L'analisi

Democrazia Futura. Due anni dopo l’invasione, a Kiev un Vertice della retorica

di Giampiero Gramaglia, giornalista, co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles |

Giampiero Gramaglia racconta per Democrazia Futura il primo summit virtuale della Presidenza di turno italiana del G7.

Giampiero Gramaglia

Giampiero Gramaglia nel pezzo “Due anni dopo l’invasione, a Kiev un Vertice della retorica[1]“, analizza i risultati di quello che definisce nell’occhiello “Il primo summit virtuale della Presidenza di turno italiana del G7”: I segnali che il Vertice manda sono: un messaggio di compattezza nell’incrollabile sostegno a Kiev; una risposta alla “propaganda russa” sull’Occidente stanco; un impegno a rafforzare le sanzioni contro Mosca; e un “omaggio” al “sacrificio” di Alexiei Navalny, con la richiesta a Vladimir Putin di “chiarire pienamente le circostanze” della morte del suo oppositore. Meloni dice: “Questa terra è un pezzo della nostra casa e noi faremo la nostra parte per difenderla” […] aggiungendo più avanti: “La notte dell’anniversario, come quella notte del 24 febbraio 2022, e come tutte le notti da due anni a questa parte, le sirene della guerra svegliano donne, bambini e uomini con l’ormai consueta ondata di attacchi russi sul Paese. La tensione è alta ovunque in Ucraina”. Tutto ciò avviene mentre – ricorda infine l’ex direttore dell’Ansa – “Proprio nel giorno dell’anniversario, è arrivato in Ucraina anche il ministro della Difesa russo Sergej  Šojgu, facendo visita alle truppe sul fronte del conflitto: come a rimarcare che quella terra non è più ucraina e che, anzi, ora ‘il vantaggio è della parte russa’”.

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Quando si alzano i decibel della retorica, è bene verificare la concretezza dei contenuti. E la retorica sul sostegno dell’Occidente all’Ucraina non è mai stata così alta come sabato 24 febbraio, al G7 a Kiev, nel secondo anniversario dell‘invasione della Russia. Quando l’Amministrazione Biden non riesce ad ottenere dal Congresso lo sblocco degli aiuti a Kiev, fermi dal novembre 2023, quattro mesi ormai; e mentre l’Europa avverte una certa stanchezza per un conflitto ormai divenuto “l’altra guerra”, in subordine a quella tra Israele e Hamas; la premier Giorgia Meloni ha l’intuizione di presiedere dall’Ucraina il primo vertice virtuale della presidenza di turno italiana dei Sette Grandi.

I segnali che il Vertice manda sono: un messaggio di compattezza nell’incrollabile sostegno a Kiev; una risposta alla “propaganda russa” sull’Occidente stanco; un impegno a rafforzare le sanzioni contro Mosca; e un “omaggio” al “sacrificio” di Alexiei Navalny, con la richiesta a Vladimir Putin di “chiarire pienamente le circostanze” della morte del suo oppositore. Meloni dice:

“Questa terra è un pezzo della nostra casa e noi faremo la nostra parte per difenderla”.

Con la premier italiana, arrivano la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e pure il premier belga Alexander De Croo, che ha la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, e quello canadese Justin Trudeau. Gli altri leader partecipano da remoto.

Unico assente al G7 a Kiev, il presidente francese Emmanuel Macron, alle prese con momenti di tensione nelle proteste degli agricoltori: lo rappresenta il ministro degli Esteri Stéphane Séjourné.

Il Vertice ha come scenario la cattedrale di Santa Sofia. Ai suoi compatrioti e al Mondo interno, il presidente ucraino Volodymyr Zelen’skyj proclama che l’Ucraina, due anni dopo l’invasione, è “730 giorni più vicina alla vittoria”; e, quando la vittoria arriverà, “sarà il giorno più bello della nostra vita”..

Ma, nel corso del mese di febbraio di questo 2024, gli ucraini, a corto di munizioni, hanno perduto uomini e posizioni. E lo stesso Zelen’skyj prospetta un anno di stallo e, poi, l’offensiva per la vittoria nel 2025 verso “una pace giusta”.

Nell’analisi di Euractiv, il G7 a Kiev è, per Meloni, un’occasione per rafforzare la credibilità sua e del G7 e per ritemprare lo spirito degli ucraini. Politico esprime perplessità sulla strategia ucraina – sopravvivere in questo 2024, vincere nel 2025 – e spiega piuttosto come e perché l’Occidente stia perdendo in Ucraina: i repubblicani americani che bloccano gli aiuti, l’estrema destra europea che spinge per lasciare Kiev al proprio destino, dei leader estremamente prudenti.

Effetto Navalny, nuove sanzioni

La coesione, almeno di principio, dell’Occidente al fianco dell’Ucraina è stata rinsaldata dalla morte di Navalny, deceduto in circostanze ancora misteriose in un carcere della Siberia. Biden, che riceve in California la vedova e la figlia di Navalny, Yulia e Dasha, risponde al decesso dell’oppositore, di cui “Putin è responsabile”, con una raffica di 500 nuove sanzioni e chiede di nuovo al Congresso di autorizzare nuovi aiuti.

Proprio sabato 24 febbraio, le autorità russe hanno finalmente acconsentito, a otto giorni dalla morte, di consegnare il copro di Navalny alla madre, dopo un braccio di ferro sulle modalità di sepoltura del dissidente. Il certificato di morte ufficiale parla di decesso “per cause naturali”, ma la famiglia non s’accontenta d’una tale generica formula.

