Sicurezza antidroni

DigiLawyer. Come ci difenderemo dall’invadenza dei droni?

di Gianluca Pomante, Avvocato Cassazionista – esperto d’informatica e comunicazione |

Sempre più piccoli e potenti, i droni utilizzati in modo inappropriato possono acquisire indisturbati informazioni riservate o immagini compromettenti. Come difendersi?

La rubrica DigiLawyer, ovvero riflessioni sul “diritto e il rovescio” di Internet fra nuove potenzialità e storture della rete, a cura di Gianluca Pomante, Avvocato Cassazionista esperto di informatica e comunicazione. Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

La tendenza tecnologica, per il 2017, sarà acquistare un drone e comprendere cosa farne, dato che la maggior parte dei gadget tecnologici acquistati sull’onda emozionale scatenata dalla pubblicità sui media finisce a prender polvere in un cassetto dopo qualche settimana.

I ragazzi più smaliziati potrebbero decidere di acquistare un drone da utilizzare per spiare una vicina avvenente e, certo, le capacità degli ultimi “giocattoli” di questo tipo non consentono (alle vicine avvenenti) di vivere sonni tranquilli.

La disinvoltura con cui abitiamo le nostre case ed attendiamo ai principali comportamenti quotidiani (tra cui fare la doccia e cambiare l’abito) potrebbe essere presto sconvolta da droni muniti di telecamere, entrati di nascosto e posizionatisi su armadi e mensole, i quali, dopo aver ripreso quanto sta avvenendo nella stanza, potrebbero essere richiamati alla base con altrettanta facilità.

Scenari da Grande Fratello di orwelliana memoria? Non troppo, visto che uno degli ultimi prodotti arrivati sugli scaffali promette risoluzione 4K, portata in campo aperto di 2km e peso inferiore ai 500 grammi, con possibilità di guida in soggettiva, quindi in grado di garantire manovre estremamente precise anche in spazi ridotti. Spiare l’appartamento di fronte o quello al piano superiore sarà tutt’altro che un’ipotesi remota e, nella bella stagione, quando tendenzialmente le finestre sono aperte, potrebbe trasformarsi in un incubo per i malcapitati protagonisti delle scene rubate. Senza contare le implicazioni in ambito professionale o industriale, con l’utilizzo di tali apparecchi per acquisire informazioni riservate o conversazioni compromettenti.

Che il problema sia già avvertito, almeno all’estero, è dimostrato dai problemi giudiziari statunitensi legati all’abbattimento di droni con armi da fuoco, nel New Jersey e nel Kentucky, e dalla proposta di rilasciare una licenza specifica per la caccia al drone in Colorado. Imbracciare un’arma da fuoco (ma anche archi, fionde, balestre, ecc.) per abbattere un drone che sorvola una proprietà privata appare decisamente eccessivo, almeno in Italia, soprattutto per il rischio di danni collaterali che potrebbero essere arrecati dai proiettili.

Alcune ditte specializzate hanno sviluppato fucili ad impulsi che fanno impazzire l’elettronica del drone e ne provocano la caduta e che costituiscono una valida alternativa per la tutela della riservatezza. Tuttavia, tali sistemi di difesa presuppongono una presenza attiva mentre il rischio più elevato è costituito dai droni che non vengono rilevati dall’interessato.

E’ per questi motivi che si sta diffondendo l’uso di jammer tarati per disturbare il volo dei droni e determinarne la perdita del collegamento con il radiocomando. In base al tipo di elettronica installata, l’apparecchio è costretto a tornare indietro o ad atterrare.

Viene in sostanza generata una no-fly zone che ha un raggio d’azione di circa 400 metri dall’antenna e che consente, con l’installazione di più antenne, di proteggere dal volo indesiderato di tali apparecchi anche perimetri piuttosto estesi.

Nel prossimo futuro vedremo probabilmente nascere un nuovo mercato per la difesa di ambienti ed edifici tramite armi elettroniche, che andranno ad affiancarsi ai sistemi di allarme e videosorveglianza tradizionali.