaction is key». «Questo è l’inizio dell’era dei Bot. Il prossimo più grande sistema operativo sarà basato sui Bot», continuava. Un «Bot OS», o come ha sempre amato chiamarlo, «BOS». «Chat Apps will be New Internet, chatbots the new websites»: ossia «Le applicazioni di chat saranno il nuovo browser, i Bot i nuovi new siti. Questo è l’inizio del nuovo Internet». «Chatbots: l’inizio di un nuovo Internet?», si domandava Digiday non a caso in quei giorni.

I Chatbots, insomma, sono stati presto visti e ritenuti come la «prossima frontiera» della software economy, «l’alba di un nuovo giorno». The Economist vi dedicò un dossier, ove i commenti dei lettori valevano tanto quanto il pezzo: a dimostrazione dell’interesse per questi «sostituti perfetti di tutte le App scaricate sinora sullo smartphone» (Business Insider). Conclusione? «No Apps. No Search Box». Un’occasione imperdibile: la «Bot-Ortunity», quel treno che passa una volta sola e… o lo prendi subito, o l’hai perso per sempre. Perder tempo è perder denaro. E non è roba da Bot.

Di «Botageddon» aveva parlato Rob May. Un vero e proprio «BOTIFESTO» era stato steso a più mani da esperti del settore. E non a caso, si profetizzava su Wired, sarebbe stato destinato a segnare un’epoca, come un tempo Lutero con le sue «95 Tesi», inizio di una nuova era della cristianità, o, più laicamente, come il Cluetrain Manifesto, tuttora vero caposaldo nella storia del marketing e del digital.

Sulla stessa linea è da intendersi il cosiddetto Bot Rulebook, a firma di Amir Schevat, Head of Developer Relations per Slack, ove si mette nero su bianco la mission dei Chatbot: «Make human life better, to provide a helping hand, and to do so proficiently and courteously».

A dire il vero, secondo il Washington Post, sarebbe stato proprio Facebook, già allora, a voler «diventare il nuovo Internet» – se non ad esserlo già. C’imbatteremo di nuovo presto con questo tema, divenuto ben più scottante in seguito.

In ogni caso, tornando per ora alla molteplicità delle piattaforme su cui è possibile reperire i Bot più variegati, pensa ad alcune di esse, storiche, come Indoona, Slack, Catapush. O, per essere più aggiornato sulle news, da’ un’occhiata alle innumerevoli directories – novelle enciclopedie, fari nella notte e guide nella nebbia che ci orientano, esattamente come il buon Virgilio fu guidato nella oscurità della selva dantesca ai suoi tempi – di cui la rete è sin troppo affollata, ma delle quali qui, per facilitarti la vita, ti indicherò solo le 4 (+ 1) imperdibili, «definitive», come direbbero i guru americani e non solo:

Qualora ti avanzasse del tempo (?), guarda anche qui e qui. Già che ci sei, però, il nostro vero consiglio è non perderti ChatBots Weekly: più che una semplice directory, una newsletter settimanale ricchissima di spunti, per addetti ai lavori e appassionati del tema o, a maggior ragione, per chi appunto vuole imparare qualcosa di più sul tema.

Qualche esempio di piattaforma nel dettaglio? Basta cliccare sulla prima delle directory citate, Botlist: qui ne troveremo elencate per tutti i gusti ed esigenze. Da Amazon Echo a Android, da Cisco Spark a Discord, passando per Email, iMessage, iOS, Kik, LINE, Messenger, Skype, Slack, SMS, Telegram, e ancora Twitter, Viber, Web, WeChat. Guardati, però, anche quelle segnalate da Chatbots.Org: qui, infatti, in corrispondenza di ogni piattaforma, ti viene detto addirittura il numero di Bot e Chatbot disponibili. Esempi? AIM (10), Android (31), Download (20), Facebook (80), Fetion (1), Gadu Gadu (2), Google Talk (8), ICQ (2), iPhone (31), Live Messenger (134), Mobile Web (8), Ovi (1), Robot (2), Second Life (8), Skype (4), Twitter (15), Web (954), WhatsApp (3), Windows Mobile (1), Yahoo (7).