Come Washington, anche Bruxelles vara ulteriori misure anti-Russia: i provvedimenti americani colpiscono le finanze e la difesa e circa 500 individui coinvolti nell’invasione; l’Unione europea, invece, mette sotto scacco, per la prima volta, aziende cinesi che operando in territorio cinese aggirano le sanzioni alla Russia. I presidenti delle tre maggiori Istituzioni europee fanno una dichiarazione congiunta.

G7 a Kiev: il contesto di guerra

La notte dell’anniversario, come quella notte del 24 febbraio 2022, e come tutte le notti da due anni a questa parte, le sirene della guerra svegliano donne, bambini e uomini con l’ormai consueta ondata di attacchi russi sul Paese. La tensione è alta ovunque in Ucraina. Per i residenti di Kherson, prima grande città ucraina a cadere nelle mani dei russi, successivamente liberata, i bombardamenti sono stati i peggiori di sempre. Droni e artiglierie colpiscono Kherson con una frequenza notevole: i russi non hanno il problema della carenza di munizioni che hanno gli ucraini. Bombardata anche Odessa.

E, intanto, in un ritorno a forme di difesa del passato, l’accresciuta paura di un’invasione russa induce, secondo il Washington Post, Paesi Nato di prima linea a rivalutare armi a basso costo, ma ad alto pericolo: le mine di terra. L’aggressività di Mosca e i commenti di Donald Trump sul fatto che gli Stati Uniti potrebbero non garantire più la protezione degli alleati europei “riportano in voga questi ordigni del secolo scorso”.

G7 a Kiev: i contenuti del Vertice

In una Kiev avvolta da una surreale normalità, rotta però dagli allarmi aerei, la giornata è invece dedicata alle cerimonie, oltre che al Vertice.

I leader vanno prima all’aeroporto di Hostomel, dove gli ucraini, a inizio conflitto, respinsero il tentativo russo di trasformare lo scalo cargo in una testa di ponte: poi al muro del ricordo, monumento con migliaia di foto e brevi biografie dei caduti, e loro testimonianze.

Quindi Zelen’skyj li riceve a Palazzo Mariinskyi, dove con Italia e Canada sigla accordi bilaterali sulle garanzie di sicurezza.

“Vinceremo! La follia russa non regnerà sulla nostra terra”, dice il presidente ucraino, che ringrazia gli alleati per il sostegno, altro ne chiede e conta su progressi nel processo di adesione all’Unione europea:

“Sapete molto bene di cosa abbiamo bisogno per proteggere i nostri cieli, rafforzare le nostre truppe a terra e continuare ad avere successo in mare. E vi rendete conto che ne abbiamo bisogno presto. Contiamo su di voi”.

Ursula Von der Leyen annuncia per marzo la prima tranche da 4,5 miliardi del fondo pluriennale da poco stanziato di 50 miliardi. E la dichiarazione finale del G7, ribadendo il sostegno alla formula di pace di Zelen’skyj, chiarisce che

“i beni sovrani della Russia nelle nostre giurisdizioni rimarranno immobilizzati fino a quando Mosca non pagherà i danni causati all’Ucraina”.

Garantire risorse e armi non è l’unica sfida per l’Occidente. Va fronteggiata la propaganda russa, spiegano a più voci i leader. Quella di cui bisogna fare

“attenzione a non essere anche noi vittime”,

dice Meloni, che sollecita i leader del G7 a spiegare che l’attuale situazione

“è una nostra vittoria e una vittoria ucraina, e non una vittoria della Russia”.

Il bivio, dice, è fra un futuro basato sul diritto o sul caos. Anche perché,

“dopo l’Ucraina Putin guarda ad altri Stati vicini, non solo europei”.

Sullo sfondo, c’è il timore di una guerra ibrida da parte russa.

“Gli europei – è sicura von der Leyen – hanno capito quanto sia pericoloso Putin”.

Le voci dei militari. La visita sul fronte di Shoigu

Proprio nel giorno dell’anniversario, è arrivato in Ucraina anche il ministro della Difesa russo Sergej Šojgu, facendo visita alle truppe sul fronte del conflitto: come a rimarcare che quella terra non è più ucraina e che, anzi, ora

“il vantaggio è della parte russa”.

Le parole di Šojgu nascono dalla fiducia prodotta dalle ultime notizie dalla prima linea, favorevoli agli invasori: in primis la conquista di Avdiivka. Nonostante le enormi perdite fra le forze di Putin: secondo l’intelligence britannica, sono almeno 350 mila soldati russi morti o feriti in due anni.

Alla fine la “luce trionferà sulle tenebre”, è invece convinto il capo delle forze armate ucraine Oleksandr Syrsky. Nel giorno dell’anniversario, le forze di Kiev scelgono l’attacco. E commemorano l’inizio dell’invasione colpendo – sostengono – un impianto metallurgico russo usato per produrre missili e droni, mentre a Mosca brucia un hangar dello stabilimento di progettazione degli aerei Sukhoi.

La premier Meloni, ormai calata nel ruolo di presidente di turno del G7, sarà il primo marzo a Washington, dove, nello Studio ovale della Casa Bianca, incontrerà il presidente Biden, e poi in Canada a Ottawa: un giro delle capitali dei Sette Grandi iniziato con il passaggio di consegne in Giappone, il mese scorso. Negli incontri con Biden e con Trudeau, potrebbe anche essere affrontata la questione del rinnovo del segretario generale dell’Alleanza atlantica. In pole position, per succedere al norvegese Jens Stoltenberg, il premier olandese uscente Mark Rutte, di cui Politico scrive che fosse ‘l’uomo che sussurrava a Trump’, perché molto attento alle spese per la difesa.


[1] Scritto il 25 febbraio 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/02/25/g7-a-kiev-ucraina/.