Spulciando sulle stesse directories, t’imbatterai anche nell’infinita molteplicità di settori, utilizzi e finalità per cui tali Bot possono essere utilizzati: su Telegram in primis, ma in generale ovunque. Prendendo a esempio quanto indicato in Chatbots.Org, si va dal settore Beauty (12) al Body health (56), passando per Career & education (58), Children (6), Cooking (23), Culture (40), Education, learn & lookup (80), Electronics & hardware (56), Environmental (8), Erotic (17), Fashion (22), Finance & legal (136), Gambling (1), Government (71), Home & living (61), Leisure (28), Mental & spirituality (13), Mobility (45), Music & radio (20), News & gossip (11), Pets & animals (2), Social (104), Sport (9), Telecoms & utilities (94), Trade (31), Travel (50), TV & gaming (43). E, tanto perché vogliamo essere cattivi, studiati pure alcuni quelli richiamati da Botlist: Analytics, Communication, Design, Developer Tools, Education, Entertainment, File Management, Finance, Food & Drink, Games, Health & Fitness, Lifestyle, Marketing, Payments, Personal, Productivity, Security, Shopping, Social & Fun, Sports, Task Management, Utilities.

I settori di principale applicazione, comunque, sono rappresentati da ambiti quali Ecommerce, Finance, Banking, dove Bot come Kit di Shopify, Sephora, JD, Kasisto e Amex fanno scuola, o ancora Sport e Real-Estate (si pensi a NBA, Eurobot2016, Advisory), per non parlare di Travel e Food, dove per la maggiore vanno Bot e Chatbot come Expedia, Hipmunk, KLM, Tacobell, Burgerking, PizzaHut.

Non ti basta? Ci sono i settori News, quello delle Human Resources – con Bot come quelli rispettivamente di CNN e TechCrunch o Mya – o, ancora, persino quello dell’#InfluencerMarketing che va per la maggiore: Condè Nast, ad esempio, ha stabilito da tempo una partnership con IBM Watson & Personality Insights per fornire ai propri clienti consigli per gli acquisti davvero speciali.

Immancabile infine il settore CRM e Customer Service che, da sempre, la fa da padrone, non foss’altro perché fil rouge comunque su tutti. Qui, da tempo, sono esemplari Bot e Chatbot storici come Buddy, Assist, Mitsuku, Gupshub. E non dimentichiamo i «Chatbot-Vocali-Multimediali» – quelli, per capirci, su cui sta lavorando giusto Microsoft per la TV o Skype Chatbots Video, né settori davvero trendy al momento, come quelli, spesso davvero elaborati a livello futuristico, dell’HealthCare o persino legati a procedimenti giudiziari, tribunali, legge e giustizia.

Infine, vuoi farti una idea di quali siano i «Top 100 Bots For Brands & Businesses», sempre a prescindere dalla piattaforma su cui essi vengano ospitati e dal loro settore di applicazione? Scorri qui in un flash la carrellata che ne fa Topbots: ti basterà per capire perché uno dei motti di Telegram che preferiamo è «There’s a Bot for that»! «Non c’è quasi cosa cui tu possa pensare, cui non abbia già pensato un Bot e per cui già sia stato creato. Fa virtualmente quel che vuoi». Per poi aggiungere, con quella loro tipica ironia: «Eccetto i piatti». Ebbene sì, ragazzi miei: «I Bot i piatti li lavano davvero male».

Per non tenerti troppo sulle spine, e darti fin da ora qualche esempio di uso concreto e particolarmente proficuo dei Bot su Telegram, sappi da subito che cosa ricorda lo staff:

  • Integrazione con altri servizi. In una veste evoluta di IFTTT, un Bot può postare commenti da remoto, controllare una #SmartHome, inviar notifiche di ogni genere «quando qualcosa accade da qualche parte». Come con GitHub Bot o Image Bot.
  • Creare tool personalizzati, fornire alert, previsioni del tempo, traduzioni e mille altri servizi. Esempio? Poll Bot.
  • Costruire giochi «single- & multi-player». «Ti va una partita a scacchi? Vuoi cimentarti in un quiz? Altro che Candy Crush su FB: non sai, qui, quanto ti divertirai. Da’ un’occhiata a Trivia Bot».
  • Costruire network e fare rete. Vuoi entrare in contatto con persone vicine? Connetterti a possibili partner per il tuo business? In stile Tinder c’è HotOrBot. Infiniti altri, però, attendono solo di essere trovati.

La sintesi? Semplice: mille Bot, per mille piattaforme, per mille usi possibili. Questo il punto.

Tutto chiaro adesso? Beh, ci stupiremmo se lo fosse. A dire il vero, infatti, manca ancora un chiarimento essenziale. Si parla comunemente, infatti, e spesso indistintamente, di Bot, Chatbot, Intelligenza Artificiale: che cosa significano però? Qual è la differenza tra questi concetti? Lo vedremo nel prossimo appuntamento della nostra Guida Telegram.